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INVALSI: Invalsi e Valore Aggiunto: a che punto siamo? L’interesse per l’INVALSI nel decreto semplificazioni

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 Le disposizioni del governo Monti su semplificazione e sviluppo  prevedono che la partecipazione alle attività dell’INVALSI rientri nei compiti ordinari delle scuole e degli insegnanti.
Precisazione del tutto pleonastica in Paesi normali, ma a quanto pare in Italia necessaria, visto che alcune scuole  – superiori del Centro Italia soprattutto – avevano rifiutato e minacciavano di rifiutare la  collaborazione, perché avrebbe previsto attività non  previste dallo stato giuridico degli insegnanti.
Il richiamo all’INVALSI nel decreto si presenta come un segnale di interesse ovvio  da parte di un governo che tiene legami strettissimi con l’Europa, per la quale la valutazione del sistema formativo ha notevole rilevanza. Forse è anche segnale di un maggiore sostegno finanziario ad un istituto – l’INVALSI – sul quale i governi precedenti sembrano avere già applicato una fin troppo severa politica di risparmio.
I compiti dell’INVALSI per il 2012In questo contesto che compiti ha dinnanzi, per quest’anno, l’INVALSI? Li ha riassunti in un seminario di studio sul Valore Aggiunto tenutosi a Roma il 31 gennaio u.s. Roberto Ricci, responsabile del Servizio Nazionale di Valutazione:

1.consolidare la qualità delle prove,
2.costruire le scale di competenze sul modello PISA,
3.sviluppare valutazioni longitudinali (cioè nelle quali sia possibile seguire i risultati di ogni studente lungo le successive prove INVALSI e tracciarne la curva di crescita),
4.e, sulla base di queste, effettuare valutazioni di Valore Aggiunto delle scuole.
Valutazioni del Valore Aggiunto  e analisi longitudinaliBisogna ricordare che le valutazioni censuarie – cioè di tutte le scuole – sono riprese solo nel 2008-2009  dopo la pausa campionaria di Fioroni. E, sebbene l’anagrafe dello studente sia stata varata dal 2005 (con l’identificazione dello studente attraverso i dati anagrafici e  il codice fiscale), solo dal 2009 i dati del SNV vedono l’identificabilità attraverso il Codice Individuale dell’Alunno (nel rispetto quindi della normativa sulla protezione dei dati).

Ne consegue che analisi longitudinali saranno possibili solo a partire da quest’anno, con la comparazione dei dati 2009- 2010 e 2010-11.
Il seminario ha infatti messo in chiaro che analisi effettive di valore aggiunto saranno  possibili solo su questi dati.
Uso integrato di ulteriori strumenti di analisiTuttavia i ricercatori INVALSI e Banca d’Italia si sono mossi per utilizzare anche altri strumenti di analisi che, integrati con quelli di cui sopra, potranno dare un’idea più chiara di quale è effettivamente il contributo delle scuole agli apprendimenti degli alunni.
Fin qui infatti, in assenza di dati lungo più anni (longitudinali) relativi al singolo studente, si è proceduto con  analisi che prendono in considerazione i dati di uno solo o di diversi anni separatamente (cross-section). cercando di togliere, attraverso le informazioni date dalle scuole o da questionari compilati dagli alunni insieme alle prove, gli effetti sul livello degli apprendimenti di variabili che non dipendono dalle scuole.
Le variabili scelte sono quelle che generalmente le analisi internazionali hanno dimostrato essere più influenti:

1.lo status socioeconomico e culturale della famiglia ( e in aggregato della scuola) denominato ESCS (Economic, Social, Cultural Status),
2.il genere,
3.la nazionalità
4.e la regolarità negli studi.
Togliendo, con apposite strumentazioni statistiche, gli effetti di queste variabili, si ottiene un residuo che si ipotizza essere il Valore Aggiunto della scuola. In questo, che al momento rimane una scatola nera (black box), dovrebbe consistere l’effetto della scuola, fra cui preponderante l’effetto insegnante.

