TUTTI CONTRO TUTTI…….E SU TUTTO
Data: Lunedì, 31 dicembre 2007 ore 00:10:00 CET
Argomento: Opinioni


Alcuni decenni fa, ai tempi di Peppone e Don Camillo o del crollo del muro di Berlino le contrapposizioni fra i partiti avevano delle ragioni profonde che dipendevano da motivi di tipo ideologico e politico, i partiti, avevano dei modelli sociali e dei valori di riferimento, basti pensare alle diverse tradizioni storiche e politiche quali la liberale, la socialista, la cattolica e la comunista, l’azionista, ecc... che hanno dato vita alla storia civile e politica del nostro paese. Valeva la pena di lottare e di combattere per dei valori in cui ci si era formati e in cui si credeva, (giusti o sbagliati che fossero). Nel secondo dopoguerra, dal piano Marshall all’Italia del boom economico, dai governi di centro sinistra a quello del compromesso storico, dal terrorismo a tangentopoli non sono mancati nel nostro paese i momenti positivi o negativi ma c’era una specie di stella polare che guidava la vita dei partiti.

E oggi? Probabilmente non è più così. Nel parlamento, intanto, i partiti non si contano più e più il tempo passa più aumentano. Non c’è la seconda repubblica, che tanti aspettavano delusi dalla prima, c’è una lunga transizione, ancora in corso, con i vari partiti e partitini alla ricerca di visibilità e quindi di affermare il proprio peso politico. Antonio Di Pietro (IdV) minaccia le dimissioni per scalzare Clemente Mastella (UDEUR) all’occhio delle telecamere, Mastella minaccia la crisi se il governo non stralcia certe norme dal Decreto sicurezza, Giordano, (PRC) a sua volta, intima a Palazzo Chigi che se una cosa del genere dovesse succedere per Prodi sarebbe la fine alla sua Presidenza del Consiglio del Consiglio; il PCDI intanto abbandona la riunione della maggioranza alla Camera sulla finanziaria, mentre Boselli per non lasciare ad altri la bandiera della laicità dice a Prodi di non cedere alle pressioni dei cattolici (intransigenti), i quali a loro volta dichiarano come irrinunciabili le loro scelte sui problemi dell’eutanasia e della famiglia. Sull’altro fronte Berlusconi fonda un nuovo partito e in televisione Bonaiuti, portavoce di Forza Italia litiga con Fini (AN), mentre Mussi (Sinistra Democratica?) e Rutelli (Margherita) si divertono quando appena cinque minuti prima erano coinvolti in uno scontro verbale aspro dai toni accesi. Su Canale 5, dopo alcuni giorni, succede altrettanto tra Pecoraro Scanio (Verdi) e Di Liberto (PCDI), mentre Casini (UDC) e Fini (AN) avevano appena finito un loro intervento dove ognuno rivendicava la specifica identità del proprio partito e quindi la successione a Berlusconi con un Bossi (Lega Nord) che dalla lontana Bergamo arringa i sindaci leghisti del Lombardo-Veneto contro “Roma ladrona”. Ci si mette in fine pure l’ex Presidente del Consiglio Dini (Lista Dini) che durante il voto di fiducia al Governo per la finanziaria sottolinea che non farà la stessa cosa quando poi voterà per welfare se sarà toccato in qualche sua parte, dopo l’accordo tra le parti sociali. L’Italia, insomma, è diventata il paese dove ognuno dice solo no ad un altro, il paese solo delle appartenenze, dove il senso della comunità è scomparso.

Democrazia, è vero, significa PARTECIPAZIONE, ma significa anche dare una soluzione ai problemi DECIDERE. In Francia dice in una sua dichiarazione alla stampa l’ex Ragioniere Generale dello Stato Monorchio, ci sono diecimila leggi, in Italia duecentomila che s’incrociano, che si sovrappongo, che confliggono tra loro.

Se si sommano la lentezza di una burocrazia pachidermica e il conflitto permanente all’interno della “casta politica” ne esce fuori l’immagine di un paese “ripiegato su se stesso”, “dove una mucillagine sociale inclina continuamente verso il peggio”, “con una maggioranza più rassegnata che incarognita in un’inerzia diffusa senza desiderio di futuro” e “una minoranza laboriosa e intelligente che regge sulle spalle tutto il paese” (seimilioni di imprese iscritte alle Camere di Commercio).

Che aspettano, a questo punto i nostri politici a cambiare registro e a guardare solo in avanti. A Shangai costruiscono un grattacielo in un mese, in India escono ogni anno 300.000 laureati dalle facoltà scientifiche, in Irlanda, una volta una delle nazioni più sottosviluppate dell’Europa occidentale, arrivano investimenti da tutte le parti, a Dubai c’è la nuova frontiera del mondo, c’è in corso un radicale processo di TRASFORMAZIONE e non decidere mentre gli altri stati camminano o corrono diventa un aggravio economico pesantissimo che l’Italia non può consentirsi, se non vogliamo il declino irreversibile di quella che fino a poco tempo fa era la quinta potenza industriale del mondo.

Filippo Laganà da AKIS







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