Chi ha distrutto la scuola in Italia
Data: Marted́, 29 gennaio 2008 ore 19:59:51 CET
Argomento: Opinioni


In questi giorni negli USA è uscito il 41° Rapporto CENSIS che fornisce una rappresentazione impietosa della situazione del nostro paese, anche di questi giorni è la notizia che la Spagna ha un PIL migliore del nostro, mentre il New York Times in prima pagina, durante il soggiorno del Presidente Napoletano negli USA presenta il nostro paese come vecchio e in grave declino a tutto questo fa da pendant il Rapporto PISA-OCSE, che presenta la scuola italiana si muove in grave difficoltà, per non dire in un quasi disastro.

 I dati forniti dicono che il 65% degli studenti italiani non ha saputo spiegare il perché della differenza tra il giorno e la notta, il 50,9% è risultato insufficiente nella prova di lettura e comprensione del testo, con punte del 65% al sud e nelle isole, il 35% è insufficiente in matematica e non riesce ad interpretare un grafico o una formula. Sotto accusa c’è tutto il sistema formativo del nostro paese dalle scuole elementari all’università. I ragazzi escono dalle elementari bombardati da diversi modelli, senza le basi, con gravissime lacune ortografiche e grammaticali. Sono un mistero per molti ragazzi, le nozioni più comuni di scienze e di matematica e conoscenze elementari come la lettura e il saper far di conto. Su queste basi malferme si innestano le scuole medie e i licei dove si deve procedere ad una continua attività di recupero per curare le lacune pregresse e che per questo devono muoversi sul livelli medio bassi e con lentezza nella trasmissione delle nozioni delle varie discipline. Se a questo si aggiungono gli innumerevoli progetti e le tante attività pomeridiane, le intromissioni delle famiglie e la totale scomparsa ai vari livelli di veri esami il quadro comincia a farsi completo. Prendiamo gli esami di terza media o quelli di maturità (i dati ufficiali però ci dicono il contrario gli ottimi e i centisti sono un esercito sterminato) sono una mera formalità gli esami di maturità dagli anni settanta, nonostante le varie versioni, non esistono più. Nelle ultime versioni, l’esame è un COLLOQUIO con tutte le novità introdotte (saggio breve, percorsi, test) che vanno eliminate perché nel nostro paese da diversi decenni non esiste più la meritocrazia e c’è un obbligo a promuovere tutti.

 Andiamo, poi al sistema universitario l’ultima riforma con le lauree triennali, il proliferare di corsi di laurea tra i più estemporanei possibili e nelle sedi più disperate (L’Aquila, Piazza Armerina) ha distrutto quasi quanto di buono ancora restava. Certo un’università come la statale di Roma con 200.000 iscritti era priva di senso ma altrettanto si può dire per quelle aperte anche nelle piccole città.

 In questo quadro di decadenza, certo non mancano tanti centri d’eccellenza sia nel pubblico che nel privato ma non è giusto che un paese si debba reggere sulle virtù “di tanti pochi” e non sappia invece reggersi su uno stile di vita collettivo. Ma perché e come si è arrivati a questo punto? Le colpe sono tante specialmente delle classi dirigenti che si sono succedute alla guida del nostro paese.

Demagogia, populismo, permissivismo, corruzione hanno imperversato in lungo e in largo, negli ultimi decenni l’esame di riparazione è diventato il debito formativo, per la privacy i pochi bocciati neanche si distinguono nei quadri degli scrutini, l’esame COLLOQUIO dura troppo poco tempo alla competenza si è sostituita la collegialità (chi sa di meno decide) risultato finale di tutto questo è la caduta d’iscrizioni nelle facoltà scientifiche, la crisi dell’artigianato e i giovani  bambocci. Se si vuole uscire da questo tunnel, occorre un nuovo patto educativo e politico, che si basi sulla serietà come valore trasversale mettendo fine a delle contrapposizioni manichee in cui guadagna lo spazio solo ’IGNORANZA, IL PARASSITISMO E IL BULLISMO.

Filippo Laganà  

 

 

da AKIS

 

 







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