LA DIDATTICA DELLA MUSICA TRA PASSIONE E DESIDERIO
Data: Marted́, 09 ottobre 2007 ore 20:41:53 CEST
Argomento: Redazione


La didattica della musica fra passione e desiderio

Mia nonna, quando mi vedeva passare nel vicinato in compagnia di una ragazzina che non conosceva, mi prendeva poi in disparte e mi diceva: “ Se alla tua amichetta piacciono la musica e i gatti, fidati di lei!”. Non ho mai preso in considerazione quel suo originale modo di valutare le persone e, a dir la verità, alcune volte, ci ho pure rimesso le penne, dimostrando a me stesso che forse un pizzico di buon senso era presente in quel consiglio.

Ma in quel modo di dire della nonna c’era, in realtà, un cosa molto importante: senza volerlo mi trasmetteva la sua grande passione per la musica e per i gatti. E percepivo questo in ogni momento: bastava passare sotto le finestre di casa sua per sentirla cantare e suonare il mandolino o discutere affettuosamente con i suoi felini sornioni.

Da ragazzino, quando la nonna mi ascoltava cantare in un inglese “masticato” le canzoni che “tiravo giù” da Radio Luxembourg, non mancava mai di meravigliarsi, e lo faceva sempre anche quando gli proponevo, convinto di farle perdere la pazienza, brani di musica come, ad esempio, Stimmung di Stockhausen. Dai canti popolari alla musica d’avanguardia: tutto era per lei oggetto di stupore. Tutto ciò che suonava dilatava le pupille dei suoi occhi, come se fosse sotto l’effetto di uno stupefacente!

Negli ultimi anni, quando passavo davanti alla porta sempre aperta di casa sua, mi capitava spesso di vederla seduta sulla “aiuola” del suo grande camino nel tentativo di riuscire ancora a schiacciare le doppie corde del mandolino per dar vita alle tremule melodie tipiche di questo strumento. Ormai le sue mani non avevano più la forza di un tempo. Eppure, immancabilmente, ogni giorno quel tentativo lo ripeteva, non nella illusa speranza di ritrovare per caso una energia svanita per sempre, ma perché il desiderio di fare musica, di incontrarsi con la musica, era per lei una esigenza vitale, prioritaria a tante altre attività.

Ho voluto introdurre questo mio intervento coinvolgendo la buon’anima di mia nonna, per due ragioni: la prima, perché a lei piaceva tanto essere citata; la seconda perché il suo saper essere in musica, mi offre la possibilità di gettare le fondamenta al discorso che vorrei costruire.

Il comportamento di mia nonna evidenzia un modo di porsi versi il mondo esterno, musicale e non, pregno di passione, stupore e desiderio. Caratteristiche, queste, perfettamente pertinenti ad una sana didattica musicale. Vale quindi la pena di soffermarsi e fare alcune considerazioni sul significato di tali parole:


PASSIONE

E’ un diletto, un trasporto, un coinvolgimento, una forte inclinazione, un’attrazione verso la cosa desiderata. In poche parole, stiamo parlando di affetto, di innamoramento, di amore.

In quanto tale, l’amore per qualche cosa, non si insegna agli altri, non si disciplina, non si scolarizza: si vive, si prova. Noi possiamo essere esempio, immagine di questo coinvolgimento positivo, ma non possiamo dire agli altri di amare ciò che noi amiamo e come lo amiamo. Gli altri possono solo osservare il nostro essere trasportatori di questo amore ed, eventualmente, ritrovarsi meravigliati nel vedere come la musica possa essere stimolo di tanta passione.

Mia nonna, non mi ha mai detto di studiare musica, e mai si è messa nei panni dell‘insegnante di musica. Era lì, sempre presente, a mostrare con innocenza e semplicità il suo amore verso la musica. Era un soggetto che meravigliava non per quello che faceva o che diceva, ma per quello che era, per come si mostrava.

L’amore per una certa cosa, manifestato senza sentirsi obbligati a impegnare gli altri è, per gli altri stessi, un modello fortemente credibile, quindi molto educativo e coinvolgente, che ti prende proprio perché lo si percepisce non interessato, non diretto a insegnarti freddi e per nulla appassionati affetti.

