RISPOSTA ALL’ASAS: SE GLI INSEGNANTI POTESSERO LAVORARE…DI MENO
Data: Domenica, 09 dicembre 2007 ore 00:05:00 CET
Argomento: Opinioni


RISPOSTA ALL’ASAS: SE GLI INSEGNANTI POTESSERO LAVORARE…DI MENO

Sinceramente io non ho ben capito il contenuto dell’articolo di qualche giorno fa pubblicato col titolo a caratteri cubitali “Insegnanti, lavorate di più” sul quotidiano La Sicilia. Quando dico che non ho capito, intendo dire che non ho capito qual era l’idea di fondo sottesa a tale articolo.
Il titolo sembrava parlare chiaro: per alimentare il diffuso sentimento comune di disistima nei confronti della categoria dei docenti, gli insegnanti venivano, a detta del giornalista, invitati dall’ASAS, l’Associazione Scuola Autonome della Sicilia, a lavorare di più, visto che, si può ipotizzare, se ne stanno con le mani in mano mesi e mesi, fregandosene degli alunni, del programma  e  delle classi.
E questa, per la maggior parte dei professori, che invece lavora e a scuola si fa il mazzo, è una vera offesa alla propria dignità e alla propria serietà.
Ma, dopo la lettura di quel titolo così esplicito, spiattellato là a bruciapelo, ho cominciato a leggere il pezzo per capire come mai una categoria che agli inizi di dicembre è già sfinita, viene invitata, probabilmente per assicurarsi una morte immediata, a lavorare di più.
E qui non ho capito più niente. Perché io so che l’Asas, o almeno così voglio credere, ha innanzitutto sottolineato che bisogna, e questo mi pare sacrosanto, «premiare chi fa bene e punire chi fa male, requisito indispensabile perchè si affermi il principio della legalità». Poi, sempre secondo l’associazione, è vero che “sono presenti operatori scolastici che fanno bene e non possono essere valorizzati e sono presenti i fannulloni che non possono essere puniti”.
Ma quanti sono questi fannulloni? E soprattutto chi sono?
Quanti sono? A leggere l’articolo sembrano quasi tutti i docenti. Mi permetto invece di rispondere io: pochi, pochissimi. A scuola, volente o nolente, si lavora molto, moltissimo con enormi responsabilità. In certe scuole difficili addirittura si fatica a tenere seduti tra i banchi gli alunni. Certo qualcuno se ne frega: ma si tratta di casi sporadici, che sono molti di meno che in altri lavori. Perché il lavoro degli insegnanti non è un lavoro di ufficio: è controllato, controllatissimo. Se ti assenti…se ne accorgono tutti, alunni, genitori, colleghi, segreteria, e tutti te ne chiedono conto. Credo che l’Asas volesse fare riferimento proprio a questo sparuto numero, non a tutti i professori.
Ma andiamo alla seconda domanda: chi sono questi fannulloni? A detta del giornalista sono i docenti che firmano per recarsi alle assemblee sindacali, e invece non ci vanno. Ma questi appuntamenti quanti sono in un anno? Al massimo due, tre, con la perdita di qualche ora di lezione. Non mi sembra che possa fare testo per tacciare i docenti di inerzia e inoperosità. Poi ci sono gli scioperi. Altro discorso assurdo: i docenti scioperano poco, pochissimo e non difendono affatto i loro diritti. Anche questo non è un argomento valido. Poi ci sono i docenti consiglieri provinciali che si assentano di trenta giorni in trenta giorni distruggendo il patrimonio educativo e formativo di intere classi: ma anche qui…quanti possono essere i docenti impegnati in attività politica? Quattro, cinque, dieci, venti? E rappresentano un’intera categoria? Cose da pazzi.
Alcuni professori poi si assentano per acquisire una seconda laurea e, anche se non danno esami, non si presentano a scuola. Mi sembra strano: gli esami universitari devono essere adeguatamente documentati. Poi ci si mettono anche le disinfestazioni. Cose da pazzi: che c’entrano le disinfestazioni con le responsabilità dei docenti?
Prima conclusione: chi legge, ne ricava che nelle scuole catanesi si fa lezione una volta ogni tanto, con grave lesione della dignità degli insegnanti tutti, che invece si fanno il mazzo per portarla avanti. Seconda conclusione: questi articoli, che possono riguardare una esigua minoranza della stragrande maggioranza di professori che fanno il loro dovere, non dovrebbero essere scritti in tale forma. E noi, dal canto nostro, visto il rilievo negativo che la stampa ci dedica, dovremmo invece provare a lavorare di meno. Peccato che non ci riesca. E che per premiarci ci vengano poi a dire che dobbiamo lavorare di più. D’insegnamento bisogna morire: se no che missione è?

Silvana La Porta






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