In risposta all’articolo “Corsi PON , servono solo ai docenti” di Silvana La Porta
Rimango, a dir poco, esterefatta nel leggere la recente corrispondenza a “Lo dico a La Sicilia” di qualche giorno addietro, della prof.ssa Silvana La Porta (pubblicata anche sul sito “Aetnanet.org”), concernente i corsi P.O.N.
Ma resto ulteriormente basita nel considerare che chi scrive è una docente, nonché una persona che vive quotidianamente la realtà della nostra scuola, soprattutto al Sud.
Tengo a specificare che anch’io insegno da oltre vent’anni, tra precariato e servizio di ruolo, per cui la personale esperienza consente di potere dire la mia opinione sulla corrispondenza, ma soprattutto di dissentire sulle argomentazioni trattate dalla collega. Innanzitutto mi preme dire che i due fondi FSE e FESR, che hanno come ambito di riferimento le scuole del Mezzogiorno e rappresentano per tutte le scuole in causa, per i docenti ma soprattutto per gli alunni, il “treno” da prendere al volo, quel “treno” che non si ferma in tutte le stazioni ma sfreccia veloce per altre direzioni.
Soprattutto il FESR rappresenta quello che i Comuni, le Province e le Regioni non hanno mai attenzionato, a livello di risorse utili, anzi indispensabili per un apprendimento attuale e velocemente proiettato nel futuro prossimo delle nuove generazioni .
Le strutture informatiche, i laboratori linguistici o scientifici sono strutture di cui una scuola “moderna” non puo’ oggi fare a meno se non vuole vanificare ed inibire le potenzialita’ dei suoi alunni.
Tutto questo sta avvenendo grazie ai PON e le scuole del sud stanno finalmente offrendo pari opportunita’ agli alunni delle nostre regioni.
Cara collega ,ti sembra poco?
Il bla, bla, bla lasciamolo come prerogativa a quei politici che pur di sedere su ambite poltrone dei vari palazzi si sono riempite le cavità orali di false promesse e di idilliache visioni su futuristiche modalità di strutture scolastiche atte a formare geni, con grande soddisfazione e gratificazione di docenti finalmente orgogliosi del proprio lavoro……Fantascienza!
Consentimi di dissentire anche sul fatto che “arrivano tanti bei soldini” perché a tutt’oggi molte scuole hanno “visto” solo ed esclusivamente “piccoli acconti” che non hanno impedito agli insegnanti, però, di continuare a programmare e organizzare corsi pomeridiani con obiettivi di grande rilievo per la formazione ed informazione dei discenti. Non c’è stato bisogno, da parte dei docenti, di prendere “al laccio” gli alunni, né di girovagare per le strade del paese con il “flauto magico”: i ragazzi hanno frequentato e frequentano con assiduità i vari corsi proposti (addirittura, data la richiesta di iscrizione in più corsi, si è ritenuto opportuno non programmare le diverse attività nella stessa giornata).
Cara collega, insegno in un Istituto Comprensivo della zona acese che, grazie al FESR si è ritrovato con una inimmaginabile ed impensabile aula di informatica, un laboratorio scientifico completo in tutto e per tutto e con la prospettiva di attrezzare gli altri plessi ancora sprovvisti di attrezzature multimediali.-
Per quanto concerne il FSE le attività partono (anche senza soldi!): sono stati attivati laboratori linguistici di lingua italiana ed inglese, gare di eccellenza di matematica, attività di informatica e di educazione ambientale.
I ragazzi seguiti da “esperti” informatici, da insegnanti di madre lingua e da altri specialisti, stanno vivendo opportunita’ di formazione ed arricchimento personale veramente uniche !
Come vedi………attività che rafforzano il curricolo!
Non credere che la mia scuola sia “l’isola che non c’è”, esistono tante altre scuole in cui i docenti continuano a crederci ed ad attivarsi in tal senso.
Se in tutto ciò ravvisi una “prostituzione della cultura”, sappi che le prestazioni in oggetto non hanno scopo di lucro, ma solo un carattere di professionalità strettamente legato alla dignità dei docenti nel loro ruolo naturale di formatori ed educatori.