Valori assoluti e valore aggiunto Dalle relazioni presentate al seminario sopra citato, molto approfondite, articolate e tecnicamente complesse, si possono dedurre alcune, sia pur semplificate, conclusioni.
Le misure di Valore Aggiunto sono indispensabili per un sistema equo di valutazione delle scuole, considerata la diversa qualità del capitale umano in entrata.
Senza di esse, utilizzando solo i valori assoluti dei risultati, si rischierebbe di fare grosse ingiustizie, attribuendo indubitabilmente la palma del merito ai licei, la cui efficacia invece sarà tutta da verificare sulla base di dati.
Tuttavia, non si deve mitizzare il loro ruolo; anche i valori assoluti hanno il loro peso, soprattutto nel mondo reale, là fuori dalle mura protettive della scuola.
Anche perché sembra che, concretamente, si possa individuare con una certa sicurezza una limitata percentuale di scuole con valore aggiunto positivo o negativo, ma che la grande maggioranza delle scuole non presenti valori netti  sulla base dei quali costruire una graduatoria, né sembra che questi valori siano costanti nel tempo e stabili nei due diversi ambiti (Italiano e Matematica ) esaminati.
E perciò, per una maggioranza di scuole, si può ipotizzare che le graduatorie in valori assoluti non si discostino molto da quelle di Valore Aggiunto.
Ciò è stato verificato dalle ricerche proposte nel seminario sopra citato, ma sembra che ci si debbano aspettare risultati non molto dissimili anche dalle ricerche sui dati che riguardano i singoli alunni. La letteratura internazionale in proposito – visto che l’Italia parte su questo terreno in gran ritardo – sembra andare in questo senso.
Eppure, ai fini dell’intervento sul sistema scolastico, l’individuazione di queste “ali” è ciò che più conta, perché, studiandone le caratteristiche, si può cercare di capire cosa funziona o cosa non funziona in loro e dedurne pertanto delle indicazioni relative al sistema scolastico nel suo complesso.
Valorizza, VSQ e VALeSMa dove collocare l’utilizzo di questi risultati oltre che nei paper degli esperti ed in convegni specializzati?
Una prima risposta  sembra arrivare dalle complesse vicende relative ai due progetti sperimentali sulla valutazione degli insegnanti varati nel novembre 2010 dal ministro Gelmini: Valorizza e VSQ.
Valorizza, che ipotizzava un premio economico una tantum per gli insegnanti di una scuola che  riscuotessero “buona reputazione” fra i pari e gli studenti- famiglie, sembra essere stato definitivamente accantonato. Pare purtroppo che ciò non sia avvenuto per la evidente debolezza del suo impianto, ma per la condanna dei sindacati: una grossa delusione per chi, da un governo di tecnici, si aspettava la fine della cogestione, cioè della indebita intromissione dei sindacati anche su questo terreno.
L’altro progetto invece, ribattezzato VALeS, sembra dover proseguire. Esso prevedeva, nella versione  originaria denominata VSQ e tuttora in corso, un premio per le scuole e la distribuzione su decisione autonoma della scuola della premialità ad una limitata percentuale dei suoi insegnanti. In realtà, dunque, si tratta di una valutazione delle scuole e non degli insegnanti. La patata bollente viene girata nelle mani dei presidi senza grandi  criteri  e c’è da dire: che Dio gliela mandi buona.
Valutare i singoli insegnanti, senza carriera stabile e senza valutazione di sistema e di scuola, sulla base esclusivamente della loro attività di classe, qualunque sia lo strumento che si usi per farlo,  a partire da quello reputazionale, è opera ardua, discutibile e  di non gran resa. Aspettiamo con pazienza il momento in cui si capirà che una articolazione sensata, utile ed accettata (per quanto se ne può) del corpo docente si potrà realizzare solo attraverso un sistema organico di carriere, come dappertutto nel mondo.
Ma come c’entra il Valore Aggiunto? La graduatoria delle scuole in VSQ ed in futuro (si spera) in VALeS  viene realizzata con:

