TUTTI PARLANO DI STORIA,TRANNE GLI STORICI
Data: Domenica, 18 novembre 2007 ore 09:37:34 CET
Argomento: Rassegna stampa


 

 

Tutti parlano di storia, tranne gli storici
a cura di Giulia Pezzella*

 

 

 

 

In molti (spero) avranno notato che da un po’ di anni nei mass media allo storico si è sostituito il giornalista. Da questa prima riflessione prende spunto Stefano Pivato nel suo ultimo libro Vuoti di memoria. Usi e abusi della storia nella vita pubblica italiana (Laterza, 2007, pp. 154, € 10,00).
Un tempo non era così. I libri, le cattedre universitarie, le riviste e i dibattiti accademici erano le fonti delle informazioni. E i mezzi di comunicazione interpellavano gli storici non solo per parlare del passato, ma soprattutto per interpretare il presente. Storia e politica era un binomio importante. La storia si studiava e aveva un interesse del tutto particolare soprattutto perché le si riconosceva la sua natura fortemente pedagogica. Oggi di storia se ne continua a parlare molto, il più delle volte, ovviamente, in rapporto alla politica. Vengono citati fatti, movimenti di idee e di persone. Ma sono i giornalisti e i politici a parlarne, troppo spesso a loro uso e consumo, senza uno storico che possa rimettere ordine, correggere dove necessario e puntualizzare quello che il più delle volte è molto confuso. Il risultato è che il panorama attuale è ricco di falsi storici, pregiudizi e impressionanti lacune; inoltre, il contesto storico in cui si sono svolti i fatti sembra aver perso completamente importanza. La ‘deficienza’, nel senso di carenza di informazioni, dilaga e la situazione – come dimostrano i test somministrati negli ultimi anni da alcune università agli studenti della scuola superiore – non tende a migliorare. Se le nuove generazioni non conoscono eventi e personaggi importanti del nostro passato più o meno prossimo (Aldo Moro era un magistrato che si è occupato delle BR e solo l’11% degli intervistati sapeva cosa è successo l’8 settembre del 1943) e non hanno i ‘prerequisiti’ della conoscenza storica, la figura fatta da alcuni parlamentari non è stata certo migliore.

L’autore ricostruisce, così, un quadro piuttosto avvilente: quello in cui regnano i “vuoti di memoria”. Ne analizza le manifestazioni e le cause con un linguaggio estremamente piacevole e discorsivo. Così gli orrori dell’ignoranza scorrono tra le pagine, sottolineando in modo evidente la progressiva (e inarrestabile apparentemente) divisione tra cultura e politica. Tra storia e politica.
Le riflessioni e le ricostruzioni proposte da Pivato portano naturalmente a un interrogativo: come è cambiata o deve cambiare la figura dello storico? E soprattutto, non tanto a cosa serve, ma – prevalentemente – a chi serve la storia?

Nella seconda parte del libro vengono analizzati alcuni casi eclatanti di “vuoti di memoria” degli ultimi anni con, finalmente, le dovute puntualizzazioni fatte da uno storico che manifesta ancora oggi, nonostante tutto, una forte passione civile. Quella che negli anni ha motivato generazioni di giovani a studiare la storia. Le amnesie più note si alternano a quelle meno note: fatti di cronaca, ovvero “vuoti di memoria” a cui l’autore ha assistito e cercato, a volte, di colmare.

 

 

È questo un libro ricco di spunti che si caratterizza per la sua estrema scorrevolezza pur affrontando un tema così delicato e troppo spesso imbarazzante.

*Dottore di ricerca in Storia dei partiti e dei movimenti politici, ha lavorato sui temi relativi alla storia elettorale e sull’analisi dei testi legislativi. Collabora con la casa editrice Leonardo International

 

 

 

 

 

 







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