Senza di lui non ci sarebbero né computer portatili
né telefonini, e guarderemmo la televisione su
apparecchi enormi che una volta accesi si devono
scaldare prima di funzionare. Il transistor, l’invenzione
che ha cambiato la storia della tecnologia,
compie sessant’anni, ma è ancora vivo e vegeto
e presente nelle nostre vite.
«Questo piccolo dispositivo riesce a fare l’operazione
alla base della logica con cui funziona l’elettronica,
cioè a dire è in grado di trasmettere l’informazione
«sì o no», o 0 e 1. Senza di esso il computer
semplicemente non esisterebbe», spiega Pier
Stanislao Paolucci, dell’Istituto Nazionale di Fisica
Nucleare (Infn).
Il primo transistor della storia ha visto la luce nei
laboratori americani Bell il 16 dicembre 1947, grazie
a Walter Brattain, un ricercatore premiato nove
anni più tardi dal Nobel per la sua scoperta insieme
con William Shockley e John Bardeen. Il suo
gioiellino, grande quanto il palmo di una mano,
era fatto di silicio e germanio su una base di plastica.
«La cosa curiosa è che in sessant’anni non è
cambiato molto - spiega il ricercatore - la fisica di
base è rimasta la stessa, e in fondo anche il materiale
utilizzato. Solo che adesso riusciamo a produrne
di molto più piccoli, e in un centimetro
quadrato riusciamo a metterne fino a centinaia di
milioni in grado di lavorare insieme».
Dopo la sua nascita, il transistor ha dovuto attendere
sei anni prima di essere incorporato in un dispositivo
elettronico, l’apparecchio acustico Sonotone
1010. La prima radio a transistor, che sostituiva
quella molto più ingombrante che utilizzava i
«tubi a gas», fu immessa sul mercato l’anno dopo
al costo di 50 dollari. Nel 1965 dal futuro fondatore
della Intel venne la cosiddetta «legge di Moore»,
secondo cui il numero di transistor in un singolo
processore è destinato a raddoppiare ogni 12 mesi.
C’erano i transistor anche a mandare avanti il
primo telefonino, nato nel 1983.
Al giorno d’oggi il chip più avanzato è il Penryn
della Intel, che in 45 milionesimi di millimetro
ospita 820 milioni di transistor. Secondo la casa
americana, ogni anno dieci quintilioni (un 1 seguito
da 19 zeri) di transistor vengono immessi sul
mercato.
«La legge di Moore è valida ancora oggi - spiega
Paolucci - anche se si pensa che questo sia l’ultimo
decennio in cui si riuscirà a fabbricare transistor
sempre più piccoli. Dopo si dovrà passare a qualcosa
di diverso, non utilizzando più il silicio, o lavorando
direttamente a livello di singoli elettroni».
In attesa dei sostituti dei transistor, proprio dai laboratori
dell’Infn è uscito un modo per «aggirare»
la legge di Moore, almeno per ora: «il nostro gruppo
di ricerca - ha detto Paolucci - ha elaborato
un’architettura particolare per il computer che
permette di far lavorare insieme migliaia di processori,
facendo fare un salto in avanti di dieci anni
rispetto alla potenza di calcolo del singolo processore.
Adesso stiamo lavorando ad un progetto europeo,
chiamato Shapes, per creare un supercomputer:
noi italiani mettiamo l’hardware, mentre i
migliori centri europei elaborano il software necessario
a farlo funzionare».
R. B. (da www.lasicilia.it)