1.una percentuale di punteggio attribuita   da un team di “osservatori” sulla base della griglia di valutazione VALSIS ( Valutazione del Sistema Scolastico e delle Scuole) predisposta da Donatella Poliandri dell’INVALSI;
2.un’altra percentuale di punteggio basata sul Valore Aggiunto di ciascuna scuola, calcolato dal Servizio Nazionale di Valutazione INVALSI sulla base dei dati relativi ai risultati delle indagini di 5° elementare e di 1° media. La scelta di questi dati e perciò del livello di scuola (Istituti Comprensivi) è stata dovuta solo al fatto che, per le ragioni sovra esposte, solo in questo caso per quest’anno era possibile disporre di dati longitudinali per i singoli allievi.
Dunque un primo esperimento è in corso di  realizzazione, anche se in misura limitata al campione delle scuole del progetto VSQ, a causa dei tempi ristretti ( i dati 2010-11 si sono resi  disponibili solo nell’autunno).

 

La nuova versione ribattezzata VALeS sembra mantenere lo stesso impianto sensato, ma rischia di perdere di incisività se si punterà solo sul miglioramento, senza rendere ben chiari con punteggi i diversi valori delle scuole e senza garantire obblighi di pubblicizzazione.
Nel nostro Paese le posizioni su cosa fare di questi dati oscilla fra:

1.l’occultamento a fini esclusivi di miglioramento (è quanto successo finora; ma quante scuole hanno scaricato studiato ed utilizzato i dati?)
2.e l’ipotesi di utilizzarli a tambur battente per una politica di in/disincentivi.
Posto che la prima ipotesi è stata quella fin qui percorsa e rischia di costituire uno dei tanti esborsi immotivati del povero contribuente, c’è anche da dubitare della sicura utilità dell’altra ipotesi.

Infatti:

- Finanziare i peggiori per aiutarli a migliorare?
Ma qualcuno ha in mente la storia delle aree a rischio? da dove si cerca di non uscire per non perdere i finanziamenti… e questo non è successo solo in Italia.
- Chiudere scuole? Licenziare docenti?
Sembra essere questo un orientamento oggi concretamente percorribile nel nostro paese? Quando qualcuno agita questa bandiera, c’è da domandarsi se non lo faccia per bloccare ogni possibile miglioramento, sicuro come è di suscitare proteste scomposte e molto incisive.

L’importanza di pubblicizzare i risultatiAlla luce di quanto finora esposto,  la pubblicizzazione dei risultati sembra essere ciò che oggi è concretamente fattibile ed i cui risultati è importante osservare.
Il sistema ”Scuole in chiaro” sta già facendo dei bei passi: le scuole che lo vogliono possono esporre i loro risultati INVALSI (e magari anche PISA per quelle campionate). Le famiglie che cercano informazioni si domanderanno perché la scuola X l’ha fatto e la scuola Y no. E magari gli organi di stampa, magari delle  province, magari del Nord, si metteranno alla caccia di queste informazioni. Questo meccanismo si era già messo in moto con il Progetto Pilota dell’INVALSI dell’era Moratti.
Del resto, in tempi di ossessione sulla informazione e sulla trasparenza che colpisce financo i nostri Ministri, sembra dovuta l’informazione all’utenza della scuola, soprattutto se si potranno offrire non solo i valori assoluti del SNV, ma anche il Valore Aggiunto ed i giudizi qualitativi sul funzionamento.

Non servirà a niente? Vediamo ….
Creerà ghettizzazioni? Perché, non ci sono già e solo sulla base di rumors? E poi, il conservatorismo ed il familismo abitativo degli italiani probabilmente ne minimizzeranno i rischi.
Una mensilità in più non muove grandi passioni, in gente che ha scelto fin dall’inizio una professione non economicamente remunerativa ma che presentava altri vantaggi per la loro vocazione ed il loro stile di vita. Mentre l’ambizione di avere una buona immagine come scuola o il timore di farsi sfilare l’amata cattedra, per fuga di alunni, possono molto di più.
di Tiziana Pedrizzi  Presidente ADi Lombardia
6 febbraio 2012









Postato il Lunedì, 06 febbraio 2012 ore 14:36:05 CET di Redazione
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