L'attività
bibliografica di Benedetto Croce è imponente e si svolge su
più fronti, tutti di estremo interesse. Per comodità di esposizione
possiamo utilizzare le distinzioni illustrate dallo stesso Filosofo con
le famose quattro categorie dello spirito nell'opera Logica come scienza del concetto puro
pubblicata da Laterza nel 1909 e più volte ristampata anche con
modifiche e integrazioni. Queste categorie del conoscere e dell'agire,
come si sa, sono: l'estetica e la logica da una parte,l'economia e
l'etica dall'altra. L'uomo è sempre un "uomo intero" e tuttavia ogni
attività è esplicitamente se stessa e diversa dalle altre. Ad un solo
parto nasce il sistema crociano della filosofia dello spirito, che si
perfeziona e diversifica però nei vari momenti della teoresi e
della pratica elaborati in poco più di un decennio dall'Estetica come scienza dell'espressione e
linguistica generale alla Logica
come scienza del concetto puro e dalla Filosofia della pratica alla Teoria e storia della storiografia.
Così l'attività di Croce attraversa tutte le forme in cui lo spirito si
realizza, e in ciascuna forma egli lascia una traccia indelebile,
anche se i campi prediletti dal Filosofo sono l'estetica e la
storiografia. Nessuno in Italia ha prodotto più di lui e nessuno ha
saputo meglio di lui organizzare il sapere e renderlo disponibile e
fruibile attraverso le innumerevoli iniziative editoriali, a cominciare
dalla rivista La Critica da
lui fondata nel 1903. Le sue opere non subiscono l'usura del tempo,
anche sotto il profilo della qualità della scrittura, il che non
sarebbe certamente poco in epoca di penuria stilistica e letteraria.
Non devono meravigliare le enunciazioni che potrebbero sembrare
estemporanee, e non lo sono, quelle tratte possibilmente da Conversazioni critiche o dai Discorsi di varia filosofia o
dai Primi e Ultimi saggi o dalle Pagine
sparse, che spesso si presentano come cose minori e marginali e
che invece contengono intuizioni folgoranti e di grande
efficacia teoretica e storiografica. L'anticrocianesimo più o meno
feroce non è riuscito ad intaccare un pensiero che rimane integro nelle
opere maggiori e minori, neppure con il sostegno di bieche allusioni
fondate su infamanti pregiudizi politici e scarse o incomplete
letture di testi si è riusciti a distruggere un patrimonio che
assume un notevole valore nella storia della cultura. Una nuova e
corretta ricostruzione bibliografica e storiografica può
serenamente sfatare il mito di un Croce dogmatico e ripetitivo, chiuso
nella difesa delle "quattro parole" ed incapace di evolversi e far
evolvere la cultura italiana. Le acute letture compiute in tempi
diversi da Carlo Antoni, Eugenio Garin e Gennaro Sasso potrebbero
da sole essere sufficienti a sottolineare il valore complessivo
della riflessione crociana riproposta ancora in tempi più recenti
da Giuseppe Galasso sia con il saggio Croce
e lo spirito del suo tempo (Il
Saggiatore 1990) che con la ristampa delle sue opere, a cominciare
dall'eccellente e insostituibile auto-antologia Filosofia - Poesia - Storia già
pubblicata da Ricciardi nel 1951.
