La scuola vive dei
suoi rapporti con la società; si alimenta delle sue
esigenze, si muove sulla spinta dei suoi problemi. Scuola e società
reciprocamente si richiamano; si dovrebbero aiutare, ma più spesso
negli ultimi tempi confliggono.
Va da sè che per cogliere frutti buoni, però, è necessaria la loro
stretta, solidale collaborazione, nella distinzione dei compiti e
dei ruoli e nel rispetto delle funzioni professionali, culturali ed
educative che in autonomia la scuola deve svolgere. Se la scuola non
entra in sintonia con i problemi della società e con i temi
culturali del proprio tempo, prima o poi perde la propria ragione
d'essere.
La riflessione su questo nodo cruciale dell'istruzione deve
essere permanente e costituirsi come principio di orientamento
nell'azione quotidiana a scuola, per evitare il rischio che si avviti e
si impoverisca nella sua solitaria autoreferenzialità. La scuola non
puo' tenere nè porte, nè finestre chiuse. Operazione assurda e
inefficace; ci penserebbero gli alunni e le famiglie eventualmente a
portare dentro la scuola il mondo che sta fuori. Il problema è come la
scuola debba pensare e vivere le questioni che agitano la
società e questo non è di pacifica e concorde soluzione. C'è un modo
proprio della scuola per svolgere questo compito e solo rispettandone
stile e natura si possono avere risultati utili.
Nella costruzione del rapporto scuola-società ci sono scelte che
attengono alle responsabilità generali dello Stato e scelte che sono
nelle mani delle singole scuole, dotate degli strumenti che loro puo'
dare l'autonomia. Tutto, nel piccolo e nel grande, si sviluppa intorno
alle polarità della domanda sociale d'istruzione e della capacità del
sistema scolastico di soddisfarla.
La composizione della domanda sociale di istruzione muta secondo
i tempi, la forza sociale dei soggetti che la formulano, la
natura dei bisogni collettivi che in un dato momento si pensa che
possano e debbano essere soddisfatti. Che la scuola anche quando lo
voglia non riesca a tenere il passo con le esigenze della società
è fatto naturale che non dovrebbe sorprendere. Le risposte del sistema
di istruzione arrivano con qualche giorno di ritardo ... anche quando è
in grado di programmare e di applicare le innovazioni.
Compito della scuola non è la previsione delle esigenze della
società, ma quello di interpretarle quando queste vengono esposte. Ogni
realtà ha i propri tempi di funzionamento e il proprio statuto e
prenderne atto è operazione dovuta e opportuna. Come comprendere che
non
esistono soluzioni definitive per i problemi della scuola. Le
risposte del sistema di istruzione e formazione ad ogni buon
conto sono nell'ordine del ragionevole e del plausibile. Questo non
vuol
dire volere una scuola effimera, ridiscutibile anno per anno o come si
pretende oggi ogni tre anni. Per come va il mondo, la scuola deve avere
un impianto solido, offrire curriculi strutturati e rigorosi con una
parte ovviamente stabile e una riprogettabile che apra una finestra sul
mondo.
Nella domanda sociale di istruzione tende ad assorbire ogni spinta e a
rappresentarla per intero quella che proviene dal mondo economico. E'
una pretesa dalla quale bisogna sapersi difendere, perchè se
è impossibile teorizzare l'indipendenza dei processi di scolarizzazione
rispetto a quelli economico-sociali, è altresì impossibile farne
l'unico
destino, perchè la funzione professionale non è l'unica che deve
svolgere un sistema scolastico. Il mondo del lavoro e delle
occupazioni, tra l'altro, per i processi continui di profonda,
tumultuosa
trasformazione che lo distinguono, non è un punto di riferimento
stabile
come nel passato e nessun sistema di istruzione puo' essere insensibile
ai cambiamenti di costume, psicologici e sociologici dell'utenza
scolastica. La scuola deve essere, infatti, sempre all'altezza del
compito di socializzazione e di formazione culturale e umana
delle nuove generazioni, dal quale per nessun motivo puo' abdicare.
