Se non è una novità
assoluta per il mondo della scuola, davvero poco ci manca: il ministero
dell’Istruzione ha deciso di “rispolverare” il decreto che fissa le
regole per l’avvio di una sperimentazione, su scala nazionale, delle
superiori della durata di quattro anni (anziché dei canonici cinque).
La novità
L’idea è autorizzare 100 prime classi degli istituti scolastici del
secondo ciclo, e quindi tutti: licei, tecnici e professionali, statali
e paritari, ad attuare progetti di abbreviazione (di un anno) del
percorso di studi, e far così uscire i ragazzi dalle aule a 18 anni,
così come avviene, da tempo, in molti paesi europei (tra cui Spagna,
Francia, Regno Unito, Portogallo, Ungheria, Romania – in Finlandia
l’ultima campanella suona, addirittura, a 17 anni).
Il decreto del Miur
Il progetto risale nel tempo: negli scorsi anni partirono alcuni
esperimenti in una manciata di licei e istituti tecnici, parte statali
e parte paritari; poi il tutto si arenò, complici anche le forti
resistenze sindacali per via degli impatti sugli organici. Il dossier
venne ripreso e approfondito dall’ex ministro dell’Istruzione, Stefania
Giannini, che, dopo l’estate, ha proposto una serie di modifiche, ma
poi, a causa pure della crisi del governo Renzi, si è nuovamente
arenato: adesso l’articolato, 7 articoli in tutto, è pronto e sta per
riprendere l’iter amministrativo: la prossima settimana il decreto
arriverà sul tavolo del Cspi (il Consiglio superiore della pubblica
istruzione, l’organo tecnico-consultivo del Miur) per il parere. Poi
potrà essere adottato dalla neo ministra Valeria Fedeli (i successivi
passi sono Corte dei conti e pubblicazione ufficiale). Le novità,
quindi, non arriveranno subito il prossimo anno (le iscrizioni iniziano
il 16 gennaio per chiudersi il 6 febbraio); ma, più realisticamente, se
tutto filerà liscio, si partirà a settembre 2018.
Gli obiettivi della sperimentazione
Del resto, il tema è importante, e i paletti fissati dal dicastero di
Viale Trastevere sono piuttosto rigidi: il corso di studi
“quadriennale” dovrà garantire, anche attraverso la flessibilità
didattica e organizzativa, l’insegnamento di tutte le discipline
previste dall’indirizzo di riferimento in modo da assicurare ai ragazzi
il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e delle competenze
previste per il quinto anno di corso (entro ovviamente il “nuovo”
termine del quarto anno). Insomma, non è un nuovo indirizzo di studi,
ma una vera e propria sperimentazione metodologica, fanno sapere dal
Miur: l’esame di Stato rimane lo stesso, e identico sarà anche il
diploma finale conseguito dagli alunni. Il senso di questa iniziativa è
capire se in quattro anni si riusciranno a raggiungere i medesimi
obiettivi formativi di un percorso quinquennale: per questo in una
stessa scuola ci dovranno essere una classe a 4 anni e classi a 5
proprio per consentire l’opportuno confronto.
I progetti delle scuole
Le scuole interessate a partecipare alla sperimentazione dovranno
presentare un progetto, caratterizzato, è scritto nel decreto, da «un
elevato livello di innovazione» didattica. Si potrà chiedere
l’attivazione di prime classi con in media 25-30 alunni (saranno quindi
bocciate aule con pochi studenti). Il percorso di studi “abbreviato”
dovrà poi prevedere un potenziamento delle lingue, anche attraverso la
metodologia Clil; bisognerà, pure, valorizzare le attività
laboratoriali e le tecnologie digitali; oltre ovviamente a un generale
rafforzamento del curriculo, a partire dall’alternanza scuola-lavoro
obbligatoria e attraverso la partecipazione a progetti di mobilità
internazionale. Sarà necessario, inoltre, rimodulare il calendario
scolastico ed eventualmente potenziare l’orario settimanale delle
lezioni (da circa 900 ore annue per 5 anni si potrà passare a
1.000-1.050 ore per 4 anni nei licei). «È una sperimentazione molto
seria – spiega il sottosegretario, Gabriele Toccafondi -. E ci
aspettiamo dalle scuole progetti validi».
La valutazione del ministero
Anche perché l’iter valutativo previsto dall’articolato è decisamente
rigido: le proposte progettuali degli istituti inviate al ministero
verranno infatti giudicate da una commissione di esperti; una volta
acceso semaforo verde toccherà, poi, a un comitato scientifico
regionale, costituito presso ogni Usr, monitorare, anno dopo anno, lo
svolgimento del corso quadriennale. Spetterà infine a un comitato
scientifico nazionale, insediato al Miur, tirare le somme della
sperimentazione, e decidere, eventualmente, se andare avanti con il
progetto, e, in questo caso, proporre una modifica agli ordinamenti
scolastici.
Claudio Tucci
Il Sole 24 Ore