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Voce alla Scuola: SULLA RESPONSABILITA' CIVILE E PENALE DEI DOCENTI

Comunicati
PREMESSA Siccome alcuni Dirigenti Scolastici, non ben informati sul concetto di Responsabilità civile, arrivano fino al punto di invertire le responsabilità tra famiglia e scuola, allargando gli obblighi dei docenti oltre quelli previsti dalla legge, riteniamo opportuno ripubblicare questo inserto (già apparso su SAM-Notizie di qualche anno fa) al fine di fare chiarezza sull’argomento. La responsabilità dei docenti ha dei precisi limiti temporali e territoriali ed è cervellotico pretendere da loro che, quando abbiano terminato l’orario di servizio ed accompagnato gli alunni fuori dall’area scolastica, procedano ad identificare ed aspettare le persone che giungano a ritirare o meno i minori. Al contrario il docente è tenuto a svolgere rigorosamente tali controlli qualora qualcuno si presentasse a chiedere in consegna l’alunno durante l’orario delle lezioni. Terminato l’orario e fuori dall’ambito scolastico, la responsabilità (sotto tutti i suoi aspetti) è a carico di chi esercita la patria potestà. Nell’esercizio della loro professione sugli insegnanti incombono tutte le responsabilità dei normali pubblici dipendenti, ma la responsabilità caratteristica, quella che genera le maggiori preoccupazioni, è derivante dalla vigilanza sugli alunni minori. Di questo tratteremo, cercando di semplificare al massimo ed evitando più possibile le terminologie tecniche. Tipi di responsabilità La prima fondamentale distinzione va effettuata sulla natura della responsabilità, ovvero penale o civile, questa distinzione va individuata in relazione al tipo di norma di legge che viene violata. La responsabilità penale si ha allorchè si commetta un reato e la legge prevede l’erogazione di una pena che può implicare restrizione della libertà personale (arresto o reclusione) o può essere di carattere pecuniario (multa o ammenda). La responsabilità civile si ha quando si è responsabili di un fatto che abbia causato un danno a terzi, con conseguente obbligo di risarcimento al danneggiato. Talvolta da un unico evento possono derivare responsabilità tanto penali che civili, in questo caso il responsabile può subire ovviamente conseguenze penali e civili. La responsabilità civile viene, a sua volta suddivisa in due categorie: diretta quando il responsabile ha lui stesso provocato il danno, oppure non ha impedito, con il proprio comportamento che un’altra persona lo provocasse; indiretta quando si è chiamati a rispondere di un fatto compiuto da altra persona o cosa di cui si risponde giuridicamente (per es. la casa o l’automobile). Determinazione del danno Il danno da risarcire consiste in “danno patrimoniale” quando si verifica una diminuzione del patrimonio del danneggiato ed in cosiddetti “danni morali” che attengono a sofferenze patite, danni alla vita di relazione ecc., l’ammontare viene stabilito dal Giudice. La responsabilità degli insegnanti. La prima e fondamentale norma giuridica da cui deriva la responsabilità degli insegnanti è l’art. 28 della Costituzione: “I funzionari ed i dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili ed amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità si estende allo Stato ed agli altri enti pubblici”. Si evince quindi che il danneggiato chiamerà in causa tanto il responsabile che la stessa Amministrazione pubblica. L’altra norma di carattere generale è l’art. 2043 del Codice Civile che obbliga al risarcimento chiunque causi ad altro un danno ingiusto Le due norme di legge che riguardano direttamente i docenti sono gli articoli 2047 e 2048 del Codice Civile; l’art. 2047 riguarda il danno cagionato da chi è “incapace di intendere e di volere”, il risarcimento è addossato a chi era tenuto alla sorveglianza, salvo che non dimostri di non aver potuto impedire il fatto. Tale norma può essere applicata nel caso di alunni in tenerissima età, quali quelli affidati alla Scuola dell’infanzia, ovvero ad alunni più grandi, ma in particolari situazioni, quali quelli portatori di handicap. Il bambino incapace di intendere e volere è esente da qualsiasi responsabilità. La norma che riguarda invece, nella maggior parte dei casi, gli insegnanti è l’art. 2048 che parla di “precettori” per indicare la categoria degli insegnanti. La giurisprudenza ha esteso l’elencazione delle persone responsabili, di cui all’art. 2048 C.C., a tutti coloro che svolgono mansioni di istruttori, di insegnanti e di vigilanza dei minori, quali non solo la categoria degli insegnanti veri e propri di scuole, sia private che pubbliche, sia di istituti tanto di natura pubblica che privata o anche religiosa, ma anche il maestro di sci o di nuoto, l’allenatore sportivo ecc. La responsabilità dell’insegnante è presunta e riposa sull’omessa vigilanza dei minori, in