«C’è bisogno di investimenti nel capitale umano»: la
commissione europea per l’educazione e la cultura
lancia un altro allarme visibile nell’ultimo rapporto
2007: in Italia gli abbandoni hanno raggiunto il
20,8% nel 2006 contro una media Ue di 15,3%; i diplomati
sono il 75,5% contro una media Ue del
77,8%, mentre solo il numero dei laureati nelle materie
scientifiche e tecniche è in leggero incremento.
Praticamente siamo sempre un po’ più indietro
rispetto agli altri Paesi nonostante qualche lieve recupero
e nonostante il ministro Fioroni aggiusti qua
e là senza prospettare però una attesa riforma complessiva
della scuola che presuppone però una buona
dose di coraggio. In Inghilterra, invece, a migliorare
la scuola ci stanno provando seriamente e sarebbe
stata la stessa regina Elisabetta ad assumersi
l’impegno: incrementare la qualità dell’istruzione,
dare a tutti la possibilità di sfruttare appieno le proprie
potenzialità, elevare l’obbligo a 18 anni e chi non
se la sente di reggere tale obbligo dovrà frequentare
corsi di apprendistato o di istruzione tecnica.
E se questi dati snocciolano le ricerche europee, il
nostro sistema di istruzione pare sempre più balbettante
e tutto si riduce nella riproposizione di rimedi
che alla fine poco cambiano nella prospettiva generale
sebbene qualche passo in questa direzione si
stia tentando. Sembra per questo importante l’emendamento
alla finanziaria approvato dalla commissione
bilancio del Senato che prevede concorsi
pubblici con scadenza biennale per l’accesso all’insegnamento.
Di cosa si tratta? Dopo la laurea triennale chi volesse
insegnare dovrà frequentare un biennio abilitante
a numero chiuso e un tirocinio. Concluso questo
ciclo è previsto per il neo professore il concorso
pubblico superato il quale, dopo un periodo di prova
di un anno che sarà comunque valutato dalla
scuola, passerà di ruolo. Il dato interessante, e che da
tempo veniva auspicato, consiste nella frequenza di
un percorso universitario di formazione professionale
dove è compreso il periodo di tirocinio e la conseguente
abilitazione. L’altro dato fondamentale,
ma che lascia sempre qualche dubbio di effettiva attuazione,
consiste nella programmazione dei posti
che ogni due anni risulteranno liberi sulla base dei
pensionamenti e delle nuove classi. Ma soprattutto
questo emendamento potrebbe significare il ridimensionamento
di ogni forma di precariato nella
scuola.
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)