L'attività di Croce, com'è noto, conquista molto rapidamente una
posizione egemone nella cultura nazionale. In poco più di un decennio,
nella prima decade del Novecento, essa diventa insostituibile
punto di riferimento in Italia, e nell'arco di un ventennio, dal
1917 al 1938, la produzione strettamente storica (Storia del regno di Napoli; Storia d'Italia
dal 1871 al 1915; Storia dell'età barocca in Italia; Storia d'Europa
nel secolo decimo nono; ecc.) contribuisce a rafforzare
l'autorità scientifica del Filosofo, che peraltro aggiunge al suo
positivo rilievo intellettuale anche quello civile. Dal 1952, anno
della sua morte, la situazione cambia velocemente e si assiste ad un
rapido declino della stessa conoscenza dell'opera crociana. Poco
frequentata e per nulla studiata, essa finisce con l'essere giudicata
improduttiva e persino pericolosa, perché ritenuta erroneamente
responsabile del ritardo culturale e scientifico del nostro Paese: "Non
è qui il caso di valutare e analizzare le influenze e i condizionamenti
che l'opera complessiva di Croce ebbe sulla cultura, anche scientifica,
italiana. Non possiamo tuttavia esimerci dal notare come ben
difficilmente si riesca a trovare in un'altra opera un repertorio così
vasto e nutrito di inesattezze, superficialità, di vere e proprie
insulsaggini per quanto riguarda la logica formalistica - come Croce la
chiama - e i vari tentativi di riformarla". Così Ludovico Geymonat si
sbarazza di Croce nella famosa(e scolastica) Storia del pensiero filosofico e scientifico
edita da Garzanti e gli attribuisce la colpa dei ritardi scientifici
dell'Italia, e non soddisfatto dell'affondo va ancora all'attacco con
immagini più dure come quelle di un Croce che ricava l'idea
dell'economicità delle scienze "avendo presente il mercato di
Pescasseroli o, a essere compiacenti, quello italiano". Inutile dire
che qui manca non solo una ragionata ed equilibrata valutazione
storiografica, ma anche ogni tentativo di ricostruzione complessiva di
un Croce colto nel moto del suo pensiero e della sua produzione
intellettuale, nelle varie fasi e nei diversi terreni d'indagine.
Da posizioni critiche come questa nasce e si sviluppa, tra la fine
degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta, un anticrocianesimo
ideologico e preconcetto, e non di rado sprezzante, ignorante e
provinciale, che ottiene l'avallo di grandi intellettuali, accanto a
quello, assai debole culturalmente, dei tanti contestatori globali oggi
rientrati nei ranghi.
Eppure bisogna ancora fare i conti con Benedetto Croce. La sua
estetica, per esempio,è un campo non del tutto esplorato. E
bisognerebbe indagarlo in modo più sistematico di quanto finora non sia
avvenuto. La storia dell'estetica crociana è lunga e molto laboriosa,
basti dire che la prima sistemazione organica delle idee estetiche
risale al 1900, cioè alla Tesi
fondamentale dell'estetica come scienza dell'espressione e linguistica
generale, ripubblicata da Sandron nel 1902 e poi in
edizione definitiva da Laterza nel 1912 con il titolo
leggermente più sintetico di Estetica
come scienza dell'espressione e linguistica generale; e
successivamente vengono alla luce il Breviario
di estetica nel 1913, i Nuovi
saggi di estetica nel 1920, la
Aestetica in nuce nel 1928 e La poesia nel 1936, per non parlare
dei tanti lavori di critica artistico-letteraria sparsi in una
molteplicità di saggi. Ma, in sostanza, l'interesse suscitato in tutto
il mondo da questa estetica contribuisce a dare all'attività di Croce
uno straordinario rilievo e una speciale autorevolezza scientifica, che
taluni critici italiani non gli vogliono riconoscere. Rimane tuttavia
indubbio che l'arte è una forma di conoscenza nella quale entrano come
in un circolo tutte le altre forme, unificate dall'intuizione e dalla
produzione creativa dell'immagine fantastica. Essa non è
mera imitazione della realtà, né mera sensazione, né puro
furore di passione, né puro concetto, bensì pura immaginazione
produttiva.: "In ogni accento di poeta,in ogni creatura della sua
fantasia, c'è tutto l'umano destino, tutte le speranze, le illusioni, i
dolori e le gioie, le grandezze e le miserie umane, il dramma intero
del reale, che diviene e cresce in perpetuo su se stesso [...] Nel
travaglio del passaggio dal sentimento immediato alla sua mediazione e
risoluzione nell'arte, dallo stato passionale allo stato contemplativo,
dal pratico desiderare, bramare e volere all'estetico conoscere, si è
allora, invece di giungere al termine del processo, rimasti a mezzo"
(B. Croce, Breviario di estetica,
Laterza 1943, p.135). L'arte non è dunque frutto di immediatezza, bensì
di mediazione dialettica che porta con sé tutto il resto della vita,
della conoscenza, del volere e del patire nuovamente percepito e
rielaborato nel fuoco sintetico della contemplazione estetica e
trasferito e rivissuto nell'immagine artistica. Riconsiderare il
carattere di totalità dell'intuizione estetica sarebbe davvero
essenziale per ridare al Filosofo ciò che gli spetta, e cioè il
suo reale contributo all'estetica.