quanto questi soggetti, per la loro immaturità, possono facilmente arrecare danni agli altri, per cui chi è tenuto alla sorveglianza deve impedire tale eventualità. In taluni casi vi può essere corresponsabilità tra insegnanti e genitori, con conseguente suddivisione dell’obbligo di risarcimento dei danni. La legge prevede, comunque la “non responsabilità” di chi provi di non aver potuto impedire il fatto dannoso. Come si vede, mentre in linea generale spetta al danneggiato provare i danni, nel caso dei docenti vige il principio della “presunzione di colpa”, essendo posto a suo carico di dimostrare il contrario. Che deve fare l’insegnante? Deve dimostrare, per prima cosa, di essere stato materialmente presente tra i bambini e, in secondo luogo, di aver utilizzato tutti gli accorgimenti, previsti da una normale diligenza, per evitare eventuali incidenti. Ad esempio l’insegnante che, per forza maggiore, debba assentarsi dalla classe, è tenuto a farsi sostituire o da altro collega, o da personale ausiliario. In nessun modo la classe può essere affidata ad un alunno. Un altro caso particolare può essere individuato nella responsabilità di un insegnante per incidente avvenuto fuori dalla scuola, qualora l’alunno sia stato allontanato, dopo esservi entrato, senza che alla famiglia sia stato dato regolare preavviso. Limiti della responsabilità degli insegnanti. Abbiamo visto che l’art. 28 della Costituzione rende responsabile anche lo Stato per i danni commessi dai propri dipendenti, tale previsione ha trovato attuazione nella legge n. 312 del 1980, art. 61. Tale norma è di fondamentale importanza perché libera gli insegnanti dalla responsabilità civile verso terzi (assunta appunto dallo Stato), fatti salvi i casi di colpa grave o dolo (dolo significa la volontà cosciente di infrangere la legge). Ciò significa che lo Stato risarcisce i danneggiati ed esercita poi un’azione di rivalsa nei confronti dei propri dipendenti se abbiano avuto atteggiamenti dolosi, o di grave negligenza. Vi sono poi due limiti importanti alla responsabilità degli insegnanti: quello temporale e quello territoriale. I limiti temporali sono fissati dalle norme contrattuali che definiscono l’orario in cui il docente esercita la propria attività e la vigilanza sui minori, il limite territoriale è costituito normalmente dall’edificio scolastico e dalle sue pertinenze, con alcune eccezioni riferite a particolari situazioni quali le visite ed i viaggi di istruzione. Alcuni esempi pratici Sentenza 6 febbraio 1970, n. 263, (Cassazione civile, sez. III).- Responsabilità dell’insegnante. Sorveglianza sugli alunni. L’obbligo della vigilanza degli insegnanti delle scuole elementari sulla scolaresca comprende anche l’obbligo di accompagnare gli allievi, al termine delle lezioni, al cancello di uscita della scuola. Decisione 9 novembre 1977, n. 199, (Corte dei conti, sez. II).- Responsabilità dell’insegnante. Sorveglianza sugli alunni. La norma di cui all’art. 350 del R.D. 26 aprile 1928, n. 1297, in materia di compiti di sorveglianza del maestro sugli alunni, non comporta la presunzione di responsabilità per qualsiasi danno che si verifichi agli alunni stessi durante il periodo in cui sono affidati al maestro, ma richiede, in armonia con le norme generali sulla responsabilità dei pubblici dipendenti, la prova della colpa, il cui onere ricade sulla parte attrice. Decisione 10 febbraio 1978, n. 22, (Corte dei conti, sez. II).- Responsabilità dell’insegnante. Sorveglianza alunni. Per effetto dell’art. 350 del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare, approvato con R.D. 26 aprile 1928, n. 1297, gli obblighi dell’insegnante non si esauriscono in quelli didattici ed educativi, ma comprendono anche quelli di una costante vigilanza sugli allievi per tutto il periodo di tempo in cui questi ultimi si trovano ad esso affidati. In particolare, dalla detta norma, si ricava che l’insegnante non solo deve trovarsi nella scuola prima dell’inizio delle lezioni per assistere all’ingresso dei suoi alunni, ma deve rimanervi finché gli stessi non siano usciti, al termine delle lezioni, da ciò consegue l’obbligo per l’insegnante di accompagnare, alla fine dell’orario scolastico, gli allievi fino all’uscita dalla scuola, intendendosi per scuola l’edificio scolastico pertinenze comprese. Si ravvisa responsabilità amministrativa di insegnante elementare che, con l’aver omesso di esercitare la prescritta vigilanza sui propri allievi durante la permanenza nell’edificio scolastico, abbia reso possibile il verificarsi - lungo il percorso della scuola - del ferimento di uno degli alunni ad opera di un altro che faceva ruotare una cartella metallica, con perdita funzionale di un occhio da parte del primo e conseguente danno erariale. Decisione 14 marzo 1977, n. 52, (Corte dei conti, sez. II).