Raffaello e la loggia di Amore e Psiche alla Farnesina.
Data: Domenica, 13 gennaio 2008 ore 21:53:09 CET
Argomento: Rassegna stampa


«Sopra un'alta montagna lascia, o re, la fanciulla ornata per le nozze di abiti funerei. Non aspettarti un genero nato da stirpe mortale, ma un crudele, un feroce, un mostro viperino, che volando con le ali nel cielo dà il tormento a tutti e con ferro e con fuoco distrugge ogni cosa; che lo stesso Giove teme, di cui gli dei hanno il terrore e anche i fiumi infernali e le tenebre dello Stige.» [Apuleio, Metamorfosi]

Così risponde l'antichissimo oracolo di Apollo all'infelice padre della sventurata Psiche ,il quale aveva chiesto con preghiere e con vittime a questa potente divinità nozze e marito per la vergine negletta. Il re, sentito il sacro responso, fece ritorno a casa e riferì alla moglie i comandi del funesto oracolo.Tutta la città si dolse e la fanciulla si avviò alla rupe   destinata su in alto , in cima a un monte a strapiombo, e lì lasciarono la fanciulla sola. Psiche intanto spaurita e tremante, si struggeva in lacrime, quand'ecco, l'alito mite di Zefiro che mollemente spirava, dolcemente la sollevò  da terra e sostenendola col suo soffio leggero, giù giù lungo il pendio del monte, la depose nel cavo di una valle in grembo all'erbe e ai fiori.M.Allo

Scopriamo le motivazioni di questo affascinante mito   nelle decorazioni eseguite da Raffaello


La favola di Apuleio ricorda forse le vicende del costruttore


La Farnesina, costruita da Agostino Chigi presso la Porta Settimiana nel 1505 è nota agli intenditori per la sua loggia e per le decorazioni eseguite da Raffaello sul tema di "Amore e Psiche".
La Farnesina, villa romana di Agostino Chigi nei pressi della Porta Settimiana, costruita a partire dal 1505 e passata ai Farnese nel 1579, diventa nei primi decenni del Settecento il teatro di leggende rinascimentali che trovano la loro sintetica consacrazione nel racconto di de Broses.
Alla tradizione degli amori di Raffaello si aggiunge quella della rivalità con Michelangelo, dagli esiti assai fantasiosi, e agli occhi del dilettante tutta la decorazione, con poche eccezioni, si manifesta come un’opera di totale ispirazione raffaellesca, fino a far diventare la villa il luogo dove si possono trovare le opere più riuscite del pittore, un “amore personale, più che il Vaticano e più che Montorio”.
Prototipo e modello dell’edificio suburbano che tanta fortuna avrà nel Cinquecento romano, la Farnesina costituisce un punto di snodo fondamentale per la ricerche sull’architettura rinascimentale, sulla bottega di Raffaello, sulla diffusione di temi astrologici e sulla fortuna del fregio a soggetto mitologico nel Cinquecento.
Il nome del suo proprietario, Agostino Chigi, resta ineluttabilmente legato a quello di Raffaello. Il carattere e gli interessi del banchiere senese lo rendono un personaggio assolutamente peculiare nel panorama dell’epoca, grazie anche alla sua leggendaria ricchezza e al rilievo all’interno della corte pontificia.
È la loggia al pianterreno della villa, con le storie di Amore e Psiche, ad aver attirato una grandissima attenzione da parte degli studi: per la presenza, ancora una volta, del progetto raffaellesco, per la scelta del soggetto e la sua relazione con le vicende del committente, per il suo carattere di modello delle decorazioni profane che rivestirà nei secoli successivi, per essere stato uno dei primi luoghi oggetto di un intervento di restauro e della conseguente polemica letteraria.*
La scelta del soggetto è stata spesso collegata con le nozze celebrate nel 1519: il contrasto fra la posizione sociale di Agostino e quella della sua sposa, l’accettazione e l’imposizione del matrimonio da parte della corte pontificia, assimilabile al consenso divino antico a cui viene presentata Psiche sul soffitto della loggia, sembrano rispecchiati dalla struttura stessa del mito e dai caratteri dei protagonisti.
Poiché prima della Farnesina la favola sembra aver avuto poca diffusione nelle arti decorative se si esclude l’ambito della pittura senese, è plausibile che Agostino nutrisse una qualche familiarità con il mito grazie alle sue origini, o che, come sembra probabile se confrontato con analoghe e coeve testimonianze, la presenza di un pezzo antico molto importante, la Psiche attualmente ai Musei Capitolini, collocata nella loggia, assai precocemente chiamata galleria, abbia influito sulla scelta del soggetto. È difficile infatti non pensare che la statua di Psiche, il cui possesso doveva certamente essere motivo d’orgoglio per Chigi, insieme a quello delle altre antichità, non abbia ispirato la decorazione, come avverrà, di lì a poco, in vicine circostanze.

I giudizi più strettamente contemporanei sull’operato di Raffaello nella villa di Agostino Chigi non furono certamente molto lusinghieri. All’epoca in cui la loggia doveva essere quasi terminata, nel gennaio del 1519, un corrispondente di Michelangelo a Roma poteva esprimere il famoso commento “chosa vituperosa ad un grande maestro, peggio che l’ultima stanza del Palazo assai”. In realtà, la trasformazione degli affreschi raffaelleschi per Chigi in modello per i pittori e la loro divulgazione attraverso la stampa furono molto rapide: non solo si assiste ad una grande fortuna delle singole raffigurazioni, ma anche alla diffusione delle idee di Raffaello per la decorazione delle pareti, mai portata a termine.
Il mito di Amore e Psiche, narrato da Apuleio all’interno delle Metamorfosi, era stato inserito da Boccaccio nella Genealogiae deorum. La storia lunga e densa di particolari narrativi della bella Psiche, adorata come Venere dai suoi concittadini, per questo invisa alla dea della bellezza ma amata appassionatamente da Amore, imponeva agli artisti e ai loro committenti una scelta piuttosto drastica degli episodi da raffigurare: la concinnitas raffaellesca della loggia consiste, come è noto, nel concentrarsi su dialoghi, concili e decisioni degli dei, lasciando alle lunette e alle pareti le vicende terrestri del mito.
Le lunette al di sotto dei pennacchi ospitano una decorazione “a paesi”, che andava caratterizzando, negli anni ottanta, molte delle residenze romane, a cominciare da alcuni ambienti degli stessi palazzi pontifici. Una lunga tradizione letteraria, che si andava precisando in criterio di decorum nella seconda metà del Cinquecento, lodava la presenza, negli edifici aperti su giardino, di “favole” antiche e di paesaggi.
La Loggia di Psiche alla Farnesina è considerata, proprio per la scelta del soggetto, l’esempio codificato di come personaggi privi di illustri antenati siano ricorsi al mito antico per decorare lo spazio delle logge, a cui sommamente di addicono le rappresentazioni profane.
La loggia chigiana diventa l’esempio per eccellenza di una decorazione realizzata con “cose poetiche”, considerate l’alternativa più valida e opportuna quando non si avessero a disposizione in famiglia episodi storici di un certo rilievo, essendo i proprietari “persone che sono più industriose che illustri, il che si vede dover farsi dall’essempio di Raffaele, il quale, nella prima loggia del palagio d’Agostin Ghisi, già ricchissimo mercante, gli finse nella volta il consilio degli dei e le nozze di Psiche.

Di Elena Marocchi

m.allo







Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-9646.html