LA STRADA CHE PORTA I GIOVANI ALLA POESIA
Data: Domenica, 10 febbraio 2008 ore 15:37:09 CET
Argomento: Rassegna stampa


il vento è un'aspra voce che ammonisce
per noi stuolo che a volte trova pace
e asilo sopra questi rami secchi.
E la schiera ripiglia il triste volo,
migra nel cuore dei monti, viola
scavato nel viola inesauribile,
miniera senza fondo dello spazio.
Il volo è lento, penetra a fatica
nell'azzurro che s'apre oltre l'azzurro,
nel tempo ch'è di là dal tempo; alcuni
mandano grida acute che precipitano
e nessuna parete ripercuote.
Che ci somiglia è il moto delle cime
nell'ora - quasi non si può pensare
né dire - quando su steli invisibili
tutt'intorno una primavera strana
fiorisce in nuvole rade che il vento
pasce in un cielo o umido o bruciato
e la sorte della giornata è varia,
la grandine, la pioggia, la schiarita.

Da "Onore del vero"
Uccelli
di Mario Luzi
la lunghissima vita di Mario Luzi è interamente dedicata alla composizione di un’opera multiforme e vastissima (saggistica, poesia, teatro di poesia, libri di interviste, traduzioni), che riesce a mettere in secondo piano le esigenze individuali: la vita familiare con Elena, la nascita del figlio Gianni, le amicizie (da Cristina Campo — a cui è dedicata, decine di anni dopo, una poesia di Sotto specie umana, senza tracce di un trasporto diverso — a Carlo Betocchi), l’insegnamento universitario. Solo la figura materna lascia segni evidenti nelle opere: o come figura consolatrice («non mi nega cibo né alloggio») o come ispiratrice di un senso religioso della
a lunghissima vita di Mario Luzi è interamente dedicata alla composizione di un’opera multiforme e vastissima (saggistica, poesia, teatro di poesia, libri di interviste, traduzioni), che riesce a mettere in secondo piano le esigenze individuali: la vita familiare con Elena, la nascita del figlio Gianni, le amicizie (da Cristina Campo — a cui è dedicata, decine di anni dopo, una poesia di Sotto specie umana, senza tracce di un trasporto diverso — a Carlo Betocchi), l’insegnamento universitario. Solo la figura materna lascia segni evidenti nelle opere: o come figura consolatrice («non mi nega cibo né alloggio») o come ispiratrice di un senso religioso della VITA.

Nel 1998 le poesie di Luzi sono state riunite in un volume dei Meridiani Mondadori, curato da Stefano Verdino: le raccolte edite fino a quel momento si dividono in tre sezioni (Il giusto della vita, che comprende i primi sei libri; Nell’opera del mondo, che indica i successivi quattro; Frasi nella luce nascente, che comprende le poesie del Luzi anziano, e che si può considerare il periodo ancora in fieri oggi).

Giovanni Raboni, recensendo («Corriere della Sera», 24 novembre 1998) questo lavoro di sistemazione, scrive che sono «tre parti: tre come le età fondamentali della vita, come le cantiche della Commedia, come i tempi di una sonata».

Il 20 ottobre 2004 Mario Luzi compie novant’anni. Nei giorni precedenti, riceve dal Presidente della Repubblica la nomina a Senatore a vita, anche a parziale risarcimento di un Premio Nobel mai assegnato, nonostante ripetute candidature. Ma il titolo risarcisce, soprattutto, la distanza del potere politico italiano da Luzi: «Facendo un bilancio di tanti anni, direi che non ho avuto molto. Ho ricevuto gratificazione da singole persone, che hanno espresso apprezzamento della mia poesia. Ma dall’ufficialità non ho avuto molto, neppure sul terreno pratico» (intervista redazionale, «Il Santo dei miracoli», 3, 1998).

La nomina riceve consensi aperti, ma anche voci contrarie, come quella — rispettosissima del percorso e della persona di Luzi — di Giuseppe Genna nel sito www.miserabili.com. La critica negativa tiene presente la differenza di Luzi da altre figure italiane (Montale, Ungaretti, Zanzotto) e soprattutto europee (Eliot e Pound, in particolare): non è in discussione la bellezza dei testi di Luzi — spesso di un’eleganza lancinante, quasi “saggistica” (Mengaldo) — ma l’invenzione di un nuovo immaginario e/o di una nuova lingua.