- Responsabilità dell’insegnante. Sorveglianza sugli alunni. Il danno subito dall’erario per avere risarcito la famiglia dell’alunno infortunatosi in classe, durante il periodo della ricreazione, non può configurarsi come ipotesi di responsabilità nei confronti dell’insegnante della predetta classe che sia stata chiamata dal superiore a svolgere anche il servizio di vigilanza nel corridoio. In questa ipotesi, infatti, può essere mossa all’insegnante solo l’accusa di essere incorsa nella negligenza minima (colpa lievissima), che non integra gli estremi della responsabilità amministrativa a carico del pubblico dipendente. Sentenza 1 aprile 1980, n. 2119, (Cassazione civile - Sez. III).- Colpa in educando e colpa in vigilando: responsabilità dei genitori e responsabilità degli insegnanti in caso di comportamento dannoso di un alunno. La responsabilità dei genitori prevista dall’art. 2048 (1) Codice civile si fonda sulla presunzione di colpa in vigilando e in educando e, pertanto, quando venga meno la prima, per l’affidamento del minore a persona idonea a provvedere alla sua direzione e controllo, rimane a loro carico l’onere di provare l’insussistenza della colpa in educando, ben potendo farsi risalire ad essa soltanto il comportamento dannoso del minore. (Nella specie, e stata affermata la responsabilità per colpa in educando, del genitore di un alunno di prima media, il quale, in presenza dell’insegnante cui la scolaresca era affidata, aveva ferito ad un occhio un compagno con la stecca di supporto di una carta geografica). Sentenza 24 febbraio 1997, n. 1683.- Responsabilità civile - Precettori e maestri - Prova liberatoria - Atto illecito degli allievi - Responsabilità degli insegnanti delle scuole elementari per i danni conseguenti - Limiti - Prova liberatoria - Oggetto. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con citazione notificata il 24 ottobre 1987 S.G., quale padre esercente la potestà sulla figlia minore B. (n. il 26.6.1975), premettendo che quest’ultima il 3 aprile 1984, mentre si trovava nei locali della scuola elementare “Aldo Moro” di Varedo, spinta a tergo dallo scolaro R.D., era caduta a terra riportando la rottura dei denti incisivi, conveniva dinanzi al Tribunale di Milano i genitori del R., in proprio e quali legali rappresentanti del figlio minore, l’insegnante T.L., presente all’incidente, e il Ministero della Pubblica Istruzione, chiedendone la condanna solidale al risarcimento dei danni indicati in complessive L. 11.940.000. Tutti i convenuti, costituitisi, negavano l’addebito. Con sentenza del 19 dicembre 1991 il Tribunale adito rigettava la domanda, compensando le spese. Tale decisione veniva confermata dalla Corte di Appello di Milano che con sentenza del 15 marzo 1994 riteneva tra l’altro: a) che dalla prova orale - come correttamente valutato dai primi giudici - non emergeva alcun elemento chiaro tale da far risalire la caduta della bambina ad una spinta esercitata dal compagno di scuola R. e comunque da terzi, trattandosi di versione non direttamente constatata da nessuno dei testi escussi e non essendo mai emerso in istruttoria che la scolaresca avesse nella circostanza, mentre era in attesa di uscire dalla scuola, tenuto un comportamento non consono ai principi della buona condotta o particolarmente vivace; b) che pertanto nessuna responsabilità, astrattamente riconducibile alla culpa in educando era addebitabile ai genitori del minore R., nemmeno sotto il profilo della responsabilità solidale ex art. 2055 c.c., peraltro invocata solo in comparsa conclusionale d’appello; c) che mancando la prova del fatto illecito ad opera di taluno degli scolari, andava esclusa anche la responsabilità dell’insegnante e dell’Amministrazione scolastica ex art. 2048 c.c.; d) che comunque la presunzione di responsabilità fondata sulla norma da ultimo citata doveva ritenersi vinta dall’acquisita prova circa il positivo esercizio da parte della maestra del suo dovere di vigilanza e circa il verificarsi del tutto repentino e imprevedibile del fatto in questione. Avverso detta sentenza S.B., nel frattempo divenuta maggiorenne, ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui gli intimati hanno resistito con distinti controricorsi. