ALLA RADICE DEI PROGRAMMI DI MATEMATICA ITALIANI: ALCUNI CENNI STORICI
Data: Sabato, 24 novembre 2007 ore 15:48:51 CET
Argomento: Associazioni


Alla radice dei programmi di matematica italiani: alcuni cenni storici
 di Umberto Lucia*



Se si vogliono rintracciare le radici storiche dei programmi di matematica italiani, sotto il profilo istituzionale occorre considerare due momenti storici fondamentali: la riorganizzazione dell'istruzione conseguente al Concilio di Trento e alla Controriforma e l'influenza della Rivoluzione francese. Per far ciò si sintetizzano gli studi del prof. Luigi Pepe riportati in bibliografia a cui si rimanda per ogni ulteriore approfondimento e dai quali si è ispirata questa sintesi.

La matematica nei collegi
A partire dalla metà del Cinquecento cominciò a diffondersi nell'Europa cattolica una considerevole rete di Collegi, in gran parte affidati alla Compagnia di Gesù, dedicati all'istruzione dei giovani. La Ratio studiorum consisteva in due corsi triennali, uno grammaticale e uno filosofico; l'argomento principale degli studi era la lingua latina. L'insegnamento della matematica era inserito nel corso filosofico, affiancando la teologia scolastica, la filosofia naturale e la logica aristotelica. I contenuti dell'insegnamento erano simili a quelli della cattedra di matematica delle Università del tardo medioevo, che comprendeva la lettura dei primi sei libri degli Elementi di Euclide e la Sfera del Sacrobosco (Giovanni di Holywood, docente all'Università di Parigi, XIII secolo), che era un compendio dell'Almagesto di Tolomeo. Nel Cinquecento molti insegnanti gesuiti produssero manuali per riproporre la filosofia e la teologia scolastica nel quadro delle grandi responsabilità che l'Ordine assumeva sul piano dell'istruzione: la matematica disciplinare fu sottoposta a approfondimenti e revisioni per merito principalmente di Cristoforo Clavio (1537-1612), curatore di un'edizione degli Elementi di Euclide, cui aggiunse commenti e spiegazioni.
 Alle opere di Clavio nella seconda metà del Seicento si sostituirono, per l'insegnamento nei Collegi dei Gesuiti, due manuali del matematico belga Andreas Tacquet (1612-1660, anch'egli appartenente alla Compagnia di Gesù), l'Arithmeticae theoria et praxis, e gli Elementa geometriae planae ac solidae, finalizzati all'insegnamento dell'aritmetica e della geometria. Le opere didattiche di Tacquet non furono mai sostituite nell'insegnamento matematico dei Collegi gesuiti nemmeno dopo la pubblicazione del corso in tre volumi Elementa universae matheseos, scritto da Ruggero Giuseppe Boscovich (1711-1787, un altro confratello della Compagnia di Gesù). Anche nei collegi degli Scolopi e dei Barnabiti e negli stessi seminari religiosi erano previsti corsi matematici che ebbero spesso docenti di rilievo. Un emerito professore di eloquenza all'Università di Roma e Generale dell'Ordine delle Scuole Pie dell'Ordine degli Scolopi fu Paolino Chelucci (1682-1754), autore di due manuali di matematica, Institutiones Arithmeticae e Institutiones Analiticae eorumque usus in geometria (1738). Occorre ricordare anche l'Abate camaldolese (ordine Benedettino) Guido Grandi (1671-1742), per molti anni professore nell'Università di Pisa, autore di importanti manuali ristampati per quasi un secolo; infatti gli Elementi geometrici da lui scritti nel 1731 rappresentarono l'opera di geometria euclidea più diffusa nel Settecento.

 Il modello di professore di matematica tra la metà del Cinquecento e la fine del Settecento è un ecclesiastico, quasi sempre un monaco. Rappresentano un'eccezione le scuole militari, che verso la metà del Settecento cominciano ad essere organizzate a Torino, a Napoli, a Verona. Queste, come peraltro i citati collegi e seminari, erano esclusivamente riservate a un pubblico maschile, ma esisteva anche poche scuole dedicate all'istruzione femminile.

