LE POESIE CHE HANNO CAMBIATO IL MONDO
Data: Domenica, 04 novembre 2007 ore 00:05:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Daniele Piccini (a cura di), Le poesie che hanno cambiato il mondo, Milano, Bur, 2007, pp. 224, euro 5,00.

A che cosa serve la poesia? Abbiamo sentito porre questa domanda molte volte: da parte degli studenti o dei semplici lettori. Una delle risposte che più spesso hanno dato anche i poeti stessi è che la poesia non serve assolutamente a nulla. Ovvero che il suo fascino risiede, appunto, principalmente nella sua ‘gratuità’, nel suo essere un’attività poco pratica e molto giocosa. Questo almeno per quanto riguarda i poeti contemporanei. Perché in passato non è stato sempre così. Le diverse teorie estetiche attribuivano ai versi dei poeti ora un’importante funzione didattica e didascalica, ora un ruolo di puro e semplice diletto. O, altre volte, tutte e due le cose insieme: è, quest’ultima, la celeberrima formulazione oraziana (vedi l’Ars poetica) dell’utile dulci.
 Ebbene, è capitato, più volte nel corso della storia, che i poeti attribuissero al loro lavoro un’istanza sociale, civile, politica e, in alcuni casi, addirittura rivoluzionaria. Daniele Piccini, critico e poeta di vaglia, ha costruito un originale percorso critico che va dalla Bibbia e dai lirici greci al nostro Dante Alighieri, da Manzoni e Carducci, da Neruda a Evtusenko.
 “In effetti – scrive Piccini – per secoli la poesia è stata un motore della coscienza comune, della storia di popoli e civiltà e non solo uno strumento di espressione individuale e ‘sentimentale’. Questa possibilità di risonanza è stata resa possibile dal cordone ombelicale della lingua, che unisce il poeta al gruppo. La lingua poetica è la lingua di una comunità di uomini – più o meno grande e coesa – portata al suo massimo grado di incisività, ampiezza, forza. Ed è dunque stata, questa lingua insieme comune e ‘speciale’, il luogo per eccellenza di espressione di un desiderio, di una tensione, di un progetto non solo privato e singolare. La voce di un popolo si è spesso manifestata prima, e magari più, che in forma politica, in forma poetica”.
 Il volume è articolato in alcuni capitoletti tematici, all’interno dei quali sono presentati, per via di scelta antologica, alcuni testi esemplari. Per limitarci all’ambito italiano, possiamo segnalare la sezione dedicata ai versi sul nostro Paese, ben da prima che esso raggiungesse l’unità territoriale e politica: con il lamento di Dante su un’Italia “serva” e “di dolore ostello” (vedi il VI canto del Purgatorio) alla canzone (componimento CXXVIII dei Rerum vulgarium fragmenta) “Italia mia, benché ’l parlar sia indarno” di Francesco Petrarca. Testi celebri, a cui si affiancano versi meno noti di Galeazzo di Tarsia, Annibal Caro, Carlo Maria Maggi, Vincenzo Filicaia.
 È poi la volta, in un altro capitolo, della poesia risorgimentale, con i testi canonici di Alessandro Manzoni, Giovanni Berchet, Luigi Mercantini, ma anche con un virulento componimento dello scapigliato Emilio Praga, intitolato L’inno di Pio IX. Dove la delusione verso questo Papa prima liberale e poi reazionario si esprime in versi molto ‘decisi’: “Quei bimbi che inneggiavano / or più non siam, perdio! / Siam la legione, o Pio, / che il Campidoglio avrà”. Seguono poi, in altri capitoli, le poesie della Resistenza (da Franco Fortini a Mario Luzi, passando per Pier Paolo Pasolini) e quelle legate alla tragica esperienza della Shoah (da Primo Levi a Paul Celan). Molto ricca anche la campionatura di testi stranieri nelle sezioni incentrate sulla protesta contro le dittature di ogni colore politico. Il libro di Piccini si offre quindi anche come utile strumento didattico per la ricchezza dei percorsi che presenta.

Roberto Carnero






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