«La debolezza del capitale umano potrebbe spiegare una
parte significativa del gap di produttività del lavoro dell'Italia».
Nascoste tra le pieghe del rapporto della Commissione Ue sugli
squilibri macroeconomici del nostro Paese si trovano anche queste tre
righe sugli effetti dei ritardi che siamo riusciti ad accumulare sul
terreno dell'istruzione e della formazione. E che ci rendono sempre più
lontani dalle locomotive dell'economia continentale. Pochi laureati,
scarse competenze, alternanza scuola-lavoro inesistente, dispersione
scolastica alle stelle sono solo i principali sintomi del "male di
scarsa produttività" di cui soffriamo da anni. Eppure combatterla sul
serio converrebbe. Adeguandoci alle performances dei primi della classe
- sottolinea ancora il paper di Bruxelles - riusciremmo a recuperare
l'8% del Pil sul lungo periodo.
Abbandoni scolastici al top
Uno dei nostri principali problemi era e resta la dispersione
scolastica. La percentuale di giovani con età compresa tra i 18-24 anni
che non hanno completato l'istruzione superiore è stata del 17,6% nel
2012, cinque punti percentuali in più della media dell'Ue a 27. A
rendere ancora più complesso il quadro ci pensano altre due variabili.
La prima è che la maggior parte degli abbandoni si registrano nel
passaggio dalle medie alle superiori a conferma di quanto poco spazio
diamo all'orientamento degli studenti. La seconda è che possiamo
vantare degli squilibri territoriali non da poco visto. Dal 15% del
Centro-nord arriviamo infatti al 20% del Mezzogiorno, con i picchi del
25% in Sardegna e Sicilia.
Poche competenze di base
Una complicazione ulteriore è data dagli scarsi livelli di
apprendimento. Nonostante i miglioramenti certificati dagli ultimi test
Pisa dell'Ocse i nostri 15enni restano abbondantemente sotto la media
europea in lettura , in matematica e in scienze. Ma è un ritardo che
viene da lontano come dimostrano le rilevazioni Piaac, sempre
dell'Ocse, sulle competenze di base in possesso degli adulti. Basti
pensare che il 27,7% delle persone comprese nella classe d'età 16-65
anni non arriva neanche al livello minimo. Numeri che fanno dire all'Ue
che il nostro «capitale umano è inadeguato ai bisogni di una moderna
economia competitiva».
Zero alternanza scuola-lavoro
Il paper di Bruxelles conferma che l'arretratezza maggiore la scontiamo
sul fronte dell'alternanza scuola-lavoro. In Italia solo il 3,9% dei
giovani tra i 15 e 29 anni studia e lavora. Una percentuale risibile se
confrontata con il 12,9% della media Ue a 28 e soprattutto con il 22%
della Germania. Il dato si fa ancora più preoccupante se lo incrociamo
con la quantità di persone della stessa classe di età che né studia né
lavora. Da noi i cosiddetti Neet (Not in Education, Employment or
Training) sono il 23,9% del totale. A fronte del 9,3% dei tedeschi e
del 15,8% della media Ue a 28. Un gap che la Commissione europea imputa
soprattutto alla scarsa applicazione del contratto di apprendistato.
Specie di quello professionalizzante.
I laureati scarseggiano ancora
Che i laureati italiani sono ancora troppo pochi lo sappiamo da anni.
Quello che non sappiamo forse è che i nostri bassi livelli di
istruzione terziaria sono dovuti a un tasso di abbandoni universitari
che non ha eguali nell'intera area Ocse: il 55 per cento. Del
resto,numeri alla mano, arrivare alla laurea non è che convenga così
tanto da un punto di vista economico. Il maggiore ritorno in termini
salariali di un laureato rispetto a un diplomato è appena dell8,1% in
più nell'arco di un'intera vita lavorativa. Oltre cinque punti in meno
della media europea. E, tanto per cambiare, alle donne va anche peggio
visto che con la laurea riescono a guadagnare appena il 6,9% in più che
con il semplice diploma.
Eugenio Bruno
Ilsole24ore.com