Ecco perché una didattica della musica deve saper essere con passione, recuperare quella credibilità tipica dell’innamorato che si lascia trasportare dalla musica senza, per questo, sentire il bisogno di trascinare gli altri con sé.

Per provocare amore verso la musica non basta essere portatori di competenza e di conoscenza, bisogna anche essere esempio di appassionati coinvolgimenti perché, solo così, un educatore può diventare modello forte e trascinante.

Cantare, suonare, ascoltare, danzare e tutte le altre possibili attività musicali che ognuno di noi può realizzare, se fatte specialmente davanti ai giovani, devono essere intonate sulle corde della passione, del coinvolgimento, poiché la musica diventa un bene incredibile solo se noi risultiamo, agli occhi e alle orecchie degli altri, umanamente credibili. Il nostro trasporto per la musica, anche ammesso che non possa offrire automaticamente passione musicale agli altri, ci rende sicuramente più convincenti.

Mia nonna ripeteva spesso che “la nostra passione mette l’acquolina in bocca alla altrui passione”.


STUPORE

E’ la qualità di chi è in grado di vedere le cose come fossero sempre una sorpresa, un regalo inaspettato. E’ il sapersi strabiliare davanti a cose anche semplici, elementari, purché siano connesse a un nostro primario innamoramento, alla nostra passione. La capacità di stupirsi è, di conseguenza, la capacità che le persone appassionate hanno di rendersi disponibili verso il fare degli altri, verso gli eventi quotidiani o artistici.

Una didattica della musica si renderà sempre più umana quanto più saprà mostrare, alla sensibilità globale dei nostri giovani, la predisposizione allo stupore, la disponibilità a meravigliarsi davanti a tutti i prodotti e i comportamenti musicali umani.

Ed è questa un’altra qualità che non si insegna, che non si impone, si può solo indossare come la pelle che portiamo: la possiamo far vedere, mostrare senza che gli altri possano “rubarla”.

Noi possiamo essere solo dei grandi manifestatori di stupore, nella speranza che gli altri possano trovare, dal nostro esempio, una personale maniera di rendersi stupefatti di fronte alle cose della vita.

Ma nelle tante manifestazioni di stupore di mia nonna, credo si possa intravedere anche un altro aspetto molto utile alla didattica generale e musicale in particolare: lo stupore come atto di accoglienza verso le altrui espressioni. Stupirsi di fronte alla musica degli altri, è un po’ come imparare a manifestare curiosità, interesse e apertura nei confronti della diversità umana, base questa così importante per una educazione interculturale che vuol evidenziare simpatia ed empatia verso tutto ciò che è altro da noi.

Non dimentichiamo che la poca predisposizione allo stupore, e quindi alla disponibilità mentale ad accogliere identità e culture musicali diverse, trova le sue origini anche all’interno di quegli studi musicali colti, teorici, alfabetizzanti e gerarchizzanti come quelli conservatoriali, dai quali proviene la maggioranza degli attuali insegnanti di musica presenti nelle scuole italiane.

Mia nonna non aveva questi problemi, e lo si capiva dagli amici musicisti che frequentava: dal ciabattino terzo bombardino della banda comunale al primo violino del teatro dell’opera, dall’innevato zampognaro abruzzese all’assolato percussionista afrocubano; era pure solita dire che “chi ha la puzza al naso non conosce il profumo dello stupore”.


DESIDERIO

Aver voglia, avere la smania, avere il desiderio di fare o di ascoltare musica, credo che sia un sentimento che possa mettersi in relazione con il bisogno di fame o di sete. Ecco perché penso che il desiderio sia da interpretare come un vero e proprio bisogno che, a seconda dei singoli casi personali e momenti di vita, possiamo interpretare come primario o secondario.

