Vitaliano Brancati nel centenario della sua nascita
Data: Sabato, 19 gennaio 2008 ore 18:11:20 CET
Argomento: Rassegna stampa


Vitaliano Brancati nel centenario della sua nascita Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Vitaliano Brancati, scrittore e giornalista, drammaturgo e sceneggiatore cinematografico.
Nato a Pachino (in provincia di Siracusa) nel 1907, Brancati è ricordato per una narrativa di stampo realista, nella quale esamina i vizi e le caratteristiche della borghesia siciliana. I suoi personaggi sono grotteschi, umoristici, a volte cupi, immobili, come bloccati da un senso di “inettitudine” e di “indifferenza”, incapaci di fare delle scelte, di agire.

Non deve infatti portare fuori strada la lettura di racconti come “Il nonno” o “Singolare avventura di Francesco Maria”.

“Ormai da Pachino non mi arrivava più nulla di lui: né un saluto, né un augurio, né una risposta alle mie cartoline illustrate […]. Quando nell’aprile del ’33, mentre io ero a Catania per un breve soggiorno presso la mia famiglia, improvvisamente egli morì”.

Il nonno, che è stato fondamentale punto di riferimento per l’infanzia di Vitaliano Brancati, diventa per lo scrittore pretesto per descrivere il suo paese natale e una persona “speciale”. Quel mondo, però, attraverso la lente d’ingrandimento del tempo che passa si trasforma. La leggerezza diventa cupezza, non più gioia di vivere ma ansia di esistere. Essere adulti equivale a perdere.

E ne “Singolare avventura di Francesco Maria” il protagonista vede crollare tutte le sue certezze (forse non proprio solide) quando scopre per caso la letteratura di D’Annunzio, là celebrata ed osannata perché diversa, nuova.

Questo il bellissimo incipit del racconto: “Pachino, intorno al Novecento, non era un grosso paese […] e tuttavia pieno di fracasso. Il vento, che esce da due mari, e perpetuamente corre le strade e rotea nella vastissima piazza, insegnava a tutti a fare il diavolo a quattro […]. Come le imposte sbattono, il gallo di ferro del campanile cigola, […] i vetri col loro tintinnio svegliano le mosche che vi dormono sopra, le tende rullano, il bucato schiocca, così le persone non sapevano dir nulla a voce bassa, e fra tutti i Siciliani che gridano eran facilmente ravvisabili perché gridavano di più”.
Non solo Pachino, non solo la Sicilia racconta la narrativa di Brancati. Da lì si raccorda a un mondo altro. Perciò l’uomo di Brancati è l’uomo contemporaneo che rivela l’amarezza della vita, il dissidio tra la realtà interiore e quella esteriore.
"Giovanni Percolla aveva quarant'anni, e viveva da dieci anni in compagnia di tre sorelle, la vita di quest'uomo era dominata dalpensiero della donna!" , dopo un periodo trascorso in Sicilia, ormai quarantenne si trasferisce a Milano dove crede (spera) di poter dare una svolta alla sua vita ma l’immobilismo del suo passato ritorna: basta un viaggio nella sua città natale per far emergere la carica negativa del suo passato e la doppiezza della maschera che è costretto ad indossare.
Aldo Piscitello, invece, è un convinto antifascista che però, per il quieto vivere, decide di fingere: “era la vita che si occupava sbadatamente di lui più che lui della vita”. Alla caduta del fascismo sarà licenziato perché squadrista. Insomma la maschera non è servita a nulla. Il dissidio tra essere e apparire non si risolve.
L’assenza di valori continua ad essere una caratteristica dei personaggi di Brancati, anche nelle opere del dopoguerra. Il gallismo brancatiano trova il suo culmine nelle contraddizioni de “Il bell’Antonio” e in “Paolo il caldo”, pubblicato postumo.
Ma particolarmente interessante è il romanzo “Gli anni perduti” ambientato a Nataca (Catania?), la prima opera matura dello scrittore. I personaggi vivono un’esistenza all’insegna della noia e del torpore. E’ come se essi stessi e le loro vite siano avvolte da una consapevolezza fatta di vuoto, di sonnolenza dilagante.
Tra satira di costume e dimensione esistenziale, tra esasperata ossessione erotica e impotenza, la narrativa di Brancati è la metafora di una classe sociale che non riesce a cambiare la realtà. Metafora sociale e metafora esistenziale di una generazione “senza qualità”.
In una ideale galleria di protagonisti della letteratura del Novecento, accanto a Zeno Cosini, a Carla e Michele de “Gli indifferenti”, a Vitangelo Moscarda e Mattia Pascal/Adriano Meis, trovano posto Giovanni Percolla del “Don Giovanni in Sicilia”, Aldo Piscitello de “Il vecchio con gli stivali", il bell’Antonio…Don Giovanni in Sicilia
Per Nino Borsellino, il Don Giovanni in Sicilia rappresenò il compiuto approdo di Brancati al comico "di ineludibile tipicità catanese"