Mariella Pettinato
Istituto Comprensivo “G.M.Allegra” – SMS Valverde-Aci Bonaccorsi
RISPONDE SILVANA LA PORTA
Gentilissima Mariella,
innanzitutto preciso che il mio intervento non è stato pubblicato su Lo dico a La Sicilia, bensì sulla mia rubrica Ricreazione, in uscita su Vivere il giovedì.
In secundis voglio qui chiarire il senso del mio intervento, che credo sia stato ampiamente frainteso, probabilmente per una lettura affrettata ed emotiva delle mie parole.
Il focus della mia discussione sui Pon non era di certo la professionalità dei docenti, che è, tranne rare eccezioni che non fanno testo, indiscussa e indiscutibile: chi lavora di pomeriggio, sia egli di ruolo o precario, fa il possibile per fare bene e lo fa a prezzo di sacrifici notevoli, in particolare dopo le ore di di lezione curriculari del mattino.
Il problema non era questo. Il problema è un altro. La scuola in questi anni è stata campo di invasione di mille attività, mille progetti, mille altre cose: a scuola si fa tutto, dall’uncinetto ai corsi di computer, dall’orientamento universitario agli scacchi, dal tiro con l’arco all’arabo, lo scibile umano tutto intero vaga per le aule, ora qui ora lì, in mille pomeriggi spesi a fare altro.
Cara collega, adesso chiediamoci: con quali risultati? Se fossero stati buoni, ottimi, travolgenti, avremmo avuto alunni competenti, magari non nelle vecchie antiche discipline, ma nelle nuove tecnologie, nelle preziose lingue straniere o, chissà, in altre più utili attività necessarie alla vita nella complessa e caotica società odierna. E invece no. Gli alunni della scuola italiana pare che non sappiano fare quasi niente: non conoscono l’italiano, in matematica non ne parliamo, l’inglese lo imparano fuori dalla scuola, chissà perché. Al computer, ad eccezione di pochissimi, sanno solo giocare…
Ma allora a cosa servono queste attività aggiuntive, che li impegnano pomeriggi e pomeriggi interi, proprio a marzo, aprile, maggio, nei mesi conclusivi dell’anno scolastico?
Cara collega, la mia era la semplice denuncia di ciò che è sotto gli cocchi di tutti: un sistema perverso, che ha fatto della scuola il luogo della prostituzione della cultura, o meglio dell’alienazione della cultura: la cultura si è fatta altro da sé, si è venduta al miglior offerente, al punto da snaturarsi, al punto che non sappiamo più cosa sia. Preciso: non prostituzione dei docenti, nemmeno per scherzo, non avrei mai potuto scrivere una cosa simile, da docente quale sono.
Semplicemente mi piace chiamare le cose col loro nome, senza infingimenti e false illusioni, facendo mia la famosa frase di Prezzolini: w il pessimismo della ragione, l’ottimismo della volontà.
Torniamo dunque a dare ai ragazzi, senza la smodata ambizione che la scuola possa fare tutto, per poi non riuscire a fare niente, una semplice cosa: cultura. Che significa dare loro gli strumenti per decodificare il mondo, i famosi saperi minimi. Sapere leggere, sapere scrivere, sapere far di conto, sapere soprattutto ragionare, Così, dopo, sapranno fare tutto il resto. E i ragazzi del sud, al di là si Fesr e di Fes, saranno più forti nella società, se avranno cultura, e non se saranno intrattenuti a scuola con attività più o meno piacevoli.
I soldi canalizziamoli meglio, in modo da dare strumenti agli alunni, un possesso per sempre, la chiave di comprensione della realtà, Così, se la scuola tornerà la sana buona vecchia istituzione culturale di un tempo, se alfabetizzeremo davvero i giovani delle aree più deboli, ce la faremo.
E anche gli insegnanti non saranno le pedine che ci hanno voluto fare diventare, servi inconsapevoli di un sistema assurdo, messi lì pomeriggi interi con risultati spesso minimi…
E’ stato tutto sbagliato, cara collega. E’ tutto sbagliato. Speriamo di potere, con lucida consapevolezza, costruire un futuro migliore per l’istruzione.
Cordialità
SILVANA LA PORTA