ALLARME ADOLESCENTI
"Non c'è scuola senza droga, possiamo solo ridurre il danno"
Il preside dell'istituto Aldini ammette: "Non esistono scuole senza droga. Presto da noi telecamere anti spaccio intorno all'edificio"
Marijuana sì. Cocaina, eroina no. «Non c’è dubbio alcuno: nelle scuole si consumano droghe leggere (cannabis, ndr), non pesanti. Negarlo sarebbe negare l’evidenza. E questo avviene in tutti gli istituti di Bologna, indipendentemente dal livello». Professionale, tecnico o liceo non fa differenza.
Stefano Mari, preside delle Aldini Valeriani Sirani, accetta di raccontare in che modo, lungo i chilometri di corridoi e anfratti dell’istituto frequentato da 1700 ragazzi di 13-18 anni, si cerchi di combattere la canna, la siringa «oppure qualunque forma di dipendenza: dall’alcol al fumo».
Molti colleghi di Mari invece hanno preferito un silenzio imbarazzato. E anonimo. «Siamo in periodo di iscrizioni e non fa bene parlare di questi argomenti». I genitori potrebbero iscrivere i figli altrove...
Professori, bidelli: tutti alle Aldini scendono in campo. Si vince la battaglia, ma si perde la guerra. «I nostri interventi educativi, dissuasivi o repressivi — rileva con duro realismo Mari — tendono solo a minimizzare il danno». E così alla fine si arriva a dire «mi preme che i ragazzi siano lucidi durante le lezioni». L’erba tra i banchi, prosegue il dirigente, «è un problema endemico, pur tuttavia minimo nella sua gravità perché compromette poco o niente la normale attività scolastica. Estirparlo al cento per cento - avverte - è un obiettivo velleitario». Ridurre. «è un concetto che vale dappertutto. Siamo abbastanza contenti se verifichiamo una presenza sporadica delle sostanze».
E’ giusto, riprende il preside dell’unica superiore di proprietà del Comune, «mettere in atto strategie per contrastare questo fenomeno, ma la sensazione è che ci sia un uso diffuso delle droghe leggere».
Marijuana in testa. «L’eroina pare non avere fascino». Almeno non tra le mura di licei o professionali visitati uno o due volte l’anno (salvo richieste specifiche di intervento) dai cani anti droga delle forze dell’ordine.
E’ una presenza «in minima parte repressiva, ha più che altro una funzione deterrente». Venendo poi nei primi giorni di lezione, gli studenti «hanno la sensazione di essere controllati».
E comunque in via Bassanelli non ci si arrende. «Docenti e collaboratori scolastici compiono ispezioni, piccole ronde in alcuni corridoi, bagni, uscite di emergenza».
All’interno le ispezioni sono continue, ma fuori? «La sensazione è che lo spaccio avvenga all’esterno». Per questo a gennaio intorno all’edificio spunterà almeno una ventina di telecamere. Mentre per quanto riguarda il piazzale antistante, «luogo di aggregazione giovanile», d’intesa anche con la polizia, «intensificheremo i controlli». E «i fomentatori di guai, di molti conosciamo nomi e cognomi, riceveranno diffide».
E i docenti? Tra qualche giorno torneranno sui banchi «per rinfrescare le loro conoscenze». Grazie al quartiere Navile, in cattedra saliranno esperti per analizzare l’intreccio tra musica, droga, stili di vita e luoghi di aggregazione.
Prevenzione, informazione e formazione è la strategia anti canna attuata dal liceo classico Minghetti. Niente repressione. Certo che ci vuole, ma non siamo poliziotti — osserva la preside, Ivana Summa —, siamo una scuola». Abbiamo un compito educativo. L’ideale sarebbe avere più risorse: insegnanti che non insegnano da impiegare esclusivamente sulle attività formative».
In ogni modo, Summa non si fa illusioni. Benché «nel nostro liceo non sia mai stata trovata droga, è inevitabile che dove ci siano ragazzi la si possa trovare». In questo senso «la scuola è a rischio. Purtroppo — rileva con tristezza la preside — la canna «è diventato un fenomeno di costume. E’ un po’ come la sigaretta. Per gli adolescenti c’è il gusto del proibito».
di Federica Gieri