Un’intera manovra Finanziaria: tanto
costerebbe allo Stato italiano il collasso
del sistema delle scuole paritarie.
Certi maestri del laicismo preconcetto,
ben inteso, farebbero carte false
pur di vedere lucchetti arrugginiti e
spranghe sui cancelli delle scuole non
pubbliche, specie di quelle cattoliche,
anche se questo volesse significare lo
sfascio dei conti italiani.
Un po’ di cronistoria. Le paritarie
non hanno mai entusiasmato i governi:
il centrosinistra, prima del 2001,
destinò alle istituzioni non pubbliche
473 milioni di euro. Poca roba. Andò
meglio con l’amministrazione di centrodestra
(566 milioni), ma ancora oggi,
con la Finanziaria 2008, di vera parità
nemmeno l’ombra. Eppure c’è una
legge, la 62 del 2000, approvata durante
il governo D’Alema, che ha sancito
un sistema nazionale dell’istruzione
costituito da scuole statali e
scuole paritarie.
«Basta il pensiero», avrà pensato Baffino, perché contestualmente non
si è disposta alcuna parità economica
tra le due realtà, la condizione imprescindibile
per permettere ai genitori
una scelta serena e ponderata, un bivio
con due porte della stessa grandezza.
Dai dati dell’Agesc, Associazione genitori
scuole cattoliche, scopriamo che
in Italia si spende, per un bambino
delle materne, poco più di 6 mila euro,
contro i 584 del suo omologo alla
scuola paritaria. Stesso discorso per la
primaria (7.300 per un bambino della
statale contro 866), mentre è ancora
più larga la forbice nelle secondarie di
primo (7.600 contro 106) e secondo
grado, dove uno studente di pubblica
costa oltre 8 mila euro a fronte di uno
delle scuole paritarie, per cui basta
una banconota da 50 euro.
Pensate se un giorno (non lontano,
data l’aria anticattolica che si respira)
sparissero tutte le scuole paritarie: le
esultanze dei «soliti noti» rimarrebbero
strozzate in gola alla vista di un nugolo
di studenti, zaini colmi e matite
ben temperate, che si riversa sui banchi
delle scuole pubbliche. Lì sarebbe
il tracollo, grosso quanto una Finanziaria,
perché per ogni nuovo ingresso a
scuola, lo Stato spenderebbe dieci volte
di più di quanto sborsa ora.
Una soluzione di mezzo, soddisfacente
per tutti, ci sarebbe. Ai genitori
che decidono di mandare un figlio alla
paritaria, non gravando più di tanto
sulle casse pubbliche, il governo potrebbe
dare un buono-scuola, comunque
inferiore a quanto spenderebbe
per vedere il giovane tra i corridoi di
una scuola statale.
Risparmia lo Stato, risparmia il genitore.
Forse, però, qualcuno batterebbe
i pugni sul tavolo, paventando rischi
per la laicità dello Stato o minacciando
di uscire dal governo: non sarebbe
la prima volta che il pregiudizio fa la
voce grossa su ragione e matematica.
LUCA VOLONTÈ - Capogruppo Udc alla Camera (da www.lasicilia.it)