Sondaggio Swg: per il
67 per cento dei docenti i presidi hanno troppi poteri ed è sbagliata
l’assegnazione di un premio. Per il 64 per cento via studenti e
genitori nei comitati di valutazione. Gilda: “Se il governo vuole la
pace faccia retromarcia sulla chiamata diretta”. Puglisi (Pd): “Nuovo
contratto e attenzione ai precari”
ROMA – Nella giornata mondiale degli insegnanti, istituita dall’Unesco,
in Italia viene reso pubblico un sondaggio sulla legge “La buona
scuola”, realizzato da Swg per conto del sindacato Gilda su 585
insegnanti sentiti al telefono. Il sondaggio dice che la frattura tra
governo e corpo docente non solo non si è sanata dopo le marce
conflittuali del 2015, ma è cresciuta. Questo è avvenuto quando la
detestata Buona scuola, la legge 107 appunto, si è tramutata in
amministrazione quotidiana in classe. Quattro insegnanti su cinque, si
legge, bocciano la riforma: per il 77 per cento degli ascoltati – tra
il 14 e il 21 settembre, quindi ad anno scolastico avviato – la Buona
scuola “non avrà effetti positivi per la professione docente”. L’81 per
cento ritiene che non avrà effetti positivi, o li avrà scarsi, anche
sulla qualità dell’insegnamento.
Il nuovo dirigente scolastico, per il 67% degli intervistati, si è
rafforzato “penalizzando il ruolo dei docenti e la libertà di
insegnamento”. Per il 43 per cento del campione il preside dovrebbe
essere affiancato da un coordinatore della didattica eletto dal
collegio dei docenti. Opinione negativa sulla valutazione: il 64 per
cento dei docenti, che rivelano un impianto conservatore rispetto alla
scuola contemporanea, non condivide che del Comitato di valutazione
facciano parte studenti, genitori, soggetti esterni. Tuttavia, metà
degli insegnanti (il 48 per cento) ammette che sulla valutazione i
docenti sono stati coinvolti, anche se “soltanto in parte”, all’interno
della propria scuola . Così, il 47 per cento sostiene che il Piano di
miglioramento abbia migliorato la qualità dell’offerta formativa, anche
se “solo in parte”.
I due terzi degli intervistati non condividono il bonus di merito
assegnato dal dirigente scolastico: il 67 per cento è contrario a
questa forma di premio e solo un docente su cinque (19%) crede che
migliorerà la scuola pubblica. Il 79 per cento vede nel bonus uno
strumento di “conflitto e inutile competitività”. Ancora, solo il
5% degli insegnanti interpellati è favorevole al meccanismo della
“chiamata diretta” per l’assunzione da parte dei dirigenti scolastici.
Riguardo l’assegnazione delle sedi ai docenti, per il 46 per cento
dovrebbe avvenire tramite graduatoria con regole nazionali, come
avveniva prima dell’entrata in vigore della riforma. Nel sondaggio non
sono state poste domande sulle graduatorie a esaurimento: ha fatto bene
il governo ad affrontare la questione e ad impegnarsi per chiuderle
definitivamente? Questo non si sa.
Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti,
dice: “Il sondaggio dimostra senza ombra di dubbio che la maggior parte
dei docenti condanna i punti fondamentali della legge 107, ritenuti
inutili e dannosi. Senza il consenso degli insegnanti italiani è
impossibile attuare alcuna riforma. Se il Governo intende recuperare il
rapporto di fiducia con il mondo della scuola deve fare retromarcia su
chiamata diretta, valutazione e bonus del cosiddetto merito”.
In questa giornata celebrativa un altro documento negativo rimbalza nel
nostro paese. Il sindacato Anief ha reso pubblico uno studio Eurostat
che ricorda come l’Italia abbia i maestri delle scuole elementari e gli
insegnanti delle superiori “più vecchi d’Europa”. Nella primaria il 53
per cento ha superato i cinquant’anni, alle superiori si arriva al 58
per cento. La media Ue è, rispettivamente, del 32,4 per cento e del
38,1. In Gran Bretagna solo un quarto dei docenti ha più di 50 anni e
in nessun altro paese si supera il 50 per cento.
Francesca Puglisi, responsabile scuola per il Pd, difende la riforma e
ricorda: “Il governo ha varato un piano straordinario di 180.000
assunzioni per ridurre la precarietà degli insegnanti, ha messo 350
milioni di euro per la loro formazione in servizio, 200 milioni per
premiarne il merito, 500 euro a testa per i consumi culturali.
L’esecutivo ha fatto questo perché pensa che gli insegnanti siano il
più grande esercito di intellettuali a disposizione del Paese. E’ il
loro prezioso lavoro quotidiano a disegnare il futuro dell’Italia, più
di qualsiasi altro provvedimento di legge. Conosciamo bene le critiche,
anche aspre, riservate alla Buona scuola. La nostra risposta è
continuare a lavorare. Apriremo la discussione sul nuovo contratto, su
un nuovo sistema di formazione iniziale e di reclutamento e avvieremo
la necessaria fase di transizione che non escluderà chi ancora lavora
in condizioni di precarietà”. Dopo Marco Campione, capo della
segreteria del sottosegretario Davide Faraone, anche Francesca Puglisi
sottolinea come con la legge di stabilità potrebbero esserci novità per
i precari tutt’oggi iscritti in seconda fascia, molti dei quali non
hanno superato l’ultimo concorso a cattedre.
La Repubblica