Newton e Descartes: fisica e matematica
Per quanto concerne i contenuti dell'insegnamento, dalla metà del '600, si devono rilevare due importanti eventi: l'introduzione nell'insegnamento dei nuovi metodi analitici (geometria cartesiana e calcolo differenziale), e la reinterpretazione e ridefinizione del ruolo della matematica tra le scienze della natura conseguente all'affermazione dei Principi matematici della filosofia naturale di Newton. Nel 1637 viene pubblicata infatti La Geometria di Descartes, in appendice al Discorso sul metodo (l'opera fu pubblicata anche separatamente, in latino, nel 1649), dove le equazioni vengono già scritte con la notazione usata oggi: l'incognita viene indicata con la lettera x, l'equazione si presenta come un polinomio uguagliato a 0, viene stabilita la cosiddetta 'Regola di Ruffini', viene data la "regola dei segni", viene insegnato a trasformare le equazioni e a risolverle utilizzando il metodo delle intersezioni di curve. In Italia la sua diffusione incontrò parecchie difficoltà, dovute non solo a una certa lacune negli studi algebrici nel '600, ma anche all'attaccamento della scuola galileiana ai metodi puramente geometrici. La Geometria ebbe poi un forte rilancio a opera del calcolo differenziale di Leibniz, che ne utilizzò il linguaggio alla fine del secolo. Questa influenza, che moltiplicò in Italia i lavori analitici, non riuscì tuttavia ancora per qualche decennio a inserirsi nell'insegnamento dei collegi tenuti da religiosi, nei corsi dei quali il calcolo differenziale rimase escluso per quasi tutto il secolo XVIII. I primi manuali che trattarono l'algebra furono pubblicati in Italia solo dopo il 1720: gli Elementa algebrae di Nicola de Martino (Napoli, 1725); l'Aritmetica comune e speciosa di Saverio Brunetti (Roma, 1731); le Institutiones analyticae di Paolino da S. Giuseppe (Paolino Chelucci, già citato); il secondo volume degli Elementa Matheseos di Boscovich; gli Elementi di matematica di Edoardo Corsini (1735-38); gli Elementa mathematicae di Fortunato da Brescia (1738-39) e, successivamente, il Sectionum conicarum compendium (Venezia, 1765) di Ottaviano Cametti (1711-89) e le Sezioni coniche (Modena, 1801) di Antonio Cagnoli (1743-1816). La faticosa introduzione dell'algebra nei curricoli dei collegi non era dovuta solo alla rigidità della separazione tra aritmetica e geometria, ma anche alle limitazioni negli orari previsti per i corsi matematici. Questi furono ampliati, pur nell'ambito degli studi tradizionali, quando la matematica fu considerata propedeutica rispetto alla fisica, e fu quindi insegnata nella prima parte del corso filosofico. Tale innovazione importante rappresenta una conseguenza dell'affermazione del sistema newtoniano.

 Il cambiamento del rapporto tra matematica e fisica comportò un'altra grande modifica nei corsi di matematica del secolo XVIII: l'introduzione dell'insegnamento delle sezioni coniche. Tra gli autori di trattati di uso scolastico sulle sezioni coniche il primo per cronologia e per diffusione è il già citato Guido Grandi, che pubblicò un Compendio delle sezioni coniche (Firenze, 1744). Nei Collegi, l'innovazione era delegata all'iniziativa dei singoli professori o alle lezioni private; quasi sempre per tutto il secolo l'insegnamento si limitava all'aritmetica e alla geometria di Tacquet. Le Institutiones analyticae di Paolino erano il testo dei primi corsi universitari: l'insegnamento dei metodi analitici delle sezioni coniche e delle applicazioni dell'algebra alla teoria delle curve unitamente al calcolo differenziale e integrale furono esclusiva dell'istruzione universitaria e delle scuole militari per quasi tutto il Settecento. I professori di matematica, oltre a essere in gran parte dei religiosi, erano spesso anche autodidatti: infatti non era previsto nell'Università un corso di laurea dedicato specificamente alle matematiche. Due soli erano gli sbocchi accademici, oltre alla laurea in teologia: la laurea in medicina e la laurea in diritto civile e canonico. Vi era anche un diploma in arti che assicurava una cultura matematica sostanzialmente simile a quella dei collegi, e che era collegato all'insegnamento impartito nella facoltà di medicina.

