RECUPERI ED ESAMI DI RIPARAZIONE, MA I FONDI DOVE SONO?
Data: Domenica, 21 ottobre 2007 ore 23:52:44 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Non c’è dubbio che il fallimento di uno studente è il fallimento dell’intera scuola, per cui plaudire alle bocciature è come plaudire all’impiccagione di un ladruncolo: molti studenti vengono respinti perché è più semplice sopprimere il malato piuttosto che curalo. In una società complessa, ma dove l’obbligo per fortuna è stato portato a 16 anni, non si può respingere senza prima pensare al danno possibile, non solo nel ritardare l’acquisizione del titolo per lavorare, ma anche nel moltiplicare le spese della famiglia.

Il raggiungimento di obiettivi minimi di apprendimento è stato da qualche tempo il tema centrale dell’istruzione, mentre ricordare la fantastica esperienza di Barbiana può sembrare perfino stucchevole se non fosse invece un monito al maestro affinché capisca e interpreti i bisogni di sapere dei propri alunni, le loro disparità culturali di ingresso assieme all’obiettivo di permettere a tutti di raggiungere basi accettabili per accedere alla soglia delle pari opportunità.

In questo quadro si inserisce, crediamo, la disposizione ministeriale relativa al superamento dei debiti formativi per frequentare la classe successiva e che tanta bagarre parlamentare ha provocato, insieme con la manifestazione degli studenti che non l’hanno gradita. Che non ci fossero gli esami di riparazione a settembre è apparso per lo più chiaro. La verifica infatti – sia quella intermedia a fine del primo quadrimestre sia quella finale – spetta sempre al docente che ha rimandato l’alunno e non al Consiglio di classe che invece deve riunirsi, prima del nuovo anno scolastico, per ratificare, valutandolo collegialmente, ciò che il collega ha verificato, esattamente come avveniva prima.

La sola differenza sta nel fatto che ciò accadeva ad anno scolastico inoltrato, perché non c’era l’obbligo del superamento del debito per passare alla classe successiva. Sta qui la diversità, non già nel ripristino dell’esame con la sottocommissione, come il leghista Calderoli ha voluto intendere. Il problema vero è un altro: i soldi, le ore e i tempi per il recupero.

Se il ministero non stanzia somme adeguate, mettendo in condizione di formare gruppi di recupero non superiori a 3/4 alunni e per un numero di ore non inferiori a 30 ha solo gettato fumo. Se non ci si rende conto che i fallimenti bivaccano per lo più nella mancanza di stimoli rispondenti alle necessità dei ragazzi, l’argine del debito sarà una diga insormontabile per tanti. E sarà una pena per i professori che, se dovranno disporre ancora di sole dieci ore su un modulo parallelo di 15-20 ragazzi, saranno costretti o a chiudere gli occhi, promuovendo, o a scremare con procedure sommarie.

Presidi superficiali addirittura hanno messo insieme, per risparmiare, in un unico modulo, sempre di 10 ore, classi eterogenee, come un tempo faceva la vecchia mastra.

Allo stesso modo, se Fioroni continua a praticare la volpesca strategia del proclama, senza però dare risorse sufficienti, non fa altro che fomentare le vecchie ripetizioni a pagamento puntando sullo spauracchio delle famiglie per la bocciatura del figliolo. Lui demanda al collegio dei docenti che può scegliere la tipologia: avvalersi di docenti interni o esterni (supplenti) o utilizzare il famoso 20% di flessibilità durante l’anno. Appare chiaro che a nessun docente si può imporre di fare recupero, come appare chiaro che moltiplicare 50 euro l’ora per ogni scuola italiana e poi dividerla per disciplina e quindi per docente e poi per moduli comporta cifre in euro così alte che Fioroni non potrà forse erogare. Ancora: chi ad agosto, dopo gli esami di Stato, sarà disponibile a lavorare? Forse occorrerebbe più flessibilità nei tempi e forse pure la certezza del sostegno del governo.

PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)







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