Trasferimenti
probabilmente accordati in base alla tipologia di assunzione. L’8
gennaio fissato un tavolo tecnico al ministero.
ROMA Addii commossi in classe e ritorni insperati tra i banchi di
scuola, i docenti italiani si preparano a un grande rimpasto che vedrà,
per il prossimo anno, un andirivieni non da poco. Qualcosa come oltre
100mila cattedre pronte a scambiarsi la poltrona: è in arrivo la
mobilità straordinaria, prevista dal comma 108 della legge 107 della
Buona Scuola, con cui i docenti possono cambiare istituto, provincia o
addirittura regione. È una risposta alle necessità dei tanti docenti
che, per non intralciare le assunzioni previste dalla riforma, per un
anno sono rimasti “immobilizzati”. E allora, se qualcuno per la fase B
del piano straordinario di assunzioni ha parlato di esodo, in questo
caso si tratterà di un vero e proprio controesodo. L’iter da seguire è
piuttosto articolato e il ministero dell’istruzione, in questi giorni,
sta incontrando i sindacati per mettere a punto un piano di mobilità e
appianare le tante divergenze e le possibili iniquità. E gli animi,
nell’attesa del prossimo tavolo previsto per l’8 gennaio, si scaldano.
I trasferimenti potrebbero essere scanditi da tre diverse fasi, in base
alle diverse tipologie di assunzioni effettuate. Il timore dei
sindacati è che si creino disparità tra i docenti.
LE PROCEDURE
Il primo step riguarderà i docenti neo assunti con le fasi 0 e A,
nell’anno 2015-2016, per l’assegnazione definitiva dopo il primo anno
di prova e tutti i docenti assunti entro il 2014-2015 che, chiedendo il
trasferimento, andranno a far parte anch’essi degli ambiti
territoriali. Si tratta di quei contestati ambiti provinciali o
sub-provinciali a cui appartengono ora “sulla carta” solo i neo assunti
per il potenziamento. Il secondo step invece riguarderà i movimenti da
diversa provincia che, per migliaia di docenti, equivalgono alla
possibilità di tornare a casa. In questa fase rientrano anche le
assegnazioni definitive per i neoassunti del 2015-2016 sul
potenziamento: ben 47.465 docenti che potrebbero chiedere in blocco di
essere spostati. La terza fase riguarda invece la mobilità d’ufficio,
quindi non a richiesta, per la sede definitiva dei neoassunti, con
spostamenti di carattere regionale.
PERCORSI DISTINTI
Potrebbero inoltre esserci, all’interno di una stessa fase, due
percorsi distinti tra i docenti provenienti dalle graduatorie di
merito, quindi i vincitori di concorso sulla singola regione, e quelli
che invece provengono dalle graduatorie ad esaurimento. I primi
potranno così chiedere il trasferimento in ambito regionale e ne
avranno la precedenza, i secondi in tutti gli ambiti nazionali. Senza
contare inoltre tutti gli insegnanti soprannumerari, che aspettano
quindi di essere ricollocati, quelli che vogliono cambiare ruolo o
cattedra, a cui potrebbe essere riservata una quota del 30% nella prima
fase, e quelli che, pur avendo accettato il ruolo giuridico a decorrere
dall’anno 2015-2016, per l’anno in corso sono rimasti sulla supplenza
annuale.
LE PROTESTE
Si tratta di quei docenti che, per ora, stanno garantendo la continuità
didattica, restando nella provincia e nella scuola scelta, ma dal
prossimo anno dovranno raggiungere la provincia in cui sono stati
assegnati. Spostandosi da Sud a Nord. In sostanza, è in arrivo uno
tsunami sulla scuola. I sindacati danno battaglia, soprattutto sugli
albi territoriali che vorrebbero veder slittare a data da destinarsi:
«Vanno aboliti perché creano condizionamenti nella libertà di
insegnamento – sottolinea Pino Turi, Uil scuola – riducono il
pluralismo culturale e creano un ulteriore appesantimento burocratico.
Raccoglieremo le firme per abolirli».
Un altro nodo riguarda il blocco triennale sui “vecchi” assunti:
«Servono condizioni di equità – continua Turi – per accedere ai
movimenti in deroga al blocco triennale sia per i passaggi di ruolo sia
per i trasferimenti all’interno della stessa provincia o
interprovinciali su tutti i posti di organico, anche quello
potenziato».
Lorena Loiacono
Il Messaggero