Ma proprio perché è un bisogno, il desiderio deve essere quindi mosso da qualche cosa, non può scaturire da solo, senza precedenti motivazioni. Non si può desiderare quel piatto che non si è mai “assaggiato”. Il desiderio di musica nasce quindi in quelle persone che hanno avuto la possibilità di contattare con tutti i loro sensi (sinestesia) l’esperienza sonora e, nei confronti di questa, aver esternato passione e stupore.(1) Quindi, se non proviamo amore verso la musica, se non siamo disposti alla meraviglia dei suoni, sarà davvero poco probabile sentir muovere dentro di noi questo desiderio-bisogno.

La musica, solo se percepita come stupefacente esperienza, può essere oggetto del nostro desiderio.

Mia nonna mi diceva sempre che “il bambino che non sente il desiderio di incontrarsi con i suoni almeno una volta la giorno, ha sicuramente avuto un maestro che interpretava le pause come vuoti mortali”.

Passione, stupore e desiderio, si possono meglio comprendere se considerate caratteristiche appartenenti tanto alla sfera emotiva quanto a quella infantile:

Emotiva: queste tre caratteristiche ci hanno portato ad usare parole come attrazione, meraviglia, amore, simpatia, empatia, ecc. Parole che ci coinvolgono sul piano emotivo e si rivolgono alla nostra mente emozionale: come direbbe mia nonna “ragionano con il cuore”. (2)

Le persone che si relazionano mettendo in mostra le proprie attrazioni emotive possono, più di altre, instaurare rapporti umani privilegiati. Questo tipo di rapporti è facilmente riconducibile al primo e più importante attaccamento che il bambino ha avuto con la figura materna. Ecco perché un educatore, specialmente della scuola primaria, prima di essere un portatore di contenuti, dovrebbe considerarsi come una figura di attaccamento secondario in grado di stimolare relazioni fra la dimensione biofisiologica ed emozionale del bambino.(3) In questa ottica pedagogica molto importante, può realizzarsi il contributo della musica intesa come evento in grado di attivare passione, stupore, desiderio e che può, quindi, essa stessa divenire “figura” di attaccamento perché più adatta ad essere trasmessa da canali emozionali piuttosto che razionali.

Perché allora non dare più spazio ad una didattica che coinvolga, esalti e interpreti emotivamente il percepire musicale? Perché non pensare di recuperare un saper essere in musica più emo-attivo, ridimensionando quel saper essere tecnico-scientifico che tanto ha raffreddato le passioni, gli stupori e i desideri musicali nostri e dei nostri giovani?

Le condotte musicali emotive (4) segnano l’identità di ogni persona con tratti molto più forti di quanto non possano fare le condotte musicali logiche, e per questo possono offrire alla didattica della musica quello spirito coinvolto e coinvolgente di passione, stupore e desiderio.

Ascoltare, cantare, suonare, danzare, non devono essere solo promossi per sviluppare sapere e conoscenza, ma devono riprendersi la loro naturale dote di emotività. Potremmo, ad esempio, evidenziare i comportamenti musicali strettamente personalizzati dei nostri giovani con domande tipo: quale genere musicale ti appassiona e perché? quali canti ti stupiscono e perché? quali musiche desideri praticare più di altre e perché?, restituendo così alla musica lo spazio che ha sempre occupato all’interno della nostra sfera individuale che, come ben conosciamo tutti, è ampiamente dipinta con toni emotivi.

Quindi per non rendere vane le lezioni di musica mai tenute da mia nonna: si tratta davvero di ripensare con il cuore l’esperienza musicale educativa!

Infantile: un’altra caratteristica che accomuna la passione, lo stupore e il desiderio, è l’assunzione non volontaria della “postura” infantile rispetto a quella adulta. In realtà, la differenza fra la percezione musicale infantile e quella adulta, è principalmente determinata dal fatto che la prima è centrata sull’emotività mentre la seconda sulla razionalità. Non a caso Stefania Guerra Lisi ci dice che “Il Bambino, l’Handicappato, l’Artista non imitano la natura: la trascrivono, ispirati dall’emozione del combaciare del proprio segno con ancestrali tracce intimamente iscritte”. (5) Questo vuol dire che nella dimensione emotiva-infantile c’è maggior spazio per una esteriorizzazione personalizzante che, pur essendo molto meno scientifica di una percezione oggettiva adulta, è comunque in grado di provocare coinvolgimenti individuali che non sono dati da nessun’altra partecipazione logica e tipica di una mentalità più matura.