L'arte si presenta pertanto in Croce come totalità. Essa rimane
intuizione solo a patto di essere stata intellezione e travaglio morale
e passionale, cioè in quanto ha attraversato la totalità delle forme e
si è posata sulla forma estetica che conserva il carattere della
"interezza". La "circolarità" della vita storica rende possibile e
comprensibile l'arricchimento progressivo dell'intuizione estetica, che
presuppone sempre il passaggio, la mediazione e la continuità di flusso
morale, conoscitivo ed esistenziale, senza il quale manca ciò che
riempie di contenuto l'elaborazione artistica, come è detto in un
saggio del 1917, Il carattere di
totalità dell'intuizione estetica, dove Croce sviluppa proprio
questo punto decisivo e sottolinea la "cosmicità" dell'immagine
fantastica nel suo racchiudere in sé tutto l'universo, tutto il destino
umano, tutte le speranze, le illusioni, i dolori, le grandezze e le
miserie umane, il "dramma intero del reale". E ne La poesia del 1936 egli finalmente
chiarisce che l'estetica è scienza dell'espressione, ma che non tutte
le espressioni linguistiche sono artistiche e poetiche, poiché la
poesia porta l'impronta di universalità e di totalità trasformata
in una pienezza d'immagine dalla fantasia creatrice. In tal modo
l'arte esprime l'intero contenuto della vita e della storia sub specie intuitionis e lo traduce
esteticamente in un linguaggio originale e pieno, che non può essere il
semplice e comune linguaggio della quotidianità, né tanto meno quello
della scienza, degli affari, degli affetti e dell'oratoria. Il senso
della totalità estetica fa parte, com'è facile comprendere,
dell'eredità hegeliana comune anche alla visione marxiana e lukacsiana.
Viene chiarito con tale considerazione ciò che nella prima Estetica è ancora confuso, e cioè
che non ogni intuizione o rappresentazione è necessariamente
espressione artistica e che la stessa attività intuitiva può esprimersi
in modi diversi e presentarsi senza l'alone artistico. Esistono in
effetti tanti tipi d'intuizione e ciò che si chiama arte non solo
raccoglie intuizioni più profonde, raffinate e incisive, ma anche le
esprime e le rappresenta nella singolarità e specificità della loro
forma. Viene decisamente superata l'identificazione meccanica di
intuizione ed espressione che aveva creato una difficoltà insuperabile.
Un marxismo più o meno ortodosso avrebbe potuto cogliere nello sforzo
faticoso e contraddittorio del giovane Croce il tentativo di fare
dell'arte una dimensione comune e ordinaria del genere umano,senza
ricorrere alle qualità eccezionali del "genio" di romantica memoria, e
di non accreditarle un linguaggio divino e sovramondano,
misteriosamente ispirato, bensì una forma terrestre di comunicazione.
Ma questo non si è verificato, anche se il giovane Croce è innamorato
di De Sanctis, di Herbart, di Antonio Labriola e
soprattutto di Marx ed Hegel, e del rapporto organico tra l'arte e la
vita reale, tanto da sistemare entro la sua concezione le istanze che
provengono dal materialismo storico e che gli fanno perdere di
vista la natura peculiare del fatto estetico. Solo più tardi egli
avrà una più completa cognizione dell'arte e una più adeguata e
autonoma considerazione dell'evento artistico, il quale rimarrà
fornito di una particolarità rappresentativo-espressiva di fronte a
tutte le altre e diverse attività possibili, nonostante la
"circolarità" dello spirito.
