La scuola e il risparmio di Maria Cazzella
di Vincenzo Pascuzzi
Il “risparmio di Maria Cazzella” era un modo di dire romano per deridere bonariamente un risparmio che era tale solo in apparenza e per la signora citata, ma in realtà era una sicura perdita o “remissione” appena mascherata.
Questo aforisma, o meglio faceto ossimoro, mi è venuto in mente leggendo l’articolo di Annachiara Sacchi “Scuola, escono 42 mila docenti” sul Corriere del 16.4.2009.
L’articolista fa un discorso apparentemente oggettivo ed equilibrato fra i pro e i contro alle iniziative del Miur. In realtà l’intervento risulta sbilanciato a favore del ministero se consideriamo che le voci e le iniziative contrarie sono pari al 90-95%. Solo pochissime, e interessate, le voci a favore della “riforma”, che tale assolutamente non è, e della “razionalizzazione” millantata e dai criteri sconosciuti.
Il governo come mandante - più che la ministra docile e semplice esecutrice - intende risparmiare 1.600 milioni di euro nel prossimo a.s. e perciò licenzia docenti, ata, supplenti in numero spaventoso (intorno ai 100.000) e ciò mentre aumentano gli alunni.
Chiunque capisce che la qualità già bassa dell’istruzione fornita dal nostro “sistema scuola” (ripeto “sistema scuola”: e per favore non tirate in ballo l’efficacia della didattica degli insegnanti, la loro preparazione, formazione, selezione, valutazione, “fannullaggine” come alibi o diversivo governativo o ministeriale) è destinata a diminuire proprio in proporzione all’affollamento delle classi e all’accorpamento delle scuole.
Nessuno nel governo e nel ministero si è posto il problema in termini di rapporto costi/benefici o di miglioramento della preparazione reale dei diplomati, di riduzione della dispersione e delle bocciature. Hanno considerato solo ed esclusivamente i costi come obiettivi a brevissimo termine. Purtroppo è la stessa filosofia, lo stesso approccio dei costruttori edili che “risparmiano” sulla sabbia e sul ferro.
E poi i costi sono stati ridotti solo e limitatamente nell’ambito del bilancio Miur come compartimento stagno. Il governo non si è posto minimamente il problema complessivo del costo sociale di 100.000 disoccupati (e famiglie) in più.
Lo scorso ottobre ci sono stati scioperi e manifestazioni partecipate come non mai. Governo e ministro hanno tirato dritto come se nulla fosse. Non hanno cambiato politica. Il ministro non si è dimesso (o è stato costretto a rimanere?). Alla lunga questi atteggiamenti sicuramente si pagano.
Roma, 17 aprile 2009
di Vincenzo Pascuzzi
Il “risparmio di Maria Cazzella” era un modo di dire romano per deridere bonariamente un risparmio che era tale solo in apparenza e per la signora citata, ma in realtà era una sicura perdita o “remissione” appena mascherata.
Questo aforisma, o meglio faceto ossimoro, mi è venuto in mente leggendo l’articolo di Annachiara Sacchi “Scuola, escono 42 mila docenti” sul Corriere del 16.4.2009.
L’articolista fa un discorso apparentemente oggettivo ed equilibrato fra i pro e i contro alle iniziative del Miur. In realtà l’intervento risulta sbilanciato a favore del ministero se consideriamo che le voci e le iniziative contrarie sono pari al 90-95%. Solo pochissime, e interessate, le voci a favore della “riforma”, che tale assolutamente non è, e della “razionalizzazione” millantata e dai criteri sconosciuti.
Il governo come mandante - più che la ministra docile e semplice esecutrice - intende risparmiare 1.600 milioni di euro nel prossimo a.s. e perciò licenzia docenti, ata, supplenti in numero spaventoso (intorno ai 100.000) e ciò mentre aumentano gli alunni.
Chiunque capisce che la qualità già bassa dell’istruzione fornita dal nostro “sistema scuola” (ripeto “sistema scuola”: e per favore non tirate in ballo l’efficacia della didattica degli insegnanti, la loro preparazione, formazione, selezione, valutazione, “fannullaggine” come alibi o diversivo governativo o ministeriale) è destinata a diminuire proprio in proporzione all’affollamento delle classi e all’accorpamento delle scuole.
Nessuno nel governo e nel ministero si è posto il problema in termini di rapporto costi/benefici o di miglioramento della preparazione reale dei diplomati, di riduzione della dispersione e delle bocciature. Hanno considerato solo ed esclusivamente i costi come obiettivi a brevissimo termine. Purtroppo è la stessa filosofia, lo stesso approccio dei costruttori edili che “risparmiano” sulla sabbia e sul ferro.
E poi i costi sono stati ridotti solo e limitatamente nell’ambito del bilancio Miur come compartimento stagno. Il governo non si è posto minimamente il problema complessivo del costo sociale di 100.000 disoccupati (e famiglie) in più.
Lo scorso ottobre ci sono stati scioperi e manifestazioni partecipate come non mai. Governo e ministro hanno tirato dritto come se nulla fosse. Non hanno cambiato politica. Il ministro non si è dimesso (o è stato costretto a rimanere?). Alla lunga questi atteggiamenti sicuramente si pagano.
Roma, 17 aprile 2009