Che ne sarà dei ragazzi respinti agli esami cosiddetti di riparazione
di fine agosto? Dovranno ripetere l’anno (via
dunque il fardello dei debiti) e essere inseriti nella classe di
provenienza purché essa non superi il numero massimo di
31 alunni. E se li supera? Saranno iscritti da qualche altra
parte, a meno che, come al solito, non si decida di accettarli
comunque, sforando qualsiasi tetto.
Il Ministero, di fronte
alla spinosa questione degli organici di diritto che devono
essere conclusi in tempi accettabili per consentire con
regolarità l’avvio del nuovo anno scolastico, ha preferito
forzare ulteriormente il numero di alunni per classe, in modo
che l’organico di fatto possa avere il suo normale iter burocratico,
dimenticando però che se l’alunno cambia corso
deve pure cambiare libri e docenti a tutto danno sempre
delle famiglie. D’altra parte le contrazioni dell’organico non
sono fatti recenti e siccome bisogna risparmiare sul bilancio
dello Stato nei meandri della scuola si trova sempre un
luogo possibile.
Stesso discorso per i corsi di recupero che
rischiano di diventare una burla, amara purtroppo, se il collegio
dei docenti non si rimbocca le maniche e sceglie
quali materie debbano essere prioritarie e a quali condizioni
avviarli di fronte a più discipline da recuperare o a fronte
di un numero considerevole di voti insufficienti.
La faccenda è dunque delicata, perché da un lato il ministro
chiede un minimo di 15 ore per materia da recuperare
ma dall’altro non assegna fondi sufficienti per pagare i
professori, per cui potrebbe essere persino possibile che le
famiglie debbano provvedere a loro spese. Questa scelta,
tanto pericolosa quanto scelleratissima, creerebbe disparità
di trattamento non solo in riferimento all’alunno interessato
ma anche alla disciplina; ma creerebbe pure un bel
grattacapo al docente che ha il compito di esaminare il candidato,
diviso fra il rigore professionale e la consapevolezza
della inefficienza della scuola. E non solo. Ma se le famiglie
non vengono informate in tempo, correttamente e
compiutamente, ci potrebbero essere gli estremi dell’omissione
di atti di ufficio del dirigente responsabile, visto che
la bocciatura implica ulteriori spese per la formazione dei
ragazzi. E lo stesso dicasi nel caso in cui si costringono le famiglie
a pagarsi la ripetizione privata anche se, per ristrettezze
economiche, non possono farlo oppure anche
non vogliono, considerato ancora che fino a 16 anni vige
l’obbligo di istruzione e tutti i cittadini hanno pari dignità.
Una scuola dunque che non ottemperi con precisione ai
dettami, oltre che del Ministero, anche di una pressione
morale e legale, è una Istituzione raffazzonata. Chi pensa
dunque alla scuola come luogo di ordine e di tranquillità
deve essere smentito perché le procedure sono trattate per
lo più alla buona, secondo un andazzo che fa spesso leva
sulla non partecipazione delle famiglie e sulla assenza di
controllo democratico da parte dei professori quasi sempre
lasciati soli a sbrigarsela con le incombenze anche le più
delicate. Come questa, benché sia una mina navigante relativamente
ai debiti pregressi e al sostegno che dovrebbero
scattare al termine del primo quadrimestre.
Se si guarda
a quell’altra che il Ministero ha innescato a conclusione
dell’anno non c’è da stare allegri. E’ fatto noto ormai che
tantissime scuole hanno fatto sapere, con delibere collegiali,
che ad agosto non si possono effettuare recuperi, e non
solo perché i professori escono per lo più dagli esami di stato
che possono includere anche tutto luglio, ma anche
perché l’ordinanza stessa sarebbe illegittima in quanto il
decreto legislativo del 1994 dispone che «le attività didattiche,
comprensive anche degli scrutini ed esami, si svolgono
nel periodo compreso tra il primo settembre e il 30 giugno». E siccome l’attività di recupero è didattica a tutti gli
effetti, ci sarebbe una violazione di legge. Che accadrà?
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)