A lezione di teatro con Lavia «leggendo» William Shakespeare
Data: Lunedì, 03 dicembre 2007 ore 14:00:00 CET
Argomento: Comunicati


Una lezione di teatro affascinante. Gabriele Lavia - invitato dall'Università di Catania nell'ambito dell'iniziativa "Doppia scena" - che propone ogni anno agli studenti, la lettura di alcuni tra gli spettacoli più significativi rappresentati allo Stabile, incanta e invita alla riflessione.
«Misura per Misura» di Shakespeare, che ha debuttato al Metropolitan il 28 novembre, è diretto magistralmente da un Lavia attento al dettato filosofico del testo, sicuramente tra i più complicati del drammaturgo inglese. Il coro di notte dei Benedettini, con una decina di spettatori presenti, non era di sicuro l'uditorio gremito che ci si attendeva. La precisazione doverosa che i professori fanno, spiega l'arcano: gli studenti e i docenti non sono stati informati per tempo. «Misura per Misura» è una commedia. E' inserita tra le problem play, le commedie cioè che presentano delle difficoltà interpretative e perlopiù anche mutila. «Più delle altre - spiega la docente di lingue, Nicolosi - si evidenzia un interesse per la dimensione non solo sociale dell'esistenza, ma anche dello Stato; la direzione della commedia non è centrifuga ma si dipana attraverso tanti fili, che la regia del maestro Lavia, rende benissimo».
Lavia spiega che il vero protagonista di questa commedia è il velo: «L'essere ama velarsi, diceva Eraclito, e lo svelarsi dell'essere svela un velato. La nostra esistenza è misura perché siamo sempre di fronte al mistero». Poi spiega le difficoltà di questo spettacolo come del teatro tutto in questo momento, di fronte al nuovo direttore artistico dello Stabile, Giuseppe Dipasquale, alla sua prima uscita pubblica e perfettamente d'accordo con lui su molti punti: «Nella lettura che ne ho dato, a differenza del testo, ho messo in scena e sotto gli occhi di tutti i "disvelamenti", come quello del Duca che si traveste da frate. Sono convinto che il teatro sia qualcosa di difficile per noi, perché non abbiamo una storia che ne ha favorito l'evolversi, basti pensare al 529 d.C. che ha decretato con il codice giustinianeo la chiusura della scuola di Atene e ha impedito che si facesse teatro. Solo mille anni più tardi la tradizione riprende, ma in Italia si scontra con una lingua che non c'era e continua a non esserci. Il teatro - continua Lavia - è fondamento dell'essere, nasce coi dialoghi di Platone ma noi non siamo abituati a pensare o a dialogare, è un qualcosa di induttivo, non deduttivo come la tv e si situa tra il già stato e il non ancora stato. Inutile pensare che lo si possa insegnare. Oggi il teatro vive nell'oblio, ma una cosa obliata può essere ricordata, che è quello che facciamo con la nostra vita. Il teatro sopravvive molto male, ma in questa disgraziata sopravvivenza è nascosta la sua forza».
Samantha Viva (da La Sicilia)







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