MILANO
- Un'impronta digitale informatica. I ragazzi che hanno
messo su Internet il video in cui deridevano, insultavano e picchiavano
un compagno di classe down avrebbero lasciato una traccia che potrebbe
portare la polizia postale al loro computer. Ma non solo: su Google
fino a pochi giorni fa era visibile un secondo filmato, girato dallo
stesso "regista", in cui compariva anche una professoressa.
Entrambi i video sono stati rimossi dagli stessi responsabili di Google
contattati dagli investigatori. Gli investigatori sono piuttosto
ottimisti, due strade potrebbero portare nel giro di poche ore a
individuare i protagonisti del video che nelle scorse settimane era
visibile sul sito www. video. google. it.
La prima novità, appunto, è l'impronta lasciata
dagli stessi colpevoli
che avrebbero agito senza nessuna particolare cautela, sicuri che
nessuno sarebbe andato a cercarli. Così i gestori del motore
di ricerca
Google potranno indicare alla magistratura il sito su cui il filmato
è
comparso per la prima volta. Da qui, grazie ai programmi utilizzati
dagli investigatori, sarà possibile risalire all'utente che
ha messo in
rete le immagini. Il gestore infatti conserva traccia di tutti i video
che transitano tramite www. video. google. it: è il "log",
una sorta di
registro di tutte le operazioni compiute sui server in cui è
racchiuso
l'identificativo del primo computer che ha messo in rete il file.
Ma non basta. Agli atti dell'inchiesta che per il momento è
ancora
nelle mani della procura ci sarebbe anche un secondo video. Oggetto:
una lezione nella classe frequentata dal ragazzo down. In questo
secondo spezzone non sono documentate crudeltà nei confronti
di Mario
(il nome è di fantasia), ma i protagonisti sono gli stessi.
È però
visibile anche una donna, probabilmente la professoressa, che vedendo
le immagini pubblicate da "Repubblica" potrebbe farsi avanti
permettendo di individuare la classe e di capire se gli studenti sono
minorenni oppure no.
Dall'analisi del video emergono singoli elementi che potrebbero portare
a una prima localizzazione della scuola: l'accento dei ragazzi ripresi,
il giornale in mano a una studentessa e forse un quaderno con lo stemma
di una squadra di calcio. La qualità delle immagini,
infatti, è buona e
permette di esaminare i dettagli ripresi con la telecamera.
Intanto accusa Edoardo Censi, 65 anni, presidente dell'associazione
Vividown: "La classe ha taciuto". La querela dell'associazione non
riguarda però soltanto gli autori del video, ma lo stesso
motore di
ricerca attraverso il quale era visibile su Internet: "Questa
è
un'indagine molto delicata - spiega l'avvocato Guido Camera che
rappresenta l'associazione - noi non vogliamo creare ulteriore disagio
al ragazzo vittima dello scherzo dei compagni. Più che il
singolo
episodio siamo interessati a che sia affrontato il fenomeno nel suo
complesso. Abbiamo querelato anche Google perché ci sembra
impossibile
che un filmato così possa essere messo in rete senza un
adeguato
controllo. Un caso analogo recentemente ha portato alla condanna di un
motore di ricerca da parte del Tribunale di Aosta".
Se la procura avvierà un'indagine affermando la
responsabilità del
motore di ricerca, la decisione potrebbe essere una rivoluzione nel
mondo di Internet. E c'è infine l'eventuale
responsabilità della
scuola: "Bisogna fare piena luce - chiede Roberto Giachetti, deputato
della Margherita - sul comportamento dell'insegnante e del dirigente
scolastico. Se emergesse la loro responsabilità, le sanzioni
dovrebbero
essere esemplari".