I riflessi della Rivoluzione francese
I riflessi della Rivoluzione francese iniziarono a giungere in Italia sul piano istituzionale con le campagne napoleoniche del 1796, ma non si esaurirono nemmeno dopo la caduta di Napoleone nel 1814: i cambiamenti nell'istruzione tecnico-scientifica furono in gran parte irreversibili e passarono negli ordinamenti della Restaurazione. La Francia rivoluzionaria aveva soppresso nel 1793 le Accademie, i Collegi e tutte le strutture dell'Ancien Régime. La nuova costituzione aveva creato l'Institut National con compiti non solo accademici, ma di direzione di tutta la pubblica istruzione. Erano state anche create le Scuole Centrali, con ampi spazi dedicati all'insegnamento scientifico e alle matematiche in particolare: l'École centrale des travaux publics, nata con compiti particolari per creare i tecnici della Repubblica, era divenuta l'École polytechnique (1795), sotto la guida di Gaspard Monge (1746-1818) - che nel 1796 fu inviato in Italia con la Commissione per le Scienze e le Arti, rimanendovi per due anni - e l'École normale (cui si accedeva con criteri meno rigorosi rispetto a quelli dell'École polytechnique). Il principale ideatore dei programmi di matematica e dei relativi libri di testo per le scuole centrali fu il matematico Silvestre François Lacroix (1765-1843) che scrisse una decina di manuali e un'opera di orientamento generale: Essai sur l'enseignement en général et sur celui des mathématiques en particulier (Parigi, 1805). Molte opere didattiche di Lacroix furono tradotte in italiano e furono tra i libri di testo più usati nella prima metà dell'Ottocento. Nel 1794 Adrien Marie Legendre (1752-1833) pubblicò un nuovo manuale di geometria euclidea, gli Eléments de géométrie (Parigi, 1794) che fu il testo più usato in Europa per tutta la prima metà dell'Ottocento nell'insegnamento della geometria. Ad esso si affiancò il Corso di matematica sublime (Firenze, 1804) e gli Elementi di algebra e geometria (Milano, 1809), scritti da Vincenzo Brunacci (1768-1818), che non era un ecclesiastico.  La Rivoluzione francese aveva anche attivato un corso rapido per la formazione degli insegnanti della Repubblica, che preparò un corpo di dottrine di assoluta novità e modernità, destinato a incidere profondamente anche oltre l'esperienza dell'École normale de l'an 3. Le lezioni di matematica qui svolte furono impartite da professori quali Joseph Louis Lagrange (1736-1813), Pierre Simon Laplace (1749-1827), il già nominato Gaspard Monge (1746–1818), Alexandre Théophile Vandermonde (1735-1796). Le lezioni non seguivano libri di testo: degli stenografi furono incaricati di prendere appunti che, corretti dai docenti, venivano distribuiti agli allievi, i quali erano invitati a partecipare attivamente alle lezioni e a intervenire in apposite sezioni, i dibattiti. A Milano nel 1798 Carlo Lauberg (1762-1834), iniziò la traduzione italiana delle Lezioni ad uso delle Scuole Normali di Francia, mentre il testo di G. Monge fu tradotto in italiano e stampato nel 1805 da Giuseppe Placci e le lezioni di J.L. Lagrange nel 1839.

 La Scuola Normale introdusse il principio della formazione del corpo insegnante, la necessità di connettere mondo della scuola società, l'esempio di un nuovo modo laico e democratico di pensare all'insegnamento, ed una rilettura dei rapporti tra docenti e discenti.

L'unità d'Italia
L'insegnamento della matematica nella scuola italiana fu scarsamente considerato per molto tempo in relazione all'incidenza sulla formazione sia culturale che professionale del futuro maestro. Il quadro istituzionale della scuola italiana dopo l'Unità d'Italia fu sostanzialmente configurato nella Legge Casati (1859), promulgata inizialmente per il Piemonte e in seguito estesa alle altre regioni d'Italia. La stessa Riforma Gentile (1923), si presentò in parte come un ritorno allo spirito della stessa Legge Casati. Negli anni successivi, il regolamento del 1883 soppresse la prova scritta di matematica nei due esami di conclusione dei vari ordini di scuola e, sino alla fine del secolo, nessuno dei regolamenti emanati la reintrodusse. Essa sarà ripristinata soltanto dal regolamento del 1904.

 Verso la fine del secolo si accentuò il carattere classico del ginnasio-liceo e si potenziò la sezione fisico-matematica dell'istituto tecnico, anche se ciò non appariva pienamente soddisfacente in quanto la sezione fisico-matematica sembrava strettamente legata alle finalità professionali. Il problema era stato affrontato nel 1870 con il progetto del ministro Correnti che introduceva un Liceo nazionale, unitario con diversi indirizzi, che, sostituendo gli istituti di istruzione secondaria esistenti, soddisfacesse le diverse esigenze dei giovani, con la realizzazione di moduli disciplinari specifici. A questo seguì il progetto presentato dal ministro Coppino nel 1879 di un Liceo misto, sintesi del ginnasio inferiore e della scuola tecnica. Erano state proposte anche soluzioni parziali sia potenziando lo studio delle materie scientifiche, come previsto dal decreto Orlando del 1904, sia predisponendo dallo stesso ginnasio-liceo un corso a diverso indirizzo, come nell'esperimento del Liceo riformato o moderno promosso dal ministro Baccelli nel 1889. Progetti e soluzioni che non fornivano un approccio organico di riforma della scuola secondaria italiana.

