Caravaggio tra l'umano e il divino
Data: Giovedì, 20 dicembre 2007 ore 18:27:34 CET
Argomento: Comunicati


La seconda mostra si svolgerà a Trapani dal 15 Dicembre al 14 Marzo 2008 "Caravaggio. L'immagine del divino"  presso il Museo regionale  "Conte Agostino Pepoli".
Tra i grandi artisti del passato nessuno, al pari di Caravaggio, ha conosciuto negli ultimi vent´anni una pari, ossessiva attenzione da parte del pubblico e della storiografia e una parallela e continuata indagine delle opere che ne compongono il catalogo. Complici i dipinti eseguiti per le collezioni private, citati dalle fonti e di cui si è persa traccia, ma anche l´alto numero di varianti, repliche e copie, il corpus caravaggesco si è costantemente ampliato di nuove attribuzioni, retrocedendo a copie opere credute originali e promovendo a originali tele d´improvviso recuperate dal mercato antiquario. Ogni volte con polemiche e dubbi che hanno ulteriormente ingarbugliato una matassa critica simile ormai a un rompicapo.
La mostra inaugurata nei giorni scorsi al Museo Pepoli di Trapani, Caravaggio e l´immagine del divino, muove proprio da uno di questi ritrovamenti: una seconda versione de I bari (l´altra si trova presso l´Art Kimbell Museum) scoperta da sir Denis Mahon (curatore della mostra con l´ausilio di Maurizio Marini), grande specialista del pittore lombardo e del Seicento italiano, ed esposta in questa occasione per la prima volta in Italia in attesa di raggiungere il Museo di Oxford. La datazione è intorno al 1594, quando il Merisi aveva già iniziato a spogliare i soggetti quotidiani propri della pittura di genere e diffusi in Italia dagli artisti fiamminghi investendoli di una diversa funzione morale che isolava in spazi neutri e sapientemente illuminati da una luce chiara gesti e personaggi. Come nelle due versioni pressoché coeve della Buona ventura (al Louvre e ai Musei Capitolini: e sulla seconda rimangono ancora dubbi sulla autografia) gli episodi attinti alla vita di strada - giovani ingenui, zingare, lestofanti - diventano emblemi ammonitori, in attesa del grande dramma sacro che Caravaggio comincerà a mettere in scena a Roma alla fine del decennio. Confermata anche da pareri autorevoli come quelli di Mina Gregori e dello stesso Marini, l´autenticità de I bari pone comunque interrogativi sulle differenze delle due versioni e sulla loro sequenza. La querelle, come spesso in questi casi, si annuncia lunga.
Approntata in tempi rapidi, la tappa trapanese della mostra proveniente da Malta serve anche a celebrare i quattrocento anni del soggiorno di Caravaggio in Sicilia, che ricorrono nel 2008: era infatti l´autunno del 1608 quando l´artista fuggiasco da Malta sbarcò a Siracusa, per passare poi a Messina e (probabilmente) a Palermo, da dove sarebbe ripartito ancora alla volta di Napoli. Un passaggio rapido di pochi mesi, intriso - lo raccontano i testimoni - dell´ansia cupa e disperata provocata dal bando capitale emesso nei suoi confronti dopo l´omicidio romano di Ranuccio Tomassoni, nel 1606, che lo avrebbe costretto a un peregrinare concluso soltanto dalla morte a Porto Ercole nel 1610; e che in pari tempo avrebbe illuminato la sua pittura di bagliori più sordi e bassi, invadendo i grandi spazi dell´azione scenica di un silenzio disperato, definitivo. Tra la grande Decollazione del Battista di Malta (non in mostra) e i due dipinti messinesi - l´Adorazione dei pastori e la Resurrezione di Lazzaro - provenienti dal museo siciliano (ma quante volte prestati e trasferiti!) si consuma così l´altissima parabola finale del maestro lombardo: con l´ombra densa che risucchia e assorbe i filamenti di luce che ancora svelano il mistero con cui l´evento sacro appare nel tempo quotidiano degli uomini, e quel gesticolare convulso o pudico con cui ognuno è chiamato a svolgere il suo ruolo, a interpretare la sua parte.
Grande teatro, quello di Caravaggio, soprattutto nelle pale d´altare dove più esplicito e necessario era il compito didascalico che invece la composizione a mezze figure, per le dimensioni minori delle opere per collezioni private, smussava leggermente. La mostra trapanese raduna, oltre a quelli già citati, altri undici dipinti provenienti da musei e raccolte private non soltanto italiani, riproponendo ancora una volta non soltanto, per linee comunque molto generali, l´itinerario del pittore ma anche, indirettamente, la questione del suo metodo e della sua fortuna, e di quell´intreccio di copie, varianti e repliche di cui si diceva all´inizio che se da un lato dimostra la copiosità delle richieste dall´altro apre una serie irrisolta di questioni. Tra le opere esposte, alcune hanno infatti un dossier critico frastagliato. È il caso per esempio del Sacrificio di Isacco, con quell´intenso gioco gestuale delle mani di Abramo e dell´angelo che trattengono a viva a forza le due vittime designate, l´ariete e il fanciullo; del San Francesco in meditazione di Carpineto Romano, realizzato nel 1606 durante il soggiorno nel feudo dei Principi Colonna nei primi mesi seguiti alla fuga, di cui esistono due versioni simili ma non identiche; della Estasi di San Francesco proveniente da Udine che Roberto Longhi considerava una buona copia dell´opera custodita al Wadsworth Atheneum di Hartford; e della stessa Maddalena in estasi, più volte ricopiata, che nella posa col capo rovesciato, gli occhi socchiusi e la bocca semiaperta, rinnova radicalmente il motivo mistico imbevendolo di una evidenza terrena con cui fa il paio un altro San Francesco proveniente da Cremona, accovacciato per terra in segno di umiltà. E non è certo casuale che tutte queste figure in meditazione sulla morte ritornino così di frequente nella produzione degli ultimi, fatali anni: come un presentimento più che un esorcismo, ugualmente scandito dalle teste spiccate delle diverse versioni di David e Golia o (tra i dipinti esposti) da un´altra decapitazione realizzata durante uno dei soggiorni napoletani, quella di San Gennaro.
La mostra, realizzata da RomArtificio, in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano ed il Consorzio Universitario della Provincia di Trapani e la Regione, resta aperta sino al 14 marzo. Si può visitare tutti i giorni dalle 10 alle 19 (lunedì chiuso, ingresso otto euro).

 


Da Patrimoniosos.it

 

m.allo







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