Un gruppo di presidi, prevalentemente fiorentini, ha spedito
una lettera al ministro della Pubblica istruzione, Fioroni,
per ringraziarlo di quanto sta facendo a favore della
scuole e in modo particolare per avervi riportato serietà e
rigore. Ciò che tuttavia manca nella lettera di ringraziamento
è una domanda importante: invece degli aggiustanti
perché non si adopera il ministro per una radicale riforma
della scuola, attesa fra l’altro da oltre un trentennio?
Ci
provò Craxi negli anni Ottanta, poi Berlinguer e infine Moratti,
ma nulla è cambiato tranne maggiori e più pesanti incombenze
per i docenti. In modo particolare pare sia stata
dimenticata la importante svolta del biennio comune,
dopo la secondaria di primo grado, che avrebbe dovuto
coincidere con l’aumento dell’obbligo a 16 anni e servire
per mettere i ragazzi, nel frattempo più maturi e consapevoli,
nelle condizioni di affrontare il successivo triennio di
specializzazione secondo le proprie capacità e attitudini.
E ancora: perché Fioroni non apre un dibattito serio fra
gli addetti per trovare insieme una condivisa riformulazione
dei saperi e degli indirizzi educativi in modo che la società
affronti serenamente le concorrenze culturali che
perfino dai Paesi emergenti ci arrivano con sfida? Ci riferiamo
alle materie, alle classi di concorso abilitanti, all’orario
complessivo di lezione. Sono domande che ormai da più
parti convergono anche se alcune scelte importanti siano
state fatte come il decreto ministeriale per l’educazione degli
adulti, che potrà essere attuato anche nelle scuole con
piena autonomia amministrativa, organizzativa e didattica,
e il ripristino degli istituti tecnici e professionali che
nell’80% dei casi sono scelti proprio dagli stranieri.
I professionali in modo particolare torneranno a essere
di competenza dello Stato e saranno ridimensionati in
termini di materie, orario, e classi di concorso. Ma forse la
scelta più importante finora proposta è il nuovo reclutamento
dei docenti, presente nella finanziaria approvata al
senato e con cui si danno pure ai precari elementi di garanzia
come la progressiva immissione in ruolo attingendo
dalle graduatorie a esaurimento. A loro infatti sarà riservato
il 50% dei posti liberi, mentre l’altra metà sarà messa a
concorso con periodicità che sarà definita dalla reale disponibilità
dei posti.
E questo è fatto nuovo per la giusta disposizione secondo
cui prima di attivare il concorso ordinario perfino i docenti
sopranumerari e in esubero dovranno essere sistemati
anche con corsi di riconversione forzata su altre materie
compreso il sostegno per gli alunni in difficoltà. Fatto nuovo
perché l’insegnante di ruolo in esubero finora poteva essere
impiegato solo per sostituire temporaneamente i colleghi
assenti e quindi per tappare i buchi giornalieri, mentre
in quella stessa scuola, ma per un’altra disciplina magari
affine, si era costretti a chiamare un supplente annuale
con oneri per lo Stato e dando speranze nebulose al neo docente.
Con questo provvedimento invece i sopranumeri, se
non trovano altra collocazione nel distretto o nella provincia,
dovranno riconvertirsi in un insegnamento per il quale
c’è effettiva carenza, pena il licenziamento. La parola
d’ordine sembra dunque essere quella di assorbire tutte le
forme di precariato che sono state per certi versi motivo di
sanatorie spesso affrettate e non adeguate. Un’altra singolarità
gradevole nella finanziaria è quella di potere detrarre
dalla denuncia dei redditi il 19% dell’imposta lorda e fino
a un massimo di 500 euro per spese di autoaggiornamento.
Bisognerà capire cosa si intende esattamente per
auto-aggiornamento e se in questo budget sono previsti le
spese per i libri o il teatro o i dischi oppure solo quelle per
riviste di didattica.
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)