LA PIETRA LOMBARDA
Data: Giovedì, 08 novembre 2007 ore 14:00:00 CET
Argomento: Opinioni


È destino che il Ministro Fioroni debba inciampare nella pietra costituita dalla legge della Regione Lombardia sul sistema educativo di istruzione e formazione, approvata dal Consiglio regionale il 27 luglio 2007 e impugnata dal Governo davanti alla Corte Costituzionale.

 

In occasione del recente convegno organizzato dalla Fondazione Corriere della Sera, il Ministro ha dichiarato che la legge lombarda presenta elementi di incostituzionalità riguardanti, soprattutto, l’obbligo di istruzione che sulla base della legge finanziaria 2007 (comma 622) e poi del successivo Regolamento del 22 agosto scorso dovrà essere impartito per almeno 10 anni.

 

Il ragionamento di Fioroni, che si è modificato rispetto a quanto dichiarato in passa to, è il seguente: il nuovo obbligo implica che dei ragazzi fino a 16 anni debba occuparsi lo Stato, ad eccezione degli iscritti ai percorsi triennali sperimentali di istruzione e formazione relativamente agli anni scolastici 2007/08 e 2008/09.

 

Fino a qualche tempo fa aveva detto il contrario, e cioè che l’obbligo di istruzione non è solo statale e si può assolvere “anche” nei percorsi triennali regionali di istruzione e formazione. Punto.

 

Ora invece domina l’esegesi del viceministro Bastico che reagendo alle proteste di Formigoni in riferimento alla impugnazione della legge lombarda, rivendica al Ministero della Pubblica Istruzione il compito di redigere l’elenco dei percorsi formativi nei quali, a determinate condizioni, si può assolvere l’obbligo d’istruzione.

 

E le Regioni? 

 

Ovviamente per legge dovranno essere coinvolte, tramite la Conferenza Stato Regioni, eppure sembra dominare l’idea che l’assolvimento dell’obbligo sia una faccenda totalmente, o quasi, in capo allo Stato.

 

Se tutto ciò avrà un seguito, addio modello lombardo e soprattutto addio autonomia regionale in tema di percorsi di istruzione e formazione: dopo il 2008/09 si chiude.

 

Continuiamo a sostenere che questo modo di concepire la Costituzione e la vicenda dell’obbligo di istruzione sia viziata dal pregiudizio e, tutto sommato, da una mal sofferta percezione che la riforma Moratti abbia fatto di più e meglio.

 

Come i n altre occasioni abbiamo evidenziato, la dialettica innescata dall’impugnazione del pacchetto normativo nato all’ombra del Pirellone mette in causa l’esistenza di un vero secondo canale di istruzione e formazione nel nostro Paese: quella seconda articolazione del sistema di istruzione secondario che la legge 53/2003 (riforma Moratti) prevedeva a chiare lettere e che poi nella fase attuativa venne tenacemente smontato (ma la legge è ancora lì, perfettamente vigente…).

 

E lo smontaggio prosegue con Fioroni artefice, a dar retta alle ultime dichiarazioni, di un obbligo di istruzione centralizzato sia dal punto di vista degli ordinamenti, che delle risorse finanziarie.

 

Ma chi l’ha detto che debba essere così?

 

In realtà la Costituzione parla in tutt’altra maniera, là dove esplicita (Titolo V, art. 117) che lo Stato ha competenza assoluta sulle norme generali della istruzione, mentre tutto il resto della istruzione è materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, fatta salva l’autonomia delle istit uzioni scolastiche ed esclusa l’IFP (istruzione e formazione professionale).

 

Secondo una terminologia non molto comprensibile, forse, ai non addetti ai lavori, ma ricca nella sostanza, è qui rappresentato un modello sussidiario di istruzione in cui lo Stato è sollecitato a favorire tutto ciò che si muove dal basso della società per ampliare la qualità dell’offerta formativa e abbattere il fenomeno della dispersione scolastica.

 

L’obbligo di istruzione dovrà allora essere correttamente inteso come diritto-dovere all’istruzione, da assolvere sia nello Stato sia nei percorsi di istruzione e formazione (che non sono di competenza statale).

 

Far tornare indietro l’orologio fino a concepire l’obbligo all’istruzione come il vecchio obbligo scolastico, tutto statale, non giova veramente a nessuno.   







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