In Luzi non avviene quello che avviene in Zanzotto e in Pound: Luzi parte dal presupposto che il magma e la metamorfosi della realtà siano ugualmente dicibili, nella misura in cui la coscienza umana li coglie. Che questa coscienza sia deformabile e sofferente (come in Pound e Zanzotto, in Artaud, in Pasolini, in Testori…) e che questa deformazione sia spinta anche a deformare il linguaggio è vero, e su questo si fondano una poesia altissima e un’estetica a parte: il lettore deve sapere che il discorso di Luzi si pone su un livello non maggiore o minore, ma diverso. (M. S.)

Commentando la sua scomparsa, il 28 febbraio 2005 Dario Fo, a cui è stato attribuito quel riconoscimento che al poeta fiorentino è sempre sfuggito, ha commentato: «E' morto il Senatore, perché il Poeta resterà sempre con noi».m.allo

Nell'intervista concessa  alcuni anni addietro ,Mario Luzi ci parla del ruolo della scuola per la diffusione della poesia.



La strada che porta i giovani alla poesia


alla stanza accanto, una musica. Di un concerto trasmesso dalla televisione: ragazzi eccitati e urlanti sotto il palco di un vocalista acclamato, le sue parole a memoria. Canzoni che parlano soprattutto d’amore, di amori estivi che lasciano segni dolorosi, o moderne serenate piene di passione. In un orecchio queste canzoni, nell’altro la musica dei versi che stavo leggendo. I versi di Mario Luzi. Mi ha fatto una strana impressione pensare, ripensare a questo comune bisogno di poesia: da una parte quei giovani raccolti sotto il palco del loro divo, dall’altra me stesso, sulle pagine di Luzi. «Che mi riserva rivederti, amore, / quale viaggio t’hanno dato i venti?». Ripensando a quei versi che si trasformavano in musica, prendendo forma di canzone d’amore, ho chiesto proprio a Mario Luzi, una delle figure più importanti della poesia italiana del Novecento, da anni candidato al Premio Nobel, di parlarmi del rapporto che lega – o dovrebbe legare – i giovani alla poesia. E lui, dalla casa fiorentina di via Bellariva, con quella sua voce bassa e sottile, mi ha risposto così.
Bisogna fargliela conoscere, proporgliela, fargliela leggere, ai giovani, la poesia. Bisogna creare occasioni di scoperta e di novità. Non si può dire che, soprattutto in questi ultimi anni, non lo si faccia. Ma l’esito è comunque incerto.
D. Non è forse dalla scuola che bisognerebbe partire?
Sì, la scuola dovrebbe andare in questa direzione perché possa rappresentare il momento più importante, il momento fondamentale nella ‘iniziazione’ dei giovani alla letteratura. La poesia deve però essere presentata in maniera accattivante, in maniera simpatica, direi. Insomma bisogna saper farla amare. E non tutti gli insegnanti ci riescono
D. Eppure a volte sembra che i giovani mostrino un inconsapevole bisogno di poesia. Lo rivela il loro avvicinamento alle canzoni. Forse le parole dei cantanti hanno sostituito, nell’immaginario giovanile, quelle dei poeti?
È un sospetto e anche un indizio verosimile. Spesso il poetico di una canzone fa pensare di essere a contatto con la poesia, che è però un’altra cosa, non certo in conflitto. Questo è un tema che si è molto discusso. Io ho avuto un ripensamento su questa differenza tra poesia e canzone, non necessariamente incolmabile, riguardo a De André. Fabrizio De André è uno chansonnier, e lo è nel senso più vero: il senso in cui la poesia, il testo letterario e la musica convivono necessariamente. Una cosa non avrebbe senso senza l’altra: né la musica senza le parole, né le parole senza la musica. In questa sua realtà di chansonnier raggiunge delle invenzioni che possono essere considerate realmente interessanti ed eloquenti.
D. E lei come ha scoperto la poesia? Su un banco di scuola?
Sì, mi ricordo che nei miei anni di scuola avevo un libro, un’antologia di poeti del primo Novecento. I professori in classe non ce le hanno mai fatte leggere, anche perché non erano preparati. L’ho scoperto da me, innamorandomene. Credo che quel vecchio libro di scuola sia stato fondamentale per il mio avvicinamento alla poesia. Ecco, questo tipo di ‘incontri’ non possono essere pianificati. Sono avventure del singolo, di uno studente, che so, di un lettore per caso. Si dovrebbe forse parlare di destini segnati? Chissà. Certo è sempre possibile creare un momento propizio per l’incontro con le parole di un poeta, e accendere la scintilla.

 DA ITALIALIBRI







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