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo la ricorrente, deducendo la violazione dell’art. 2048 c.c., censura la sentenza impugnata sul rilievo che non sarebbe stata fornita dall’insegnante la prova positiva per superare la presunzione di responsabilità da culpa in vigilando. Con il secondo motivo, sempre sotto il profilo della violazione dell’art. 2048 c.c., critica la decisione predetta per aver ritenuto che l’insegnante avesse fornito la prova liberatoria di aver esercitato “in modo pieno la vigilanza sulla classe”, mentre al contrario risultava che al momento dell’evento gli scolari si stavano rincorrendo e che l’insegnante - la quale nessun provvedimento disciplinare aveva adottato - aveva dichiarato di non sapere ricostruire l’accaduto. Con il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione della sentenza impugnata in relazione alla prova del ritenuto difetto di responsabilità dello scolaro R.D. (indicato dalla difesa attrice come colui che avrebbe dato una spinta alla compagna di classe S.B. facendola cadere a terra). Con il quarto motivo insiste nel vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere questa affermato che non era mai emerso in istruttoria che la scolaresca avesse tenuto nell’occasione un comportamento scorretto, quando invece era risultato che gli scolari stavano giocando e si stavano rincorrendo. Con il quinto ed ultimo motivo si denuncia la violazione degli artt. 2055 c.c. e 112 c.p.c., nonchè il difetto di motivazione in relazione al mancato esame da parte della corte di merito dell’argomentazione dedotta solo in via subordinata, in base alla quale nella circostanza vi sarebbe stato quanto meno un concorso di colpa di tutta la scolaresca, con conseguente responsabilità solidale dei convenuti. I primi due motivi, concernenti la responsabilità dell’insegnante e del Ministero della Pubblica Istruzione in relazione alla colpa presunta di cui all’art. 2048 c.c., possono essere trattati congiuntamente. Tali motivi sono entrambi infondati. Per giurisprudenza consolidata (in particolare ved. Cass. n. 894/77), gli insegnanti delle scuole elementari rispondono dei danni cagionati dall’atto illecito compiuto da un allievo in danno di un altro nel tempo in cui essi sono sottoposti alla sua vigilanza se non provano ex art. 2048 c.c. di non aver potuto impedire il fatto e quindi dimostrando di avere esercitato la vigilanza sugli alunni nella misura dovuta (cioè adeguata alla circostanza: Cass. 318/90) e che gli sia stato impossibile impedire l’atto illecito per la sua repentinità e imprevedibilità, tale da non consentirgli un tempestivo efficace intervento. Ora nella specie, in base agli accertamenti istruttori compiuti in sede di merito, il giudice a quo, con apprezzamento delle risultanze non censurabili in Cassazione se non per vizi logici ed errori giuridici, ha accertato: a) che difetta la prova del rapporto causale tra l’azione di un allievo - in particolare di R.D. - e il danno subito dalla infortunata, cosicchè manca la stessa configurazione giuridica del danno ingiusto (cfr. Cass. n. 5268/95); b) che comunque la presunzione di colpa a carico dell’insegnante deve ritenersi superata dalla acquisita prova del positivo esercizio di vigilanza da parte della stessa e dall’essersi l’evento dannoso verificato in maniera del tutto repentina e imprevedibile. Siffatta motivazione, conforme ai principi giuridici sopra esposti, è corretta anche sotto il profilo logico, in quanto, pur considerando che l’evento si è verificato mentre la scolaresca era in attesa di uscire dalla scuola - e quindi in una situazione in cui ai ragazzi è consentita una certa esuberanza - è stato accertato che gli allievi si erano mantenuti nei limiti dei principi della buona condotta per cui alla maestra, che diligentemente era presente per la dovuta vigilanza, non si imponeva l’adozione di misure disciplinari e comunque tali da impedire l’evento attesa anche l’imprevedibilità e repentinità dello stesso. Il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso, con i quali la ricorrente sostanzialmente propone inammissibilmente una nuova valutazione a lei favorevole delle risultanze processuali, relativamente alle responsabilità del R. (e quindi dei suoi genitori) e della scolaresca in genere, non possono trovare accoglimento, avendo il giudice a quo dimostrato di avere criticamente esaminato tutte le risultanze istruttorie, pervenendo così alla decisione negativa (già esaminata sub a) con motivazione esente da vizi logici e da errori giuridici. Tale conclusione comporta, come corollario, l’esclusione del prospettato concorso di colpa dell’insieme dei compagni di classe dell’infortunata con i convenuti, attuali resistenti. Prospettazione - peraltro - giustamente ritenuta nuova in sede di appello (e quindi inammissibile ex art. 342 c.p.c.), posto che alla pag. 5 dell’atto di appello (indicata dal ricorrente) risulta genericamente dedotta ... “la graduazione della colpa e del danno...” senza alcun espresso e diretto riferimento alla condotta della scolaresca. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in L. 63.200 e in L. 91.000, oltre agli onorari liquidati in favore del R. in L. 1.000.000, in favore della T. e del Ministero della P.I. in L. 1.500.000 ciascuno oltre spese pren. a debito. Le sentenze sono state tratte da “Nuova legislazione Scolastica” dell’editore TEMI








Postato il Sabato, 20 agosto 2005 ore 01:10:00 CEST di Silvana La Porta
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