E'DAMNATIO MEMORIAE PER ALBERTO MORAVIA? I MOTIVI DI UN DIBATTITO
Data: Domenica, 06 gennaio 2008 ore 18:48:10 CET
Argomento: Redazione


 

 

 Cinque racconti romani

Cinque piccoli quadri in cui sono rappresentati gli umori e i colori di una citta' che si evolve restando sempre simile a se stessa. Immagini e personaggi descritti con simpatia e ironia. Racconti che Alberto Moravia, di cui ricorre quest'anno il centenario dalla nascita, ha scritto nel 1953 e nel 1959, che vengono ripubblicati dalla casa editrice Bompiani nel volume ''Cinque racconti romani''. L'Italia degli anni Cinquanta. Le miserie, il dinamismo, gli amori e le speranze che si consumano in una capitale ancora provinciale. Il popolo romano messo in scena in tutte le sue sfaccettature dando spazio alle sue velleita' e ai suoi desideri piu' profondi. L'umanita' indaffarata e vociante. Sono questi i temi che Moravia prendeva in considerazione nei racconti che, per dieci anni, sono apparsi sulle colonne del 'Corriere della Sera''.

''E' difficile trovare -ricorda nelle pagine introduttive Marco Lodoli- una rappresentazione della vita a Roma cosi' precisa, spietata e commovente come quella che ci ha lasciato Alberto Moravia nei suoi racconti: non c'e' nulla di piu' di quello che ci deve essere, ma quello che leggiamo risulta sempre doloroso e sorprendente''. Stretti tra la morsa del dopoguerra ed aperti alle speranze del boom economico, i romani di Moravia sono alla ricerca di emozioni nuove. Di volta in volta, vengono presentati angoli e atmosfere di Roma. Al tempo stesso, pero', vengono anche disegnati personaggi in bilico tra la poverta' e l'emancipazione sociale. I protagonisti de ''Il pupo'' sono due disperati di Tormarancia che, per liberarsi del loro bambino, girano per i quartieri centrali. Si muovono tra piazza San Pietro e piazza Venezia raggiungendo via Nazionale e il Quirinale.

Ma non e' tutto. Lo sviluppo economico offre anche nuove opportunita'. Nel racconto ''Motorizzarsi'', infatti, emerge con forza il fascino esercitato dalle prime automobili fiammanti degli anni Cinquanta. Un gruppo di giovani, nel corso di una giornata balorda, viaggia per le strade di Roma, passando dalla Magliana, da Trastevere, da Monteverde. A caccia di grandi emozioni, poi, si spingono nelle zone del Foro Italico fino alla Flaminia. Il loro lungo itinerario rappresenta, in fondo un lungo percorso nella Roma degli anni Cinquanta.
Da Adnkronos

Eccovi un dibattito sulla figura dello scrittore

 

 

 