Nel leggere il rapporto tra scuola e società molti si sono
soffermati sul loro scarso grado di integrazione; alcuni si sono
lamentati dei tentativi di subordinare il sistema di
istruzione alle leggi del mercato e delle imprese e di violarne
l'autonomia. Per il sistema scolastico è quasi impossibile la
simbiosi con la società;inaccettabile la sua subordinazione; convengono
e sono proficui solo il confronto e il dialogo aperto e
permanente nella diversità dei ruoli.
Nel trattare questo problema non si puo' dimenticare
che quando si parla del sistema di istruzione e formazione ci si deve
riferire alla condizione attuale di pluralismo formativo, alla
condizione, cioè, che vede la scuola in posizione di
centralità fra tante altre agenzie formative, ma con connotati diversi
rispetto a quelli che un tempo ne disegnavano l'indiscutibile
supremazia. E' il tempo dell'industria culturale e della pervasività
dei
nuovi media. E' il tempo dell'apprendimento lungo tutta la vita. E
tutto
questo rende molto difficile indicare una sola linea di confronto tra
scuola e società, tra scuola ed esigenze individuali delle persone.
Ad ogni buon conto la scuola non puo' perdere il controllo del
proprio programma culturale, ha la responsabilità di non disperdere la
propria identità nell'allargarsi e nell'infittirsi dei suoi intrecci
con la società;il mestiere della scuola consiste nel sapere escludere e
selezionare i contenuti che devono entrare nei curricoli. Non deve
rischiare di soffocare per ingordigia. La scuola non deve limitarsi ad
assicurare una semplice continuità con la società che l'attornia o con
le esperienze quotidiane. "Essa è quella particolare comunità in cui si
fa l'esperienza di scoprire le cose usando l'intelligenza e ci si
introduce in nuovi e inimmaginati campi d'esperienza"(J. Bruner). "La
scuola è un luogo dove si svolge un particolare tipo di lavoro
intellettuale che consiste nel ritirarsi dal mondo quotidiano, al fine
di considerarlo e valutarlo; un lavoro che resta coinvolto con quel
mondo, in quanto oggetto di riflessione e di ragionamento"(L. Resnick).
Il funzionamento del sistema formativo tende ad essere
speculare all'apparizione di una nuova e consolidata tendenza
esistenziale non più strutturata a blocchi(scuola/lavoro/pensione)ma
segnata dall'alternanza di fasi di lavoro e momenti di formazione e
dalla crescente importanza della capacità di apprendimento, dalla
capacità di apprendere ad apprendere come si dice sempre più spesso.
SOLUZIONI POSSIBILI.
Bisogna chiedersi che genere di cultura e di formazione debbano
avere le nuove generazioni, che cosa debbano saper fare i giovani
appena
usciti dalla scuola, come sia possibile tenere il passo nei confronti
delle trasformazioni della società e del mondo del lavoro.
1) Nell'attuale momento storico della nostra società il primo compito
del sistema di istruzione e formazione è quello di sostenere e
rafforzare l'educazione alla cittadinanza e alla legalità
. Attività necessaria per contrastare i fenomeni crescenti di
lacerazione della comunità nazionale;problema un tempo alquanto
sottovalutato, ma riemerso con forza in un momento di
convulsa, preoccupata transizione sociale e culturale, che sta
trasformando per l'arrivo di moltitudini di migranti la nostra
società in una società multetnica e multireligiosa.
Educare alla cittadinanza e alla legalità significa innanzitutto
associare i giovani al percorso storico e culturale della società
alla quale appartengono: e quindi studio della lingua, della
letteratura, delle tradizioni, dell'arte, della storia, conoscenza
delle
norme e dei valori costituzionali.