 Nel 1905 il ministro Bianchi decideva di affidare a una Commissione reale per l'ordinamento degli studi secondari in Italia l'incarico di affrontare il problema. La commissione, presieduta da Paolo Boselli, concluse i suoi lavori nel maggio 1909, presentando in una dettagliata Relazione un progetto di riforma che veniva incontro alle richieste avanzate dalle tre filosofie che allora si confrontavano sul problema dell'organizzazione della scuola di stato: l'esclusività degli studi classici, la necessità di sviluppare gli studi scientifici e la conoscenza delle lingue moderne. Il progetto di riforma Boselli prevedeva un ginnasio di tre anni, senza latino, come scuola unica di preparazione agli studi secondari superiori, e tre licei quinquennali specializzati rispettivamente negli studi classici, moderni e scientifici: la differenziazione era sul latino e greco nell'indirizzo classico, sul latino e due lingue straniere in quello moderno, su due lingue straniere e sulle scienze esatte e sperimentali nell'indirizzo scientifico. Il progetto non affrontava il riordino della "scuola normale" (termine con cui si designava la scuola professionalizzante triennale finalizzata alla formazione e preparazione dei futuri maestri, caratterizzata dall'insegnamento di molte discipline in poche ore per ciascuna, con il risultato di una preparazione generalmente non approfondita), perché connesso con quello dell'istruzione femminile.

 I tre licei non erano considerati dello stesso livello in relazione al titolo conferito: il diploma di liceo classico consentiva l'iscrizione al primo corso di qualsiasi facoltà universitaria o istituto superiore, la licenza conferita dal liceo moderno non era valida per l'iscrizione alla facoltà di lettere se non previo esame integrativo di lingua e letteratura greca, mentre quella conferita dal liceo scientifico doveva essere integrata per l'iscrizione alla facoltà di giurisprudenza da un esame di lingua e letteratura latina, e per l'iscrizione alla facoltà di lettere anche da un esame di lingua e letteratura greca. Nel progetto di riforma Boselli il programma di matematica per il ginnasio prevede l'insegnamento dell'aritmetica pratica e della geometria intuitiva, non come due discipline distinte, bensì in intima connessione fra di loro, mentre lo studio dell'aritmetica è previsto come propedeutico a quello dell'algebra. È la prima volta che emergere chiaramente la funzione propedeutica dello studio della geometria nel corso degli studi secondari come strumento per la successiva geometria razionale, che appare come una rielaborazione e una sistemazione di tutte le deduzioni precedenti. L'importanza riconosciuta all'insegnamento della matematica nel triennio inferiore è confermato dall'orario settimanale consistente in quattro ore settimanali per classe.

 Il programma di matematica per il quinquennio del liceo, in ciascuno dei tre indirizzi, è proposto come prolungamento di quello del corso inferiore. I programmi per il liceo classico e per il liceo moderno coincidono nelle prime quattro classi, mentre nell'ultima si adeguano alle finalità del corso corrispondente: quello per il liceo scientifico presenta un contenuto più ampio, ottenuto spostando nelle prime tre classi quanto negli altri due tipi di liceo è previsto per le prime quattro, e includendo nelle ultime due classi quelle nozioni che erano ritenute indispensabili per completare la preparazione scientifica degli studenti di quel tipo di scuola. L'orario proposto è di due ore settimanali per classe nei due licei di tipo classico e moderno, di cinque ore per classe nel liceo scientifico. Nella quinta classe del liceo classico assume particolare importanza lo studio della matematica greca e della sua letteratura, sia attraverso cenni storici sullo sviluppo della geometria greca, con richiami alle trattazioni di Diofanto, sia attraverso lo studio diretto dei primi quattro libri degli Elementi di Euclide, e della trattazione della teoria delle proporzioni contenuta nel quinto libro degli Elementi, con un riesame critico della geometria studiata in precedenza. Il risultato avrebbe evidenziato aspetti complementari della civiltà greca.