Da Girodivite m.allo

Ricordiamo l'epos grottesco del gallismo siciliano in una delle sue opere  pù importanti



Vitaliano Brancati scrive il “Don Giovanni In Sicilia” nel 1940, durante la guerra. Il romanzo restituisce l'atmosfera di quegli anni nella Catania fascista, una città che tentava di non dar peso al conflitto imminente. Giovanni Percolla ha quarant'anni, vive segregato dal mondo con le tre sorelle che lo accudiscono e lo adorano. Con gli amici ama passare le giornate al bar fantasticando su rapporti amorosi che non osa poi concretizzare. Così i viaggi, ufficialmente fatti per lavoro, a Roma e poi in località di villeggiatura come Viareggio e Cortina, sono sempre alla ricerca di donne ed avventure. Ricordi, banali passatempi e sogni erotici scandiscono il tempo. Un giorno, però, una nobildonna, Ninetta di Marronella, gli sconvolge la vita. Dopo esser riuscito a conquistarla grazie all'aiuto di una guida "spirituale" che lo consiglia, la sposa e la segue, lontano da Catania e dalla sua routine. Giovanni diventa il capo di una grossa azienda di Milano, conosce la bella vita e tante donne. Pur essendo molto innamorato di Ninetta, la tradisce per il gusto di raccontare agli amici le sue avventure. La Sicilia, tuttavia, resta nel suo cuore e, in conflitto con se stesso, decide di tornarvi, per dormire e sognare.
Giovanni è un personaggio decadente, non sa affrontare il mondo e se ne tiene lontano grazie alle cure delle sorelle, unico rifugio dal disordine cosmico che lo circonda. Innamorato della vita, è incapace di viverla fino all'arrivo di Ninetta: non sopporta la stasi del conservatorismo né il caos del modernismo. Attraverso il suo personaggio, Brancati rappresenta la realtà della Sicilia alla metà del Novecento, tra storie di vita quotidiana ed indifferenza del regime fascista.
Grazie ad un sapiente uso dell'ironia, l'autore mette in scena le due anime del protagonista: la tendenza, tutta meridionale, alla vita tranquilla tra le proprie abitudini; l’esigenza di dare un senso alla propria vita impegnandosi nel lavoro, tipica di Milano. Entrambe convivono in Giovanni assieme ad un gallismo, leitmotiv dei romanzi di Brancati, fatto di chiacchiere e, soprattutto, di sguardi: “la storia più importante di Catania non è quella dei costumi, del commercio, degli edifici e delle rivolte, ma la storia degli sguardi. La vita della città è piena di avvenimenti, amori, insulti, solo negli sguardi che corrono fra uomini e donne; nel resto, è povera e noiosa”. Il ritratto di una Sicilia inerte, d’una povertà politica ed intellettuale che mette a nudo il vuoto della propaganda fascista.

m.allo







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