Le prime strutture della coscienza sono affettive e la conoscenza è al servizio della vita affettiva, la quale dà significato e motivazione al mondo infantile”.(6)

Daniel Goleman nei suoi studi sulla intelligenza emotiva sostiene che: “ La mente emozionale è infantile in molti modi e lo è tanto più, quanto più forte cresce l’emozione”. (7)

Ecco allora che si potrebbe ridisegnare una didattica della musica più infantile, più legata alla percezione musicale sensibile, in chiara sintonia con un sentire multisensoriale e sinestesico.

Dalla “postura” infantile tutti possiamo recuperare un modo di essere più istintivo, più legato ai nostri primari e reali bisogni di musica. Infatti, la capacità infantile di vivere i suoni con passione, stupore e desiderio, è data dal fatto che la musica, prima di essere linguaggio della mente è linguaggio del corpo e delle emozioni. Ed è per questo che la musica quando entra nelle orecchie di un bambino, prima di arrivare alla sua testa, si ferma molto a giocare nel suo sangue, nelle sue ossa, nei suoi muscoli e nel suo cuore.

Mia nonna, che di psicopedagogia e di metodologia didattica non sapeva nulla, riteneva che “chi suona senza lo spirito d’un bambino, ha il pane ma non i denti”.

E lei sarebbe di certo andata d’accordo con Pablo Neruda quando sosteneva che “l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che è dentro di sé”.


IMMAGIN-AZIONE-FUGA

Nel desiderio di incontrarsi con la musica si può intravedere il bisogno di mantenere la capacità di

agire in termini di fuga dalla realtà, per ritagliarci territori personali e gratificanti. Nel contattare i suoni ognuno di noi può ritagliare il suo personale spazio musicale interpretabile come una vera e propria pratica di immaginazione sonora da leggersi come una fuga dal reale altamente soddisfacente, corroborante, terapeutica. La passione, lo stupore e il desiderio in musica possono quindi essere visti come atti di immaginazione utili per sopravvivere agli innumerevoli stimoli plasmanti che nella relazione sociale tutti siamo costretti a vivere. Il contatto con la musica ci aiuta quindi a compensare il bisogno di equilibrio all’interno della nostra dimensione personale e sociale. Il biologo Henry Laborit dice che l’immaginazione “…permette all’uomo, e a nessuna altra specie animale, di <>, di trasformare il mondo che lo circonda; l’immaginazione, unico meccanismo di fuga, unico modo di evitare l’alienazione ambientale, soprattutto sociologica, è perciò utile al drogato, allo psicotico, ma anche a chi crea sul piano artistico o scientifico”. (8)

Si può quindi vedere l’immaginazione come un gratificante atto di fuga utile al recupero della nostra normalità biologica e psicologica.

Accanto al camino mia nonna non faceva altro che ritrovare se stessa fra i tremuli suoni del mandolino.


IMPRINTING MUSICALE

In una didattica della musica che sappia essere esempio di passione, stupore e desiderio, che sappia dare calore e fiducia alle condotte di un mondo infantile e sappia incidere positivamente sulla memoria affettiva dei nostri bambini e giovani, mi pare si possa intravedere un saper essere in musica mirato alla promozione di attaccamenti duraturi e di forti preferenze che trovano diretta connessione con il naturale bisogno di percepire con piacere il nostro essere in vita. Ora, come ben sappiamo, il concetto di memoria affettiva, di attaccamento o di preferenza, visto nell’ottica degli studi sul comportamento umano e sulle sue radici biologiche, è direttamente collegabile a quella esperienza che l’etologo Konrad Lorenz ha teorizzato con il termine tedesco Ragung ma noto a tutti con la parola inglese Imprinting. Ecco allora che, un educatore musicale interessato alla promozione di attaccamenti affettivi, potrebbe anche considerarsi un attivatore di imprinting musicali.

