"Orario del lunedì 8-13... dico il lunedì.
Chi fa l’orario mi odia... Vorrei essere al
cinema. Invece sono qui, otto meno
cinque. Adesso vado e parlo di quello
che mi pare... Avrò il diritto di decidere,
no? (...) l’impiegato medio se non
ha voglia legge il giornale, prende il
caffè, fa finta di leggere, fa finta di scrivere,
fa finta di pensare. Noi no, noi
mai".
La descrizione del mestiere di insegnante
che Paola Mastrocola tratteggia
nel suo "La gallina volante (Guanda)
mostra chiaramente la
natura meticcia di
questa professione:
un lavoro, certo, ma
anche e soprattutto
una missione. Senza
sosta e senza riposo.
Un’attività che conferisce
responsabilità
importanti: quella di
avere l’onere e l’onore
di formare le nuove
generazioni. Un compito
che richiede impegno
e sacrificio; non
ultimo, almeno per
noi siciliani, quello
"emigrare" lontani da
casa, dagli amici, dagli
affetti tutto per inseguire
il sogno di una
cattedra.
Perché?
"Perché al nord c’era
una maggiore disponibilità
di posti -
spiega Olga Lamarca, supplente annuale
di lettere al Liceo scientifico
’Giordano Bruno’ di Torino - almeno
per quanto riguarda la mia classe di
concorso. Mi sono abilitata l’anno
scorso e, in concomitanza, tutti i precari
(me compresa quindi) hanno (abbiamo)
dovuto scegliere la provincia
dove prestare servizio. Dopo accuratissimi
studi, io ho scelto Torino. A mio
avviso, mi avrebbe dato maggiori possibilità
di essere chiamata. E così è stato.
Adesso, la strada per tornare a Catania
è lunga; le nuove normative, infatti,
non permettono di cambiare la provincia
scelta per l’insegnamento prima
dell’immissione in ruolo, a meno di
non perdere il punteggio accumulato.
Insomma, per tornare, dovrò prima
passare di ruolo, altrimenti questo trasferimento
sarà stato inutile. Io ho
scelto questa via perché mi è sembrata
la più breve. A Catania, infatti, correvo
il rischio di non essere chiamata e
quindi di non avanzare nelle graduatorie
ad esaurimento".
Olga è come Carla, la protagonista e
voce narrante del libro di Paola Mastrocola
che insegna lettere in un liceo
di Torino. E Olga, proprio come Carla,
deve confrontarsi con vicende e problemi
del quotidiano.
"La vita da fuori-sede è difficile, ma
piacevole. Certo, fra affitto, riscaldamento,
luce e telefonino... Non resta
quasi niente. Ci si mantiene appena,
ma contemporaneamente conquisti
autonomia. Insomma, per risollevare
(con lieve intento polemico
e ovvi riferimenti)
una parola
usata qualche tempo
fa per definire la mia
generazione, smetti
di essere un ’bamboccione’".
Difficile essere insegnanti
oggi: "Sì. Soprattutto
di lettere.
Ma io mi sento fortunata;
insegnare l’amore
per le letteratura
è un privilegio.
Inoltre, Torino è magnifica,
piena di vita,
fermento e opportunità.
Anche a scuola
mi trovo bene; ci sono
moltissimi progetti
e sovvenzioni degli
enti locali. I colleghi
(e anche i miei alunni)
mi hanno davvero
fatta sentire accolta.
Non ho vissuto tutti quei pregiudizi dei
quali temevo di poter essere vittima
perché sono del Sud. Anzi, mi sento
perfettamente integrata e quando mi
sono scontrata con qualche difficoltà,
mi sono sempre venuti incontro. Anche
in quelle che potrebbero sembrare
banalità; per esempio tutte le burocrazie
(e non solo) che la Sissis non insegna,
ma che per entrare in una classe
sono fondamentali. A mio avviso è
un’istituzione che non funziona e che
bisognerebbe cambiare".
L’insegnamento è passione e per
questo, anche se a volte sembra un’impresa
disperata o impossibile, chi desidera
svolgere questa professione sa
sacrificarsi. "Io ho un sogno, un’ambizione...
Io devo riuscire a far volare
una gallina", dice Carla nel libro della Mastrocola. Del resto, che cosa significa
insegnare? Spiegare ai ragazzi come
usare le loro ali.
CARLA CONDORELLI (da www.lasicilia.it)