Nell’isolamento
e distanziamento fisico tra le persone, utilizzando i nuovi strumenti
tecnologici per le comunicazioni, sono pervenuti diversi e originali
messaggi
di auguri, immagini, disegni, video, canti, cerimonie in streaming,
evidenziando l’eccezionalità e “unicità” di questa Pasqua sotto il
segno del Coronavirus.
Una
Pasqua nella quale accanto alla “S” della sofferenza s’intrecciano la
“S” della
Solidarietà e della Speranza, celebrata da Papa Francesco come un
“diritto”.
Le
tre “S” s’intrecciano e tracciano il percorso della nuova era che il
Covid 19 ha
segnato una linea di discontinuità nella storia.
Nel
d.C. (che non è il “dopo Cristo”, ma l’attuale e contemporaneo “dopo il
Coronavirus”) le cose andranno diversamente, cambiano gli stili e le
relazione
tra le persone, si mantengono le distanze che non sono “sociali”, bensì
di distanziamento
fisico tra le persone.
Le
norme di prevenzione diventano barriere per una comunicazione serena e
amicale,
e si alimenta la cultura del sospetto nei confronti del prossimo per la
paura
di essere contagiati. Ecco il “dilemma dei porcospini”, come ha scritto
Walter
Veltroni: si fa fatica a stare con gli altri e, di volta in volta, si
fa
prevalere la paura delle spine dell’altro.
Tra
gli auguri originali è pervenuto dal preside Alfonso Sciacca, noto
latinista
del liceo classico “Gulli e Pennisi” di Acireale una pagina
dell’epistola
oraziana del primo libro, che diventa quasi breviario sul mestiere di
vivere.
Il nodo centrale è quello dell’autarchia,
(autosufficienza tipica
della persona saggia) espresso dal verso «et
mihi res non me rebus coniungere conor».
“Se
vogliamo essere felici dobbiamo
assoggettare a noi, alla nostra persona, tutto ciò che possediamo”.
La
felicità è appunto nell’essere e non nell’avere, come ha insegnato
anche Fromm
E
poi continua: Viviamo giorni terribili
duranti i quali rischiamo di essere sommersi dai bisogni. Bisogni di
qualsiasi
tipo. Materiali e morali, il bisogno soprattutto di “libertà”, come si
va
ripetendo più volte. Ed ecco allora che per sopravvivere decorosamente
occorre
fare appello alla nostra capacità di trovare in noi stessi quelle
risorse che
ci fanno sentire liberi, assolutamente liberi, e non assoggettati al
possesso
di talune cose. La riscoperta della propria interiorità è un valore che
ci
permetterà di superare questi tempi “virali”, e di vivere meglio quando
il
virus sarà scomparso. Se saremo capaci di riflettere comprenderemo che
la
maggior parre dei nostri giorni è stata consumata a godere
dell’effimero. Alla
ricerca di quel piacere che non dà piacere, al raggiungimento di
affetti o
sensazioni che lasciano il vuoto”
Il
messaggio del preside Sciacca si conclude con l’esortazione a “non inseguire ciò.che non ci aiuta ad essere
felici”.
Ecco,
quindi, una lezione di vita, che ci proietta alla ricerca
dell’essenziale.
La
società di oggi ha smarrito ciò che veramente ha un valore: il culto
della
vita, la
dimensione dell’amore e della fedeltà, il senso vero dell’amicizia che
si fa
dono.
La valenza del lavoro che contribuisce al bene
sociale, intrecciando libertà, dignità, rispetto e legalità. La
vera libertà, infatti, consiste non solo nella
capacità di scegliere tra il bene e il male, ma di scegliere il miglior
bene,
prendendo decisioni consapevoli mosse dall’amore.
La
libertà cristiana non è arbitrio, ma conduce alla più completa
realizzazione
della persona, assumendo
come
propria l’avventura d’amore che Dio ha progettato per ciascuno.
La Pasqua segna appunto questo “passaggio”, questa
rinnovata scelta, come ha già affermato nel
messaggio di Pasqua del 1953, il Papa Pio XII:
“Ogni
umile vita, se vissuta in Dio, è
seme di eccelse cose; è sinfonia perenne, che la morte non stronca, ma
sublima;
e sulla terra, dove tutto tramonta, è messaggio di vita immortale”.
L’aver
riscoperto in questa Pasqua il mistero del silenzio, la solitudine del
Getsemani,
la paura e l’angoscia nel vedere i camion militari che trasportano
cadaveri, i
parcheggi delle auto che diventano dormitori per i senza tetto, le
fosse comuni
per i poveri senza assicurazione, tutto ciò aiuta a pensare e a
ricercare
l’essenziale, scoprendo la dimensione dell’Assoluto.
“L’essenziale
è
invisibile agli occhi” diceva
il Piccolo Principe di Antoine
de Saint Exupéry, occorre saper guardare e osservare. “Essenziale
oggi significa essere in grado di poter costruire un
percorso che abbia come punto d’arrivo quanto ci siamo prefissati –
spiega Mauro
Magatti. docente di Sociologia all’Università Cattolica di Milano.
Il principio di essenzialità diventa oggi più
che mai pensiero guida che permette di mettere a punto ciò che ci sta a
cuore e,
quindi, sapere ciò a cui dobbiamo giungere. Solo in questo modo è
possibile
raggiungere l’eccellenza, i traguardi di professionalità e realizzare
desideri
e sogni.
Questa regola sollecita la necessità di avere
una rotta che sia in grado di guidarci verso l’obiettivo, coerente alla
professione scelta.
Saper
riconoscere l’essenziale nel proprio progetto significa essere capaci
di sfrondare
e ridurre tutto ciò che è effimero nella ricerca dell’obiettivo, ma
senza
perdere il contributo che persone, cose e tecnologia possono offrire.
Con
una chiara connotazione positiva il termine “essenziale”
necessita della giusta apertura razionale verso il
mondo esterno, fonte di stimoli e di crescita.
“Non
bisogna cadere nel delirio delle
competenze “,
conclude Magatti, che per esprimere
il concetto di essenzialità ha coniato il termine “deponente”,
assimilandolo
alla denominazione dei verbi greci e latini, che sono, infatti,
“deponenti”, perché
possono avere forma passiva, ma significato attivo.
La
ricerca dell’essenziale, essendo un atto intenzionale e libero,
sollecita
l’impegno personale nelle scelte e nelle azioni che costruiranno il
nuovo
umanesimo d.C.