Mi chiamo
Andreas e da quando sono nato vengo addestrato per diventare un pezzo
della macchina da guerra che è l’esercito spartano. La mia vita
appartiene allo Stato sin dal suo inizio, sono destinato a mantenere
nel tempo la potenza della mia città insieme a tutti gli altri
abitanti, ognuno per il suo ruolo sociale, ognuno uguale a tutti gli
altri, ognuno annullato a se stesso. Lavato col vino sin dalla nascita,
non ho mai bevuto il latte di mia madre, allevato come tutti
all’oscurità, sempre uguale per tutti e per tutta la vita, il cibo che
desidero devo procurarmelo rubando furbescamente e senza farmi beccare
altrimenti verrei punito. Sono stato punito tantissime volte,
nonostante l’addestramento durissimo, a volte crudele, cui mi hanno
sottoposto fin dalla nascita, non riesco ad essere come gli altri.
Sono curioso, voglio sapere voglio imparare a scrivere e leggere, mi
piace osservare la natura, da lei ho imparato che in natura niente è
guerra, ma tutto concerta in armonia, anche la crudeltà; in natura gli
animali uccidono per nutrirsi io sono costretto ad uccidere legalmente,
una volta all’anno, altri esseri umani tenuti schiavi, a partecipare
alla spietata caccia agli Iloti indetta per eliminare i migliori
di loro, i più forti, per sventare possibili ribellioni.
Sono curioso, voglio scoprire che odore di mia madre e riconoscerlo da
lontano, distinguere il passo di mio padre da quello di mia madre,
voglio sentire il vento fra i capelli quando corro, osservo gli agnelli
appena nati negli ovili accuditi dalle loro madri e immagino di poter
essere come lui: accudito amorevolmente, cresciuto al sole ed al cibo
più tenero, coperto dal vello morbido che mi protegge dal freddo. Per
questo voglio ribellarmi, sono abbastanza adulto e preparato per
affrontare con coraggio e con la forza che onorano il mio nome, la
scelta di vivere in un modo diverso dalla violenza.
Adesso, subito diserterò la lotta e mi laverò con l’acqua della
sorgente, andrò in campagna e chiederò gentilmente agli Iloti di
mangiare con loro il formaggio di capra, dirò loro che uno spartano ha
deciso di essere un uomo libero e di essere uguale anche a loro, dirò
loro che dalla mia mano non dovranno temere, nemmeno nel giorno della
guerra, dirò loro di dire a tutti i miei fratelli che sapere di poter
scegliere un’altra vita è un sogno che può essere sognato, e che anche
questo è coraggio e forza.
Dopo dovrò lasciare la mia città e presto, non dovranno prendermi, non
dovrò farmi prendere, altrimenti sarebbe inutile il mio gesto, se
fallissi sarebbe di poco sprone ai miei fratelli proseguire per questa
via, posso farlo mi hanno addestrato alla sopravvivenza producendo
morte, ho imparato a vivere fuggendo dalla morte.
Francesca Cannavò