REAZIONI ALLA NOTA DELL’ASAS. Pastrani (Andis): «La polemica non può essere affrontata in modo semplicistico» «Difficile la chiusura delle scuole
Data: Domenica, 09 dicembre 2007 ore 01:58:24 CET
Argomento: Opinioni


Numerose le discussioni apertesi dopo la nota dell’Asas (associazione scuole autonome) riguardante le disfunzioni della scuola. Sembra che le repliche siano trasversali in quanto da un lato le organizzazioni sindacali hanno mostrato di non gradire l’intervento dei cosiddetti «dirigenti scolastici autonomi» e dall’altro sembra che anche i capi di istituto esprimano giudizi dissonanti rispetto a quelli diffusi dall’Asa.

Il presidente dell’Andis di Catania dott. Nino Prastani dice: «Non credo possa giovare al prestigio dell’istituzione scolastica una polemica che non può essere affrontata in modo semplicistico, come del resto non sono utili le generalizzazioni che non riguardano assolutamente la gran parte delle scuole e la quasi totalità dei docenti. Non si nega l’esistenza di qualche situazione che dovrebbe essere affrontata con la giusta severità sia per quel che riguarda le condotte dei singoli, che per qualche strana abitudine che si riscontra a livello organizzativo».

Aggiunge Prastani: «Una cosa è certa: non sono previste altre possibilità di sospendere il servizio scolastico oltre quelle stabilite dal decreto assessoriale sul calendario scolastico. E’ difficile che si possano verificare chiusure arbitrarie delle scuole oltre quelle previste dalla norma. Lo stesso discorso è valido per le ore di lezione che non prevedono ingressi posticipati o uscite anticipate, salvo la sussistenza di cause di motivi fondati o cause di forza maggiore che, tra l’altro, sono oggetto di controllo. Le stesse decisioni adottate dagli organi collegiali sono garantite da una collegialità che si avvale di una qualificata presenza della componente «genitori». Qualsiasi istituzione scolastica seria, pertanto, non può che riferirsi a tali principi e norme per regolare il proprio funzionamento giornaliero e annuale».

E ancora: «Non è nemmeno il caso di entrare nel merito dell’uso che si fa del tempo da dedicare alle assemblee. Qualora si decidesse di modificare le regole si potrebbero determinare condizioni diverse, ma allo stato attuale non possono essere mossi rilievi né sugli orari né sulle giornate di convocazione delle assemblee. Per modificare tale regole è necessario l’intervento del legislatore e l’attuazione delle previste procedure pattizie. L’abitudine a non prendere effettivamente parte alle assemblee territoriali si è diffusa per la inesistenza di strumenti di controllo e pertanto, una volta avanzata la richiesta di partecipazione alle assemblee, ciascun dipendente affida alla propria correttezza e moralità l’atteggiamento conseguente.

Qualora si volesse modificare tale condizione si dovrebbero praticare altri itinerari che nulla hanno a che fare con le polemiche di questi giorni. Non si dimentichi che il diritto di assemblea è stato conquistato dai lavoratori dopo lunghe rivendicazioni che non possono essere cancellate per colpa di abitudini non condivise: è come se si volesse cancellare il diritto di voto della nostra democrazia sol perchè molti si astengono o ne fanno un uso scorretto».

M. C. (da www.lasicilia.it)







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