L'altro aspetto da riconsiderare in Croce è quello che riguarda la sua
teoria della storia. Questa risorge continuamente dall'ombra dei secoli
quando il nostro spirito si disponga ad interrogare il passato. La
storiografia crociana è appunto una continua interrogazione del passato
alla luce di un problema attuale:una interrogazione che sia però capace
di assegnare ai fatti il loro posto e alla comprensione il suo valore.
Senza fatti filologicamente accertati non si dà storia, come non si fa
storia senza pensiero comprensivo. Nel giudizio storico s'intrecciano
perciò alla maniera vichiana filologia e filosofia, accertamento
puntuale del fatto e comprensione profonda dello stesso. La verità
storica sta in questa sintesi di reale e razionale, di individuale
(perché individuato) e di universale (perché ragionato). Il giudizio
storico è quindi l'atto del pensare l'evento particolare, di
confermarlo e qualificarlo, cioè di comprenderlo puntualmente e
concettualmente. Percio la storia non può non essere sempre viva e
attuale, in quanto nasce da un bisogno di dare una risposta ad un
interrogativo contemporaneo che urge nella mente, di schiarire con il
pensiero fatti ed eventi che hanno un significato per colui che ricerca
ed interroga. Insomma, il passato non muore nella coscienza
storiografica, perché in esso de
nostra re agitur.
La Teoria e storia della storiografia
del 1917 presenta un carattere di decisiva e netta
preparazione metodologica della grande produzione storiografica. In
essa si chiarisce la nota contrapposizione di cronaca e storia, si
svela in tutta la sua portata il principio costitutivo della
contemporaneità della storia e si determina la natura filosofica della
storiografia, che rientra nell'attività teoretica, poiché non vi è
altra attività conoscitiva che non sia storica e teoretica allo stesso
tempo. E questo è anche il concetto crociano della filosofia come
storicismo assoluto, quale si ritrova nell'opera assai esplicativa Il carattere della filosofia moderna (Laterza,
Bari 1941). Storicistico è il pensiero crociano in quanto per esso la
realtà si identifica con la storicità che avvolge e coinvolge lo
sviluppo dello spirito nel suo concreto svolgimento e nella concreta
dialettica degli opposti e dei distinti; là dove teoria e prassi si
trovano distinti e collegati nel processo dei reciproci condizionamenti
e superamenti. Coerentemente con tale impostazione metodologica, Croce
svolge l'intensa attività storiografica per ciascuna delle quattro
forme della vita spirituale, senza escludere peraltro la storia degli
avvenimenti politici, sociali, culturali e religiosi, la cui
ricostruzione si trova nelle opere già citate e in altre di
non minore interesse scientifico, come La
rivoluzione napoletana del 1799; Storie e leggende napoletane; La
Spagna nella vita italiana durante la Rinascenza; Vite di avventure, di
fede e di passione, ecc. Che sono la concreta testimonianza di
un profondo impegno scientifico e di un approccio etico-politico
di altissimo spessore. Basterebbe rileggere con attenzione le pagine
sulla vita del calvinista marchese di Vico Galeazzo Caracciolo e
sul suo doloroso distacco da Napoli nel tempo della Controriforma per
rendersi conto della ricchezza dei temi e dei sentimenti che
circolano nelle vicende narrate da Croce.
Non è inesatto sostenere che il significato fondamentale dello
storicismo crociano consiste nella riduzione della filosofia a
momento metodologico della storiografia, presente nelle primissime
elaborazioni filosofiche e costituente una sorta di filo conduttore di
ogni successiva ricerca. La conoscenza del pensiero marxiano, tra il
1895 ed il 1900, apre nuove affascinanti prospettive che non saranno
abbandonate neppure quando viene meno la fedeltà al socialismo. Lo
studio appassionato del materialismo storico offre un canone di
ricchissima suggestione, utilissimo alla conoscenza storica proprio
perché con esso vengono riaffermati i forti legami tra storiografia e
vita reale, esattamente come avviene nei fatti estetici. La storia
reale è dunque il terreno al quale la narrazione storica deve venir
costantemente riferita, se vuol essere narrazione di fatti e non pura
riproduzione di idee o invenzione fantastica. Ne consegue che in essa
debbono poter trovare la loro radice tutti i fatti, senza
discriminazioni, la cui genesi si deve individuare all'interno di
questo mondo. La storia è dunque la narrazione del realmente accaduto
e ha un carattere schiettamente conoscitivo e problematico.