Educare alla cittadinanza significa dare a ciascuno i mezzi per
padroneggiare la propria vita e per partecipare alla vita pubblica. E'
costruzione di mezzi intellettuali, di saperi e di competenze, che sono
risorse di autonomia, di capacità di esprimersi, di negoziare, di
cambiare il mondo. E questo l'obbligo scolastico che compete alle
istituzioni scolastiche: impegnarsi a costruire l'identità personale
dei giovani(autonomia e responsabilità), formare la loro sensibilità
sociale. E' questa la funzione educativa della scuola.
Nelle attuali condizioni non deve esserci nessun giovine privo degli
strumenti per potersi assicurare una vita dignitosa. Gli esclusi dal
patrimonio di cultura e di saperi pagano prezzi troppo elevati. Sono
dei
vinti e degli umiliati. "L'insuccesso in una scuola aperta a tutti,
oggi, crea più rancore sociale" (Ph. Meirieu). Istruzione e
cittadinanza
devono abitare nella stessa casa. Non puo' essere sciupata l'unica
opportunità che si ha di trasmettere alle nuove generazioni le
basi e i principi di una cultura comune.
E' un concetto "repubblicano" che la scuola debba essere la
scuola della cittadinanza e che la cultura comune sia quella che
la deve e la puo' costituire. La cultura comune è quella costituita da
alcuni specifici contenuti, da principi e valori storicamente
determinati e condivisi. La si costruisce a partire dall'accettazione
della pluralità dei codici valoriali presenti nella scocietà e della
pluralità di estrazioni sociali, culturali, etniche religiose cui
fanno riferimento le nuove generazioni. La cultura comune deve
consentire la costruzione dell'identità personale, cosi come la
pluralità delle fonti che la costituiscono deve rendere disponibili
all'accettazione delle diversità.
2) Il sistema di istruzione svolge la sua funzione se è in grado
di progettare i curricoli che formano, a partire dalla scuola primaria
fino all'università, le competenze richieste in questa fase storica
dalla sua società nel suo insieme e in modo particolare dal sistema
economico-aziendale. Ma quali professioni, quali mestieri servono allo
sviluppo economico? Che genere di competenza devono avere?
Si parla da alcuni decenni di flessibilità, adattabilità, mobilità ed
oggi di competenze chiave, di competenze trasversali, di competenze di
base. Sono problemi di prima grandezza, bisognosi di risposte che
devono
contemperare l'immediato e la prospettiva, cioè difficili e nello
stesso
tempo transitorie, perchè entrano da protagonisti nuovi contenuti,
nuovi
saperi, le nuove tecnologie, i nuovi media, rapporti col
lavoro, personalizzazione dei percorsi formativi, ricerca di radici
locali, conoscenza del mondo, momenti di creatività ed
espressività. Entrano e restano da protagonisti la lotta alla
dispersione scolastica, la consistenza della cultura comune, le
metodologie adatte ad esaltare l'iniziativa di chi apprende. Resta
immutata la necessità di conciliare obiettivi di promozione umana e
culturale con quelli di professionalizzazione, di evitare scelte
precoci
e socialmente inique.
Il fondamento della nuova professionalità dovrebbe garantire la
capacità di riconoscere, dominare, controllare le condizioni e le
modificazioni naturali e sociali della propria esistenza. Il giovane
deve imparare a porre proposizioni limpide, compiere processi di
astrazione, fare ordinate classificazioni, svolgere argomentazioni
rigorose, immaginare modelli ed enunciare generalizzazioni, procedere
ad
applicazioni a casi particolari (B. Colombo).
I traguardi formativi devono essere caratterizzati da acquisizioni di
competenze più trasversali che unilaterali;più metodologiche che
contenutistiche, più polivalenti che specialistiche. La professionalità
deve essere connotata da conoscenze specifiche, da principi
scientifici, da metodologie tecniche relative alla professione di
riferimento, da competenze progettuali e valutative concretamente
legate alle attività di una determinata area professionale, da
competenze orientate all'azione e al cambiamento, alla padronanza di
metodi per pensare e gestire l'incertezza e all'autonomia. La missione
educativa non è più solo quella di arricchire una persona di conoscenze
sempre più varie e complesse, ma anche quella di renderla sicura dei
propri mezzi per affrontare in qualsiasi nuova situazione le
proprie responsabilità di lavoratore.
