Storia di un’emigrata. Trasferimento a Torino con vincolo fino al ruolo
Data: Martedì, 12 febbraio 2008 ore 15:09:09 CET
Argomento: Rassegna stampa


"Orario del lunedì 8-13... dico il lunedì. Chi fa l’orario mi odia... Vorrei essere al cinema. Invece sono qui, otto meno cinque. Adesso vado e parlo di quello che mi pare... Avrò il diritto di decidere, no? (...) l’impiegato medio se non ha voglia legge il giornale, prende il caffè, fa finta di leggere, fa finta di scrivere, fa finta di pensare. Noi no, noi mai".

La descrizione del mestiere di insegnante che Paola Mastrocola tratteggia nel suo "La gallina volante (Guanda) mostra chiaramente la natura meticcia di questa professione: un lavoro, certo, ma anche e soprattutto una missione. Senza sosta e senza riposo.

Un’attività che conferisce responsabilità importanti: quella di avere l’onere e l’onore di formare le nuove generazioni. Un compito che richiede impegno e sacrificio; non ultimo, almeno per noi siciliani, quello "emigrare" lontani da casa, dagli amici, dagli affetti tutto per inseguire il sogno di una cattedra.

Perché? "Perché al nord c’era una maggiore disponibilità di posti - spiega Olga Lamarca, supplente annuale di lettere al Liceo scientifico ’Giordano Bruno’ di Torino - almeno per quanto riguarda la mia classe di concorso. Mi sono abilitata l’anno scorso e, in concomitanza, tutti i precari (me compresa quindi) hanno (abbiamo) dovuto scegliere la provincia dove prestare servizio. Dopo accuratissimi studi, io ho scelto Torino. A mio avviso, mi avrebbe dato maggiori possibilità di essere chiamata. E così è stato.

Adesso, la strada per tornare a Catania è lunga; le nuove normative, infatti, non permettono di cambiare la provincia scelta per l’insegnamento prima dell’immissione in ruolo, a meno di non perdere il punteggio accumulato.

Insomma, per tornare, dovrò prima passare di ruolo, altrimenti questo trasferimento sarà stato inutile. Io ho scelto questa via perché mi è sembrata la più breve. A Catania, infatti, correvo il rischio di non essere chiamata e quindi di non avanzare nelle graduatorie ad esaurimento".

Olga è come Carla, la protagonista e voce narrante del libro di Paola Mastrocola che insegna lettere in un liceo di Torino. E Olga, proprio come Carla, deve confrontarsi con vicende e problemi del quotidiano.

"La vita da fuori-sede è difficile, ma piacevole. Certo, fra affitto, riscaldamento, luce e telefonino... Non resta quasi niente. Ci si mantiene appena, ma contemporaneamente conquisti autonomia. Insomma, per risollevare (con lieve intento polemico e ovvi riferimenti) una parola usata qualche tempo fa per definire la mia generazione, smetti di essere un ’bamboccione’".

Difficile essere insegnanti oggi: "Sì. Soprattutto di lettere. Ma io mi sento fortunata; insegnare l’amore per le letteratura è un privilegio. Inoltre, Torino è magnifica, piena di vita, fermento e opportunità.

Anche a scuola mi trovo bene; ci sono moltissimi progetti e sovvenzioni degli enti locali. I colleghi (e anche i miei alunni) mi hanno davvero fatta sentire accolta. Non ho vissuto tutti quei pregiudizi dei quali temevo di poter essere vittima perché sono del Sud. Anzi, mi sento perfettamente integrata e quando mi sono scontrata con qualche difficoltà, mi sono sempre venuti incontro. Anche in quelle che potrebbero sembrare banalità; per esempio tutte le burocrazie (e non solo) che la Sissis non insegna, ma che per entrare in una classe sono fondamentali. A mio avviso è un’istituzione che non funziona e che bisognerebbe cambiare".

L’insegnamento è passione e per questo, anche se a volte sembra un’impresa disperata o impossibile, chi desidera svolgere questa professione sa sacrificarsi. "Io ho un sogno, un’ambizione... Io devo riuscire a far volare una gallina", dice Carla nel libro della Mastrocola. Del resto, che cosa significa insegnare? Spiegare ai ragazzi come usare le loro ali.

CARLA CONDORELLI (da www.lasicilia.it)







Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-9957.html