Il pensiero storico muove pertanto da un travaglio di passioni pratiche
che deve essere inevitabilmente superato nel pensiero e risolto
liberamente nel giudizio, e utilizzato nell'azione in un
circolo permanente di teoria e prassi, senza che la storia che si fa
venga confusa con quella che si pensa ex post, perché questa e solo
questa dà luogo ad una storicità teoretica che si emancipa dalla
prassi nel conseguimento della conoscenza e che può preparare la nuova
prassi senza determinarla. Ciò minaccia continuamente la purezza dello
storicismo crociano, ma si tratta del rischio inevitabile che la
"contemporaneità" della storia deve correre e alla fine uscirne
trionfante con la posizione di un pensiero critico che accetta
l'accaduto, lo scruta puntualmente, lo ricostruisce razionalmente e lo
narra liberamente, invocando la spregiudicata e incondizionata capacità
del dare forma al dramma concreto del reale e dell'esporre la verità
nella varietà e attualità contraddittoria delle situazioni umane. Qui è
presente, in tutta la sua portata, l'eredità vichiana del rapporto tra
fatto e pensiero entro un processo di comprensione che può intendere la
prassi solo in quanto è costruito sulla prassi. Ma rimane
fondamentale la distinzione tra storia come pensiero e storia come
azione (v. La storia come pensiero e
come azione, Laterza 1938).
Nessuno ha potuto superare queste considerazioni sulla storia, e
nessuno oggi può dire che la storia serve all'azione e che il suo
valore è determinato unicamente dalla sua utilità pratica. L'esperienza
ci insegna che ciò è pericoloso, anche se molti storici accademici di
scuola materialistica ci provano, perché ritengono che ogni attività
intellettuale debba avere una qualche ricaduta pratica e utilitaria o
quanto meno rappresentare la soddisfazione di un imperativo etico. Il
Croce insegna invece che la storia, indipendentemente da qualsiasi
applicazione e utilizzazione pratica, ha la sua legittimità proprio in
virtù del suo sforzo di comprensione che ci permette non una semplice
elencazione ma una intelligibilità profonda e intrinseca dei fatti
accaduti. Allora è necessario che la vera educazione storica cerchi
soltanto di formare l'attitudine a intendere le situazioni reali,
riportandole alla loro genesi e collocandole nelle loro relazioni, e
indichi nella comprensione intellettuale e nell'intelligenza critica
dei fatti l'obiettivo primario ed esclusivo della ricostruzione
storiografica.
La lunga e faticosa elaborazione teorica di Croce risulta anche dai Taccuini di lavoro sui quali egli
annota puntualmente per più di quarant'anni, dal 1906 al 1950,e cioè
fino a due anni prima della morte, il lavoro svolto quotidianamente
allo scopo di "invigilare" se stesso. Questo lavoro è prezioso per
capire l'intimo percorso crociano, ma più in generale l'opera crociana
serve a coloro che ancora nutrono interessi non faziosi e più ancora a
coloro che vogliono scoprire l'animo tormentato di un Filosofo
dall'apparente olimpicità, le cui conquiste intellettuali sono
ottenute con estrema fatica, come la stessa trasparenza classica della
scrittura levigata e lineare.
Basta rileggere, del resto, il Soliloquio
di un vecchio filosofo per avvertire tutto il tormento di
un'anima resa limpida dalla grande fatica intellettuale e dal
tentativo di chiarire tutti gli aspetti più remoti dell'esistenza
mondana ...
prof. Salvatore Ragonesi
salvatoreragonesi@hotmail.com