Non solo in Italia
serpeggia la convinzione che la cultura in genere non dia da mangiare e
dunque sia una misteriosa entità trascurabile in ogni programma di
governo, non importa di quale colore: il Belpaese non crede nemmeno
nell'istruzione come fonte di futuro. E' l'ultimo rapporto
internazionale sul comparto formazione scolastica, Education at a
glance, a dimostrarlo, con impietosi confronti tra i 34 Paesi che fanno
parte dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.
Da anni l'OCSE raccoglie dati sui sistemi scolastici e li propone
quindi alla comunità globale come impulsi alla riflessione e ancor più
all'azione. Il Rapporto 2013 mette in luce alcuni fatti fondamentali,
esplicitando anche dati medi dei 21 Paesi che fanno parte sia dell'Ue
che dell'Ocse e quelli dei membri del G20. Il raffronto permette quindi
di intersecare un cospicuo numero di dati, che mettono nero su bianco
un'allarmante sintesi della situazione italiana rispetto al mondo
industrializzato: nel nostro Paese gli investimenti sono fermi
praticamente dal 1995, i diplomati e i laureati sono un gruppo sempre
più sparuto, gli insegnanti sono tra i peggio pagati del mondo e sono
tra i più anziani.
I tagli alla spesa
A causa della crisi globale, nell'ultimo biennio, 15 Paesi hanno
effettuato tagli alla spesa per l'istruzione. Ma solo 5 Paesi spendono
meno del 5% del PIL in istruzione: la Repubblica Ceca, l'Ungheria,
l'Italia (4,7%, con tagli del 5% tra il 2011 e il 2012 e del 7% sul
periodo 2008-2010), la Russia e la Slovacchia, fanalino di coda con
4.6%.
In Ungheria, Islanda e Italia, la diminuzione degli investimenti nella
scuola è stata maggiore della diminuzione del PIL. Nel periodo dal 1995
al 2010 l'Italia detiene in assoluto la maglia nera in fatto di
investimenti nell'istruzione. Nel 2011 la percentuale dei laureati
italiani è stata la terz'ultima in area Ocse, con il 15%: peggio hanno
fatto solo la Turchia e il Brasile. Appena prima di Spagna, Portogallo,
Brasile, Messico e Turchia, l'Italia ha anche un esiguo numero di
diplomati, il 56% nella fascia di età compresa tra i 25 e i 64 anni. In
Germania è l'86%.
Gli stipendisempre al ribasso
Per quanto riguarda i salari, l'Ungheria e l'Italia sono gli unici due
Paesi in cui per ogni studente, il costo per la PA degli stipendi degli
insegnanti è diminuito tra il 2005 e il 2011 (26% nella scuola
primaria, 25% nella secondaria).
E sono proprio le retribuzioni a rivelare dati desolanti. Nel 2011, lo
stipendio iniziale di un insegnante era pari a un lordo di 17651 euro
nella scuola dell'infanzia e primaria, e 19.028 euro nella secondaria
(Germania: 34328). Dopo 15 anni di carriera, l'Italia elargisce 21325
euro lordi nella primaria e a fine carriera 25951, mentre nella
secondaria si arriva a 23236 euro dopo 15 anni di carriera, e 28499 a
fine carriera (Spagna: 27666 dopo 15 anni e 33670 a fine carriera;
Germania: 41750 e 45531). Peggio di noi, solo la Grecia e la Slovenia.
In fatto di età, i prof italiani sono i più attempati: nel 2011, il
47,6% nella scuola primaria, il 61% nella secondaria inferiore e il
62,5% nella secondaria superiore aveva più di 50 anni.
Flavia Foradini
Ilsole24ore.com