L'alternanza scuola lavoro potrebbe essere una soluzione per superare
alcuni problemi originati dalla dispersione scolastica, ma anche per
entrare nella cultura del lavoro e superare il verbalismo di non poche
esperienze formative. La stessa funzione svolge lo stage (unica nota
positiva della cosiddetta BUONA SCUOLA). Sono esperienze che orientano
nelle scelte del proprio destino professionale, favoriscono la
responsabilizzazione personale, consolidano la preparazione
professionale.
Il sistema formativo oggi e domani se vuole rispondere alle sfide della
società contemporanea deve puntare a forme elevate di
concettualizzazione. Alla scuola si puo' chiedere di fare tante cose,
ma
non è detto che le sappia fare. Ma sempre e comunque deve trasmettere
conoscenze, saperi, propagare modelli conoscitivi e procedure
d'apprendimento, abilità e competenze tecniche. Non dovrebbe bastare.
Si
parla giustamente di fronte all'esplosione delle informazioni del
bisogno di recupero della verità, di indipendenza intellettuale da
formare e coltivare.
3)L'autonomia scolastica è uno dei passaggi obbligati per tenere
d'occhio le modificazioni della società;per certi aspetti luogo
terminale delle scelte che competono al centro, ma anche luogo
privilegiato d'osservazione e di analisi dei cambiamenti che
intervengono nel costume e negli orientamenti della popolazione del
territorio di riferimento. Strumento di flessibilità e momento di
coniugazione e di sintesi tra l'universalismo delle scelte nazionali e
le domande perticolaristiche del proprio
ambiente (culturali, linguistiche, professionali).
Il rapporto tra scuola e territorio ha una sua particolare storia, che
per molto tempo è stata solo appannaggio dell'istruzione tecnica e
professionale, e che da poco con l'autonomia scolastica è ora nelle
mani di ogni singola istituzione scolastica. Si tratta della
declinazione del rapporto generale tra sistema di istruzione e
società, ma anche del momento decisivo dove trova la sua attuazione e
la verifica della sua fecondità. Momento in cui le radici
culturali, le tradizioni, i valori ambientali trovano legittimazione
, ascolto e valorizzazione;non cultura inferiore, ma cultura altra
rispetto a quella nazionale e suo sostegno.
Ci si lamenta che funzioni poco e per farla funzionare, contro ogni
logica e contro il buon senso, hanno voluto fare del dirigente
scolastico il dominus della situazione. Tutte le ricerche su questo
tema
hanno messo in evidenza come l'autonomia scolastica funziona e dà buoni
risultati se e soltanto viene valorizzato il lavoro individuale e
collettivo dei docenti, se la gestione del curriculum si avvale
del contributo professionale di tutti i docenti, se l'organizzazione
interna ad ogni istituto si regge sulla fiducia e sulla stabilità del
personale.
La scuola non sarà migliore di quella che è se la si vuole governare
puntando la pistola alle tempia degli insegnanti, intimidendoli e
precarizzandoli. Si bara con le famiglie e con i giovani se si vuole
fare credere che l'impresa difficile, complessa, collettiva di
istruire ed educare i giovani possa essere affidata alle virtù
taumaturgiche del dirigente e ai suoi accresciuti e insindacabili
poteri.
L'autonomia delle singole scuole darà i suoi frutti se sarà
restituita alla sua funzione di mezzo utile al compito di
intercettare e risolvere i problemi del rapporto col proprio
ambiente e la si farà discendere dalle vette delle finalità, dove
hanno voluto collocarla legislatori prepotenti ed estranei al
mondo della scuola.
Abbiamo bisogno di una scuola che abbia idee chiare sul percorso che
devono compiere e "convinzioni più profonde sul tipo di umanità che
vogliamo essere" (J. Bruner).
prof. Raimondo Giunta