Questa mattina inizierà
il nuovo anno scolastico. Sarà un'esperienza importante per tanti
bambini e ragazzi. Per molti sarà il mitico primo giorno di scuola,
carico di emozioni, di entusiasmo e di angoscia. Per tanti altri, per i
quali l'esperienza si ripete da anni, si rinnoverà ancora una volta il
gusto della novità, della speranza, del giorno speciale.
Il turbinio di emozioni investe anche i maestri e i professori. Tra i
banchi ritroveranno i propri alunni lasciati pochi mesi prima, tutti
cresciuti e cambiati, e i nuovi allievi che rinvigoriranno il lavoro
dei mesi a seguire. Tra loro c'è un esercito di prof che hanno appena
festeggiato la conquista di un contratto di lavoro annuale che
consentirà loro di dire e di dirsi, ancora per altri dieci mesi: "Sono
un insegnante". In attesa che arrivi il 30 giugno, con il licenziamento
programmato e con l'autoconsegna al Centro per l'impiego. Fino al nuovo
contratto che arriverà, puntualmente, a ridosso del successivo anno
scolastico.
Per me oggi sarà un giorno speciale. Questa mattina sarebbe stata la
mia ventiseiesima volta consecutiva a dover iniziare l'anno scolastico
con il titolo di docente precario annuale. Ma sono diventato professore
di ruolo alle ore 13 del 29 agosto. Ironia della sorte, a farmi firmare
il contratto definitivo è stata una funzionaria nata nel mio stesso
paesino calabrese, e se penso che la mia prima maestra della scuola
dell'infanzia in Calabria, nei primi anni 60, fu Mariangela Tosi,
arrivata da Formigine dieci anni prima, la prima immigrata modenese in
Calabria, allora penso a un confortante disegno ultraterreno.
Ma è difficile da confortare la ferita dell'anima lasciata aperta per
25 anni. Per ora, nell'apprestarmi ad assaporare le suggestioni della
prima campanella che sentirò finalmente come la campanella della Mia
Scuola, non posso non pensare ai miei tanti, tantissimi colleghi e
compagni di sventura che attendono da dieci, da venti, da trent'anni,
di diventare insegnanti di ruolo.
Era il 9 ottobre del 1989 quando iniziai il primo anno di insegnamento
di Diritto, Economia Politica e Scienza delle Finanze all'Itc Luosi di
Mirandola. Città rimastami nel cuore e che continuai per anni a
scegliere come sede di lavoro, nonostante la disponibilità di posti
sotto casa, qui a Modena, perché a Mirandola c'erano i miei alunni e il
lavoro iniziato non si poteva interrompere. Poiché è proprio questa la
lesione più grande, quella che brucia di più sulla pelle degli
insegnanti titolari di contratti annuali: il non essere mai sicuri di
poter rispondere di sì agli alunni che chiedono: prof, sarà con noi il
prossimo anno?
Un mese dopo, il 9 novembre, sarebbe crollato il Muro di Berlino.
Quanti fatti sono successi, anche a scuola, in questo memorabile quarto
di secolo, assieme ai miei concorsi superati? Tanti, ma proprio tanti.
A migliaia di precari è stato e continua a essere affidato il compito
di coordinare classi, redigere verbali, organizzare gite e visite
d'istruzione. Molti di loro sono nominati quali referenti nei progetti
di alternanza scuola e lavoro e come responsabili del coordinamento dei
docenti di sostegno per gli alunni disabili. Hanno l'incarico di
gestire le problematiche connesse all'inserimento tumultuoso,
conflittuale e pur sempre affascinante degli alunni stranieri. È
imposto loro di fare da tutor ai docenti praticanti delle scuole e di
rivestire già da primavera di ogni anno la carica di commissario agli
esami di Stato di giugno.
Io come tanti colleghi precari ho coordinato insegnanti di ruolo nei
consigli di classe. Dunque, nessuna esigenza transitoria che, sola,
giustificherebbe sul piano normativo il ricorso ai contratti a termine,
alla "supplentite", scoperta ora anche dal nostro premier. Insomma,
nessuna differenza. Se non quella relativa alla discriminazione sul
piano dei diritti e della retribuzione. Lo stipendio sarebbe stato e
sarebbe oggi ben più sostanzioso se lo Stato non avesse fatto ricorso,
con me e con migliaia di altri colleghi, alla reiterazione scriteriata
di contratti a termine con lo scopo di lucrare sul mancato aumento di
stipendio. Quanti mutui e prestiti negati?
Ma un urlo interiore mi spinge un giorno a studiare la normativa
nazionale e comunitaria che regola il cervellotico sistema di
reclutamento dei docenti. Al termine dello studio, è il 2010, pubblico
un libro inchiesta dal titolo "Una vita da supplente. Lo sfruttamento
del lavoro precario nella scuola pubblica italiana", poi trascino il
Ministero in Tribunale per vedere risarciti i danni da reiterazione dei
contratti e ricostruita la carriera con effetto retroattivo. Alla
vittoria in giudizio, poi appellata dal Ministero (inutilmente, visto
che nelle Linee guida sulla scuola firmate da Renzi confessa gli errori
compiuti in questi decenni annunciando la propria imminente soccombenza
nel processo davanti alla Corte di Giustizia Ue) fa seguito il ruolo da
graduatoria e oggi la notizia che il libro ha contribuito all'imminente
vittoria a Lussemburgo. Ciò che costringerà il ministero ad assumere in
ruolo almeno 150.000 insegnanti precari. Ai quali da anni le famiglie
consegnano con fiducia ben riposta i propri figli al trillare della
prima campanella.
Sì, oggi entrerò a scuola dalla porta principale. What a wonderful
day...
Vincenzo Brancatisano
vi.bra@fastwebnet.it
Docente e scrittore autore del libro
"Una vita da supplente"