UNA PRESIDE AUGURA BUONE FESTE AI SUOI ALUNNI
Data: Sabato, 29 dicembre 2007 ore 09:58:53 CET
Argomento: Opinioni


CARI RAGAZZI,
in occasione del Santo Natale vi voglio far conoscere un pezzo che a me piace moltissimo e spero che l’autore del “Trattato sulla tolleranza” possa parlare ai vostri cuori, così come è riuscito a parlare al mio. Si tratta di “PREGHIERA A DIO” di VOLTAIRE; è una parte del Trattato in cui l’appello, perché si realizzi l’ideale della tolleranza, non è più rivolto agli uomini, che non sanno ascoltare, ma, come ultimo anelito di una speranza, che si spegne davanti ai comportamenti umani, a Dio.
Leggete questo pezzo insieme ai vostri genitori, che vi aiutino a comprendere, perché forse il linguaggio non vi sarà chiaro alla prima lettura.
VOLTAIRE dice che gli uomini sono divenuti insensibili e ciechi, non credono più nei valori della vita e nel messaggio di amore e di carità che Gesù ha lasciato a noi Cristiani; restano chiusi nel loro “piccolo” mondo fatto di “povere” cose (oggi diamo più attenzione a come ci vestiamo, a cosa mangiamo, all’immagine che rimandiamo agli altri e non ai valori della vita e della morale, della giustizia e della libertà, dell’impegno civile); gli uomini sono atomi (piccoli esseri) nell’atomo dell’universo (perché lo stesso Universo è piccolo di fronte alla grandezza dei valori eterni e della stessa eternità), non vedono più oltre il loro stretto confine delle loro insignificanti cose, non vedono più oltre il loro essere monadi, chiuse, votate all’incomunicabilità.
Ma noi non siamo quegli uomini, noi abbiamo inneggiato ai diritti dei bambini nella nostra manifestazione del 12 al Rex e i bambini cui vengono assicurati i diritti, saranno uomini liberi che ameranno l’Umanità.
Quella che desidero farvi conoscere è una preghiera accorata all’Essere infinito, eterno, che è in tutte  le cose, da parte dell’Umanità cosciente di essere diversa e di credere ancora nella giustizia e nell’amore fra gli uomini, ma che sa di appartenere, suo malgrado,  a quell’altra parte del mondo che non è tollerante, a quella parte degli uomini, che sono la maggioranza, che sono artefici dei loro mali, della loro precarietà.
Voltaire chiede a Dio: È lecito a noi, infima parte dell’universo, chiedere a Te, che hai dato la vita, che hai dato tutto, ancora qualcosa? Noi che abbiamo avuto da Te il grande dono di esistere, il dono di una morale universale continuamente infranta, possiamo ancora chiederti qualcosa? Non potremmo; tuttavia, noi Ti preghiamo di ascoltarci: degnati di aver pietà della nostra natura fragile e mendace, perché i nostri errori non ci portino a spegnere questo miracolo che ogni giorno si rinnova: la vita.
Questo il profondo esordio del brano, che si apre nella seconda sequenza alla preghiera, partendo da un “mea culpa”: non ci hai donato un cuore per odiarci, ma lo facciamo; non ci hai dato le mani per sgozzarci, ma ci ammazziamo, e continuando in un lungo elenco di richieste di aiuto, Voltaire dice: fa’ che il nostro cuore, le nostre mani possano servirci per amarci, per accarezzarci, per aiutarci l’un l’altro a sopportare il peso di una vita che è penosa e breve e fugge come il viandante che passa e va…e scompare dissolto nel tempo infinito.
Fa’ che le nostre insignificanti differenze (le differenti percezioni socio-politiche-culturali), i differenti vestiti che coprono i nostri deboli corpi, le lingue inadeguate a farci comprendere, gli usi che diventano ridicoli di fronte alle Tue leggi universali, le nostre leggi imperfette perché fatte da noi esseri imperfetti, le nostre folli opinioni che pretendono di acquistare il “senso” della Verità, le nostre condizioni che ci rendono differenti, ai nostri occhi ingannevoli,  dagli altri, ma che non hanno alcun valore dinnanzi a Te, non diventino uno per l’altro segnali di odio  e motivo di persecuzione.
Con l’enumerazione  di una serie di perifrasi, Voltaire contrappone quelle parti sociali che troppo spesso entrano in conflitto per difendere quella che credono essere la loro verità, ma che è il loro potere caduco.