 Nell'ultima classe del liceo moderno i programmi prevedono nozioni di calcolo delle probabilità, applicato anche a varie forme assicurative ed elementi di statistica. Nelle ultime due classi del liceo scientifico il programma si articola in argomenti che introducono ai futuri studi universitari. Alcuni di essi sono inclusi anche nel secondo biennio della sezione fisico-matematica dell'istituto tecnico che il progetto di riforma Boselli si proponeva di abolire.

 Il progetto Boselli, benché innovativo e 'moderno' nella sua impostazione didattico-pedagogica, non riuscì a ottenere la necessaria approvazione e venne abbandonato: vi fu solo una conseguenza nel 1911, quando il ministro Credaro istituì la sezione di ginnasio-liceo moderno quinquennale con l'obiettivo di una formazione culturale dei giovani per mezzo dello studio delle lingue moderne e una più attenta preparazione scientifica. Agli alunni provenienti dal liceo moderno era concessa l'iscrizione al primo corso di tutte le facoltà universitarie e degli istituti superiori. Contemporaneamente fu soppressa per gli alunni del liceo classico la facoltà di opzione tra greco e matematica, introdotta dal ministro Orlando nel 1904, e furono emanati nuovi programmi. Nei corsi magistrali è infine previsto un insegnamento di computisteria, assegnato all'insegnante di matematica, in relazione alle necessità evidenziate per la scuola normale.

La riforma Gentile
Nel 1923 la riforma Gentile considera sostanziale nel contesto culturale le sole discipline storico-estetico-letterarie, relegando a marginali le discipline scientifiche e la matematica: accentua il carattere estetico-letterario del liceo classico, e istituisce un liceo scientifico quadriennale, come scuola secondaria superiore senza il corrispondente corso inferiore, al posto sia della sezione fisico-matematica dell'istituto tecnico che di quella di ginnasio-liceo moderno: l'accesso è vincolato da un esame di ammissione dal quadriennio inferiore dell'istituto tecnico, ma vi si può anche accedere dalla quarta del ginnasio o dal quadriennio inferiore dell'istituto magistrale. Per la preparazione dei futuri maestri, istituisce una scuola di cultura generale dalla quale elimina il tirocinio: un istituto magistrale caratterizzato dalla coesistenza dell'insegnamento della matematica e della fisica. I programmi emanati sono "programmi d'esame", e la l'organizzazione dei diversi argomenti nei vari anni dei corsi è affidata agli insegnanti; con il solo obiettivo dalla preparazione all'esame finale, con la conseguenza di uno studio nozionistico.

 Lievi variazioni sono introdotte nei programmi del 1936 del ministro De Vecchi, i quali distribuiscono le materie nei vari anni di corso, e sopprimono alcuni argomenti facoltativi. Nel 1937 il ministro Bottai emana nuovi programmi che ripropongono quelli del ministro De Vecchi e presentano lo stesso approccio nozionistico della riforma Gentile.

 I testi matematici italiani continuano a mantenere la loro elevata tradizione di rigore scientifico, proponendo un approccio didattico efficace a risolvere i problemi metodologici introdotti originatisi. Occorre ricordare il trattato di geometria di Severi per la sua impostazione originale: al il rigore del metodo razionale affianca un approccio intuitivo, in modo che lo studente possa riuscire ad apprendere esaustivamente il significato del concetto studiato; introduce anche la descrizione storica e la connessione al senso comune.

 Nel 1940, il ministro Bottai inizia una nuova riforma della scuola secondaria italiana, che, a causa dell'inizio della Seconda Guerra Mondiale fu attuata solo nel primo triennio. Si introduceva la Scuola Media, che unificava sia il triennio inferiori del ginnasio sia quello dell'istituto magistrale e dell'istituto tecnico. Il numero delle ore settimanali dedicate all'insegnamento della matematica viene portato a tre ore per ogni classe, rivalutando, così, lo studio della matematica. Si propone un nuovo metodo didattico che non si ferma alla semplice esposizione delle proprietà evidenti, ma che si fonda anche sull'intuizione da cui sviluppare il ragionamento astratto.

 Dopo la fine della guerra mondiale, nel 1945, vennero emanati nuovi programmi sia per la scuola media che per i licei e gli istituti magistrali, programmi formulati da una Commissione nominata dai Governi Alleati ed emanati per i territori occupati, poi recepiti dal Ministero della Pubblica Istruzione ed estesi, con inizio dall'anno scolastico 1945-1946, a tutto il territorio nazionale.

 *Insegnante di Fisica presso l'ITIS 'Alessandro Volta' di Alessandria.

 Pubblicato il 20/11/2007







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