Questa nuova direzione mi induce a pensare ad una possibile didattica degli imprinting musicali rivolta a bambini e giovani, con il preciso scopo di promuovere la loro memoria affettiva e il loro coinvolgimento personale, sulla base di comportamenti e contesti “caldi” e significativi, percepiti quindi come buoni e positivi per essere rivissuti e desiderati anche perché capaci di provocare piacere, benessere, soddisfazione, sicurezza e attaccamento affettivo. Questo modello educativo ci riporta verso la creazione di un ambiente scolastico in grado di continuare a ricoprire i molteplici ruoli della figura materna, intesa come entità poliedrica naturalmente portata alla promozione di attaccamenti di vario tipo, fra cui anche quelli sonoro-musicali.(9)

Non è un caso che tutte le persone oggi mature, pur avendo negli anni contattato innumerevoli esperienze musicali, hanno ancora la memoria sonora fortemente aggrappata al canto materno-infantile, perché questo rimane, nonostante tutto, il fatto musicale più carico di passione e più compreso dentro i primari valori dell’essere in vita.

I bambini che vivono queste “calde” impressioni, in realtà, hanno la possibilità di scoprire un modo “appassionato” di acquisire conoscenza musicale che inciderà sulla loro stessa percezione del mondo sonoro. Tanto l’esperienza quanto il buon senso, ci insegnano che, come noi conosciamo, così in seguito sentiremo. Ecco perché bisogna avere consapevolezza del come conosciamo, perché da quel “come” prendono avvio le direttive più importanti del nostro essere al mondo. (10)

Posso ora reinterpretare mia nonna come una grande promotrice di imprinting musicali: ad ogni incontro con lei diventavo protagonista di una nuova nascita, perché sapeva imprimere negli occhi e nelle orecchie del suo cucciolo-nipote il suo grande affetto musicale. Un affetto, un forte attaccamento alla musica, convinto e avvinto, come quello vitale dell’edera attorno al tronco della quercia.

E chi è avvinto, a sua volta avvince, e chi avvince lega, appassiona, coinvolge, si impressiona a colori fra i fotogrammi del film della nostra vita.


Maurizio Spaccazocchi

Pedagogia della Musica

Conservatorio “G. Rossini”


NOTE BIBLIOGRAFICHE AL TESTO


(1) Per una visione più ampia dell’esperienza premusicale vissuta in modo multisensoriale si legga l’interessante libro Sinestesiarti di Stefania Guerra Lisi (ed. Borla, Roma, 1998).

(2) Una importante consultazione in merito alla musica e alla emozione si trova nella rivista PUM, Progetto Uomo Musica n° 9 dal titolo Emozioni in musica, ed. Pro Civitate Christiana, Assisi, Gennaio 1996.

(3) A proposito della figura di attaccamento si legga di J. Bowlby, L’attaccamento alla madre, ed. Boringhieri, Torino, 1972.

(4) Per uno studio sulle condotte musicali del bambino si legga di F. Delalande, Le condotte musicali, ed.Clueb, Bologna, 1993.

(5) Stefania Guerra Lisi, op. citata (pag. 14).

(6) La frase è tratta da M. W. Battacchi, La dimensione evolutiva delle emozioni presente nel libro Psicologia delle emozioni, a cura di V. D’Urso e R. Trentin (Bologna, ed. Il Mulino, 1990) pag. 88.

(7) D. Goleman, Intelligenza Emotiva, ed. Rizzoli, Milano, 1996 (pag. 340).

(8) Tratto da Elogio della fuga, ed. Mondadori, Milano, 1982 (pag.11).

(9) Un invito al recupero dei modelli relazionali fra madre e bambino come nuovo paradigma per la costruzione di un sapere diverso da quello proposto dalle attuali società è presente in Paolo Stauder, La società devota, ed. Quattro Venti, Urbino, 1996.

(10) Questa frase è tratta dall’interessante libro di Mariagrazia Contini, Per una pedagogia della emozioni, ed. La Nuova Italia, Firenze, 1992 (pag. 199).







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