Fa’ o Dio universale e naturale, che i sacerdoti dei vari culti, i quali per renderti grazia e lode accendono in pieno giorno luci artificiali, tollerino coloro cui basta la sola luce del sole per adorarti; che un popolo che proclama di amarti, non odi l’altro solo perché è vestito in maniera differente; fa’ che adorarti con una lingua antica o con un gergo più moderno sia la stessa cosa, perché per te la lingua diversa non crea la differenza nei contenuti; né che profeti o predicatori credano di possedere verità assolute; fa’ che i potenti della terra, che sono potenti su poca cosa, giacché la Terra (metaforicamente) è solo un pugnetto di fango e che posseggono il vile denaro, siano felici per quello che hanno e che non si inorgogliscano per quello che considerano in maniera fallace la vera grandezza o ricchezza; e gli altri, che quel denaro non posseggono, non siano invidiosi di tutta questa grandezza, che è cosa vana, e Tu sai che non c’è nulla da invidiare o di cui inorgoglirsi, perché siamo di fronte a falsi valori.
La preghiera si chiude con un appello per la fratellanza: che tutti gli uomini si fermino un istante a pensare e che sgombrino il loro pensiero da sovrastrutture create dalla falsa morale, dai falsi bisogni, per ricordarsi della loro unica origine, per ricordare che sono tutti fratelli (ricordate: IO SONO OK, TU SEI OK): che essi condannino la tirannia religiosa, così come condannano chi ruba il frutto dell’onesto lavoro, perché togliere la libertà di pensiero è come rubare.
Dio, se noi uomini insensati, irragionevoli, non riusciamo a sfuggire alle sciagure della guerra, fa’ che almeno non ci sbraniamo in tempo di pace e fai in modo che  trascorriamo ogni istante della  vita che ci hai donato, per  ringraziarti.
Fratelli, se riuscite a fermarvi un momento, o se almeno rallentate la frenetica corsa che vi porta al vuoto più assoluto, ascoltatemi e iniziate a tollerare gli altri a partire da me che vi voglio parlare e dire la mia, così come io sarò disposta, anche se dispiaciuta, a tollerare che non mi vogliate ascoltare: al mattino quando sorgete dal vostro giaciglio e aprire gli occhi ad una nuova avventura della vita, affacciatevi un attimo e guardate il cielo, il mare o i monti o le piane che vi sono vicine o lontane, gettate uno sguardo al sole che sorge, al rosso del cielo e fate che esso v’infuochi il cuore e che lo riempia d’amore per tutto quello che state vedendo e che vedrete lungo il cammino della giornata e se il sole è già alto e non lo potete guardare, abbassate lo sguardo e pensate ancora una volta a quel sole che sta illuminando il vostro cammino, in questo nuovo giorno che vi è concesso di vivere, e amate, amate quel cielo e quel mare, quel sole e quella luce che guida il vostro passo sicuro e amate tutti quelli che godono dello stesso dono, perché non c’è nulla di più grande a ciò che ci è comune, a tutto ciò che ci circonda e che non ci costa nulla.
Pensate, sempre, che l’altro che vi sta parlando è in buona fede e che se non lo è, sicuramente, qualcuno o qualcosa lo ha indotto a quel modo di fare; tollerate ciò che non è come voi, perché la vera ricchezza sta nella differenza e che ogni tassello di questo umano mosaico è prezioso per l’opera d’arte finale, che è l’Umanità, e che nessun tassello può mancare senza inficiare l’opera stessa.
Non togliete agli altri la felicità di esistere, perché la loro esistenza è il solo motivo della vostra felicità.
Lo sapete, ragazzi, come la penso e spero condividiate che ciascuno di noi è una sfumatura di colore nell’infinita gamma di colori, che se il mondo fosse di un solo colore sarebbe monotono e orribile (pensate, tutto rosso, o nero o giallo o…..), invece ciascuno di noi è un colore perfetto che forma un arcobaleno infinito.
Quando vi sveglierete, il giorno di Natale, rivolgete una preghiera a Dio, che vi conceda il dono dell’amore e vedrete la vita vi sarà più facile e le giornate saranno più allegre e se mai vi capiterà di sentirvi soli, pensate che in qualche parte del mondo qualcuno vi pensa e vi ama, perché voi avrete dato amore. Auguri ragazzi, auguri a tutti i vostri cari.                                             
 
La vostra dirigente Maria Novelli (Istituto comprensivo G.Ungaretti Macchia di Giarre)






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