«PREMI» AI DOCENTI, QUALCHE PROPOSTA
Data: Lunedì, 10 dicembre 2007 ore 00:58:32 CET
Argomento: Rassegna stampa


I nostri alunni, secondo il terzo rapporto del prestigioso Ocse-Pisa (Progress in International Reading) 2006, sono tra i più somari dei 57 paesi più importanti del mondo e comunque i più ignoranti fra le Nazioni del G7, che è un primato, non invidiabile, ma sempre un primato è. Qualche esperto tuttavia si esercita a estrapolare dati e a esaminare percentuali ma il prodotto è uguale: al 33° posto per competenze di lettura, al 36° per cultura scientifica, al 38° per la matematica e soprattutto peggio rispetto alle rilevazioni del 2000 e del 2003.

Panini, della Cgil-scuola, grida alla concertazione fra gli addetti alla conoscenza per conoscere perché i ragazzi non conoscano anche se appare strano che lui stesso conosca solo ora. Il ministro Fioroni invece rivendica le sue decisioni in merito agli esami di stato e di riparazione, ribattendo sempre lo stesso ferro: rigore e serietà. Da qualche tempo però sta incominciando pure ad accennare al riconoscimento del merito ai docenti, con un premio che nelle industrie chiamano di produzione ma che a scuola non sapremmo come nominare anche perché in classe si producono parole. E la produzione di parole non è quantificabile anche se si interpellasse chi le subisce proprio perché i soggetti (gli alunni) oggetto delle parole (quelle dei professori) non sono attendibili essendo minorenni e quindi oggetto di plagi di tutti i colori.

Fare inoltre test per sondare i livelli di preparazione, tipo Invalsi, fra le varie scuole risulta velleitario perché: a) una scuola di periferia è sempre più penalizzata da un’altra del centro; b) i test sono oggetto di manipolazione, come succede nei migliori concorsi; c) in ogni caso si premierebbe la scuola o l’intero consiglio di classe e non il singolo docente. E allora come fare? Lanciamo una proposta.

Primo merito: distinguere fra docenti con materie scritte e no. Un docente con trenta compiti di latino o di temi di italiano da correggere per quattro volte a quadrimestre dovrebbe avere quantomeno un riconoscimento, per il semplice fatto che lascia sul tavolo almeno 30 minuti a compito.

Secondo: le scuole di frontiera. Insegnare in un liceo di un quartiere bene è più semplice di un altro dello Hinterland e per motivi banalmente intuibili, a parte il rischio bullismo e dispersione.

Terzo: le assenze. Terreno delicato ma accade pure che alcuni docenti con il doppio lavoro si facciano vedere molto meno in classe dei loro colleghi.

Quarto: numero di alunni per classe e presenza di disabili. E’ ingeneroso pagare allo stesso modo chi ha pochi alunni e chi ne deve affrontare trenta e magari con più di un alunno in difficoltà.

Nelle grandi linee queste potrebbero essere misure rinnovabili e verificabili periodicamente a cui si potrebbero aggiungere particolari incentivazioni come la partecipazione a corsi di aggiornamento con esami finali e obbligo certificato di presenza, pubblicazioni su riveste autorevoli sia di didattica e sia della disciplina che si insegna proprio per stimolare la ricerca e l’emulazione anche fra professori.

Sicuramente chi sceglie di impegnarsi nelle funzioni strumentali, nel sindacato (soprattutto quando si ha il distacco) o nella collaborazione della presidenza dovrebbe essere automaticamente escluso dal merito perché già percepisce un incentivo. Diverso è il discorso sulla carriera verso la quale una proposta della passata commissione cultura della Camera ebbe un singolare equilibrio: corsi/concorsi universitari per accedere alle varie funzioni di coordinatore, obbiettivo, collaboratore del preside e pure a preside. Ma le università sarebbero in grado di assumersi questo compito? Stabilire tuttavia parametri meritocratici è sempre più richiesto dai docenti che si stanno incominciando a seccare di vedere tutti con lo stesso balzello a fine mese e a prescindere dai soloni di Confindustria più avvezzi ai paparazzi che alle fatiche d’ogni giorno. Rimane sul tappeto (al di là delle proteste dell’Anp) il merito da attribuire ai presidi: chi libera i professori dai dirigenti neghittosi e soprattutto impreparati?

PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)







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