Si è discusso, recentemente, tra studiosi, critici e scrittori d'Italia circa i motivi che sarebbero concorsi a far cadere nell'oblio la figura di Alberto Moravia ( Roma 1907- 1990) dopo soli pochi anni dalla morte. Nel dibattito sono intervenuti Alberto Arbasino, Carmen Llera Moravia, Enzo Siciliano, Dacia Maraini, Aldo Busi, Giorgio Bocca, Angelo Guglielmi, Cesare Garboli e sono emerse molte opinioni: chi ha fatto risalire le cause del fenomeno al genere della narrativa moraviana giudicato piuttosto "libertino" e per questo respinto in blocco, chi alla figura dell'autore ritenuta di tipo "presenzialista" e destinata a finire insieme alla sua vita, chi ha distinto tra lo scrittore e l'uomo, l'intellettuale e il personaggio e li ha considerati diversi nei loro destini.
Ognuna di tali spiegazioni ha la sua parte di verità in un problema che non è di facile soluzione se si tiene conto che, oltre ai chiarimenti cercati nell'opera, nell'autore o nell'uomo, altri e più ampi dovrebbero essere addotti per illustrare il fenomeno.
La prima riflessione che esso suscita è quella di un confronto tra passato e presente: mentre fino al secolo scorso e gli inizi di questo un artista o in genere un autore diveniva noto, famoso solo dopo la morte ora questa fa sì che lo si dimentichi. In verità prima la morte di un autore muoveva gli ambienti culturali a scoprire la sua opera e divulgarla visto che fino ad allora di essa si erano avute solo poche notizie e a volte confuse. Mancavano organi di stampa, mezzi di comunicazione diffusi e avidi di particolarità e novità quali quelli attuali e quanto riguardava la vita e l'opera di un artista circolava solo in ambito tanto ristretto che la sua morte finiva col rappresentare una delle notizie più importanti ed un motivo d'interesse. Ma va anche rilevato che era l'artista a scegliere di vivere lontano dai clamori del mondo ed a contatto solo con la propria opera, che rappresentava gli ideali ai quali tutto andava sacrificato, anche i rapporti con l'esterno. Vigevano, poi, criteri di valutazione così rigidi da non far ritenere arte qualunque espressione letteraria o teatrale o figurativa o musicale e da restringere il campo a poche figure.
Tale contesto oggi è venuto meno. L'ultima grande stagione in cui l'artista è vissuto ed ha operato lontano dagli altri e dal mondo si è verificata tra la fine dell' '800 ed i primi del '900 con gli autori detti decadenti. Nelle loro opere è ancora possibile riscontrare i modi e i contenuti di ciò che tradizionalmente si è inteso per arte: ricerca ed espressione di valori ideali, trascendenti, assoluti; superamento della realtà quotidiana, contingente; divisione tra materia e spirito. Gli artisti decadenti riconfermano in maniera a volte esasperata, la frattura tra vita ed arte, realtà e idea e la impersonano al punto da sacrificare ogni materia, compresa quella del proprio corpo, allo spirito artistico dal quale si sentono animati. Per l'arte si muore!
In seguito, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, l'arte si è avviata ad assumere l'aspetto di ogni altra manifestazione umana, ha perso quelle qualità particolari che la contrassegnavano insieme al suo autore e ne facevano un evento ed un uomo insoliti, rari, eccezionali oltre che misteriosi, leggendari. In una società, in una vita, in un ambiente divenuti sempre più sovraccarichi d' interessi e finalità poiché sempre più aperti verso i molti, le masse, il posto per l'eccezione è mancato e questa per poter continuare ad esistere è stata costretta ad adeguarsi, a seguire tendenze, correnti non proprie fino a confondersi con esse e vivere come esse. Spesso succede oggi che l'artista sia un personaggio pubblico e che si serva dei diffusissimi mezzi di comunicazione per mostrarsi insieme alla sua opera, che non è più animata da idealità diverse dal comune perché sempre più disposta ad assecondare le richieste di un pubblico quanto mai eterogeneo. Un' opera, un'arte che, come ogni altra manifestazione del moderno vivere, si nutre di realtà, di contingenza e che, perciò, ha accettato di modificarsi, cambiare, rinnovarsi pur in seno alla produzione di uno stesso autore. Inoltre la caduta dei vecchi canoni di valutazione non solo ha fatto sì che un autore si sentisse libero da ogni osservanza di contenuto e forma ma ha anche promosso una strana proliferazione: ci sono oggi molti autori ed infinite opere. Tra questi e queste ci saranno pure l'artista e l'opera d'arte, quelli che, come nel passato, si scopriranno dopo la morte poiché rimasti in silenzio per tutta la vita. Ma saranno casi sempre più rari giacché la suddetta situazione richiede che un autore s'immerga nella vita, attinga da questa e si proponga come uno dei suoi elementi.
Un'opera limitata a vicende, temi, problemi determinati, un autore teso ad essere più un personaggio che un uomo di pensiero, una vita legata all'opera non nel senso d'immolarsi alle sue esigenze bensì in quello di rappresentarne il sostegno, garantirne il valore ed impegnarsi per la diffusione.
Se prima si moriva per l'arte oggi si vive dell'arte!
Questa sembra essere divenuta un'attività come le altre, un mestiere, e il suo un prodotto di consumo costretto a seguire la relativa dinamica, nelle cui richieste rientrano le frequenti apparizioni dell'artista, le anticipazioni sull' opera, le dichiarazioni alla stampa.
Moravia, più di tutti, ha fatto questo: ha cercato sempre, per oltre cinquant' anni, di essere un protagonista se non il protagonista della nostra vita culturale e artistica e per questo è giunto a comporre opere molto mediocri, a diffonderle servendosi di ogni mezzo di comunicazione, a comparire spesso su giornali, riviste e in luoghi di pubblico accesso, a far parlare della sua vita privata, a mostrarsi ad ogni occasione quale interprete, commentatore, giudice dell'evento.
Ha voluto troppo dall'esterno, si è legato eccessivamente al mondo, ai suoi momenti, aspetti, fenomeni e nelle sue opere ha creduto di tradurli in motivi d'arte senza accorgersi che erano ben definiti elementi di vita e di cultura e che, come tali, sarebbero finiti con il loro traduttore.
 Da Educazione&Scuola©

m.allo







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