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Costume e società: Matteo Renzi e l'interventismo furioso dell'atto politico

Redazione
Dispiace di dover assistere, oggi, ad una narrazione infelice da parte di chi si è presentato alla ribalta politica come un grande affabulatore ultrafedele capace di dare ordine e razionalità al suo racconto e disposto a produrre sulle varie materie interventi e soluzioni efficaci e discorsi chiari perché tutti potessero capire, approvare e condividere. Ci aspettavamo uno sviluppo lineare di certe premesse intraviste negli anni precedenti, di fronte al decadimento vertiginoso della politica praticata ormai per fini non già collettivi, comunitari e nazionali, bensì individuali, familistici e di gruppo. Volevamo una completa realizzazione costituzionale dei punti sui quali più profonde risultavano le iniquità sociali e le diseguaglianze regionali e locali ed una concreta attuazione dei criteri di snellimento del pesante apparato burocratico e amministrativo con notevole riduzione dei costi di gestione e di mantenimento dell'amministrazione pubblica, dal centro alla estrema periferia. E tutto ciò senza nulla togliere all'ordinamento costituzionale, anzi con grande rispetto dello stesso nei suoi princìpi generativi e nelle sue radici ideali fondate sull'universalità e inalienabilità dei diritti umani tipici del giusnaturalismo moderno.

Matteo Renzi per tutto ciò rappresentava un dono caduto dal Cielo, una grazia concessa "una tantum" a noi italiani, dopo anni di tribolazioni, tangenti e rovine clientelari, e di sofferta esperienza del male politico e burocratico vissuto e patito con profondo dolore e con somma pazienza che ha impedito miracolosamente di scardinare con dura violenza la voracità di uomini e partiti posti e preposti non per il bene pubblico, ma per l'interesse esclusivamente privatro, per la causa suprema di una ingordigia partitica gelosissima del proprio spazio di libero pascolo, necessario o utile alla vitalità dell'azione politica appropriatoria di beni e capitali. L'uomo di Firenze avrebbe dovuto configurare perciò il compimento del processo di restituzione della politica all'etica, scaturente dalla pietas divina per l'Italia finalmente liberata dai barbari mangiatori di tutte le lordure e manipolatori di tutte le narrazioni che non avessero al loro centro uno squallido machiavellismo mistificatorio.

Il giovane presidente del consiglio venne investito così di enormi poteri simbolici e reali per spostare grossi macigni carichi di corruzione tangentizia e di malaffare amministrativo, ostativo di ogni legittimità istituzionale e costituzionale e lontano dai desideri espressi energicamente dai nostri Padri costituenti quando si misero all'opera ricostruttiva della Repubblica italiana. E poteva usare tutto il suo carisma di allora per ottenere i risultati reclamati nei diversi settori della semplificazione geo-politica, da Sud a Nord e nella stessa Capitale della nazione, poiché il capitano della nave non era un uomo solo e abbandonato, ma veniva accompagnato e sostenuto da un intero Paese che queste semplificazioni chiedeva da tempo. Pochi ritocchi formali e talune revisioni costituzionali di buon senso avrebbero potuto salvare la barca senza creare confusione e conflitti di poteri, come aveva fatto invece quel giurista di fama scientifica che aveva lavorato, con il centro-sinistra oramai esaurito e con la piena disapprovazione dei Padri costituenti, alla costruzione del complicato Titolo V della nostra Costituzione.

Il nichilismo di Renzi si presentò allora all'appello in tutta la sua martellante caparbietà e fu quello l'inizio della sua disfatta dopo un parziale successo elettorale. E fu quella la fine della fortunata ascesa politica di un giovane al quale avremmo dato tutto l'appoggio morale richiesto per compiere le operazioni di vasto sventramento e snellimento burocratico e di forte riduzione dei costi politici dagli enti inutili a quelli decentrati e ben localizzati, dalla scuola alla alla sanità, e dagli stipendi d'oro a quelli d'argento e dalla miriade di consiglieri e assessori e consulenti nazionali, regionali e territoriali ai rimanenti parlamentari europei e nazionali con funzioni più o meno improduttive ed improbabili. Altro che eliminazione fittizia del Senato, con tutto il costituzionalismo accademico scatenato giustamente di fronte ad un'operazione tanto improvvida e sciagurata quanto estemporanea e furbesca. Evidentemente l'autodistruzione aveva il suo tornaconto personale e doveva ubbidire ad un machiavellismo così sottile che non era facile comprenderne i contenuti e gli effetti revisionistici da parte di chi aveva un'intelligenza normale e una normale preparazione storico-giuridica.

La legittimazione mistificatoria è adesso finita. Se Renzi vuole, può ancora riprendere con verità e libertà la costruzione del primo discorso rottamatorio e procedere verso un nuovo destino per nulla machiavellico; diversamente la sua azione finisce qui, cioè in una postmodernità relativista e riduzionista sul piano storico-giuridico, mentre i cittadini avvertono attorno a loro stessi la scarsa coerenza e il forte odore di nichilismo. Si può andare in qualunque direzione, e soprattutto ci si può perdere politicamente, se la politica è una brodaglia buona per qualsiasi piatto. machiavelliano o grillino ben confezionato e cucinato da una mano abituata alla contraffazione. Credo che un ritorno al moderno si imponga per il prossimo futuro e per il rispetto che dobbiamo a noi stessi ed alla nostra dignità fatta di speranza, coerenza e buon senso.

Ci si può illudere circa il senso positivo delle operazioni e delle narrazioni, ma non tutto ciò che è detto e ridetto è reale, è razionale, anche se a dirlo ed a ridirlo talvolta sono dei baroni universitari o dei vecchi uomini politici carichi di medaglie o dei giovani freschi di gloria conquistata sul campo o affermati giornalisti adulatori dei potenti. Gli stessi teorici del postmoderno hanno insegnato che i grandi racconti sono inverosimili a partire proprio da quelli politici che indicano valori, ideali e obiettivi di inconsistente significato sociale, giuridico e politico. L'incredulità stritola le metanarrazioni e le più scarne narrazioni. Lo scetticismo è di casa in noi e tra di noi, oggi più che mai.

Se Renzi vuole davvero ritrovare il suo popolo ed il suo consenso, cosa naturale in politica, deve ritrovare la coerenza con il programma originario e rispiegarne il valore di classe e di indirizzo socio-politico, al di là delle battute estemporanee e ad effetto. Queste non riescono ad ottenere l'assenso popolare e la forza del cuore e della ragione di ciascuno se escludono la verità e la giustizia, e la verifica della coerenza. La grande lezione fiorentina del Quattrocento ci ha spiegato proprio la ragione che rendeva forte l'Umanesimo non solo presso i ceti intellettuali e borghesi. E d'altra parte lo Stato moderno è una costruzione piena di forza societaria, comunitaria, ideologica e morale prima che militare e formalmente politica.

prof. Salvatore Ragonesi








Postato il Domenica, 12 giugno 2016 ore 08:00:00 CEST di Michelangelo Nicotra
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