LA STORIA DELLA FISICA NELL'INSEGNAMENTO DELLA FISICA
Data: Giovedì, 04 ottobre 2007 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Associazioni


LA STORIA NELLA DIDATTICA DELLA FISICA

La storia della fisica nell’insegnamento della fisica
 di Roberto Renzetti*

 

Chiunque abbia esperienza di insegnamento della fisica nella scuola secondaria superiore conosce le difficoltà che si incontrano nel presentare determinati capitoli agli studenti. Se non si vuole risolvere il problema in modo autoritario rifugiandosi nel libro di testo, occorre cercare strade che aiutino alla comprensione non tanto di un concetto come lo troviamo enunciato in un testo di fisica, quanto del come è nato e si è affermato storicamente tale concetto. Una di queste strade è la storia della fisica.

Le due culture
 Per non fornire subito una ricetta vuota, vorrei iniziare con delle considerazioni tanto banali quanto poco presenti ai numerosi riformatori. Nella nostra scuola si fa la storia di tutto. Ogni disciplina è rappresentata con la sua storia. Meno le scienze, ritenute dall'impianto filosofico che presiede l’intero nostro Paese, delle mere tecniche che non hanno a vedere con la formazione ma solo con l’informazione, un ricettario da fornire ai ragazzi. Questa concezione è paradossalmente fortificata dagli impianti assiomatizzati e formalizzati che le scienze si sono date e che l’editoria conformista ha ripreso. Per altri versi la colonna sonora che ci accompagna da sempre è quella delle due culture. Quasi che le scienze non siano nate all'interno della storia dell'umanità in particolari momenti e contesti, vivendo le medesime contraddizioni che si sono presentate nell'arte, nella musica, nella filosofia… Proprio muovendo da quest'ultima considerazione si può intendere che le scienze e tra queste la fisica, hanno una loro storia, che è completamente all'interno della storia civile.
 Ho accennato a questo intanto per risolvere in parte quel problema delle due culture. Se si scopre che Watt lavora con i finanziamenti di Boulton e con le acciaierie Wilkinson, si possono capire meglio le relazioni che esistono tra ricerca, finanza, economia, tecnologia, rivoluzione industriale e sviluppo del pensiero in genere. Senza pretendere di essere esaustivi nel passare queste indicazioni agli studenti, perché l'indeterminatezza logica aiuta alla crescita. Allo stesso modo, la proposta di introdurre storicamente alcuni concetti di fisica, non può riguardare tutta la fisica per ovvie ragioni di tempo, ma certamente alcuni argomenti ai quali farò cenno.

Una rivoluzione
 Vi è poi l'altra questione, quella della fisica assiomatizzata in un modo che soddisfa la logica di un adulto che l'ha già studiata, ma non uno studente. Prendete un generico libro di fisica e troverete la scansione classica che, ahimè, parte dalla meccanica del punto. Dopo quella noia della cinematica (lo so che serve, lo so) si dà enfasi per esempio al principio d'inerzia. Ma credete davvero che uno studente colga la valenza di tale principio? Ci crede, è diligente e ve lo racconterà. Ma cosa ha capito? Se, soprattutto alle prime battute della fisica, si introducono concetti per come sono nati (e la comprensione di un concetto passa per strade analoghe a come storicamente si è affermato), si eviterà la frustrazione dello studente che credeva che la fisica fosse bella e si trova ad avere a che fare con i vettori. Tra l'altro vi è un'occasione importante da sfruttare. Si parla di rivoluzione galileiana. Che vuol dire? Rivoluzione significa cambiamento radicale dell'esistente. E allora Galileo rispetto a cosa fa la rivoluzione? Qui si può chiamare il professore di filosofia alle sue responsabilità: non sarebbe male raccontasse un poco della fisica e della cosmologia aristoteliche. Con tale informazione si capisce bene tutto, e anche il principio d'inerzia, che rappresenta una posizione radicalmente diversa rispetto a chi sosteneva che la Terra non può camminare nello spazio perché, se così fosse, tutte le cose che si trovano su di essa verrebbero scagliate via da forti venti, e financo un uccellino che vedesse un appetitoso verme in terra, sarebbe spazzato via al momento di spiccare il volo per andarlo a prendere. Tutte le cose che sono sulla nave e hanno attinenza con essa si muovono con essa, a meno che la nave non faccia ‘gl'inchini’: queste più o meno le parole prima di Bruno e poi di Galileo. E quest'ultimo lo dice in quel delizioso brano del Dialogo sopra i due massimi sistemi che inizia con il “Riserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sottocoverta di alcun gran navilio [...]”. Qui l'inerzia viene fuori bene e apre a un mondo di possibili collegamenti con tutto lo scibile. In tal modo (e con tante altre esemplificazioni a lato) si capisce la portata della rivoluzione ma, attenzione, non vi è solo questa rivoluzione. In qualche parte gli studenti dovranno pur sapere che si passa successivamente dalla necessità delle sensate esperienze e dimostrazioni a una fisica che fa a meno di tali esperienze, alla fisica teorica inaugurata da Maxwell. E perché accade proprio allora? Non è peregrino indagare la divisione del lavoro e la richiesta di specializzazione che si accompagnano alla rivoluzione industriale. Ma poi ancora avanti, con la big science, con una montagna di denaro investito in scienza con problemi del tipo: “meglio le particelle elementari al CERN o il cancro?” E perché la parte del leone della ricerca la fanno i militari? Insomma non si può nascondere che il nostro mondo è immerso nella scienza e nella tecnologia, ma di questo non abbiamo che echi molto lontani nella scuola. Salvo il tema d’esame che cava queste vicende dal cilindro. Come si pretende che questi giovani divengano poi cittadini consapevoli in grado di scegliere con competenza, e non sull'onda della sola emozione, se le centrali nucleari le facciamo o no?

Altri esempi
 Senza più dilungarmi si possono fare altri esempi di grande interesse. Se si va a indagare il Primo Principio della Termodinamica si scopre che calore e movimento sono la stessa cosa, come scoprì Rumford, l'avventuriero che fabbricava cannoni per Ludwig. Gli si scaldavano i trapani che foravano cilindri massicci di bronzo. Mise tutto in acqua e l'acqua bolliva dopo un dato numero di giri del trapano: contò i giri necessari a far bollire l'acqua. Poi misurò l'acqua, la sua temperatura, ecc. Ma se l'energia si conserva, perché soffriamo le crisi energetiche? Boltzmann e Clausius capirono che l'energia si conserva ma una parte resta nel sistema che la trasforma: in accordo con il rigido moralismo vittoriano si dirà che si degrada. E come collegare lo spirito romantico con i motori elettrici? Le forze non più ordinate alla Newton ma sparpagliate in un gran disordine dappertutto? Schelling lo dice e Oersted ci crede e, per Giove, le trova! Con Faraday, entusiasmato dai racconti di Coleridge che viaggia nella Germania dello Sturm und Drang, che le mette in azione in motori di vario genere mentre dà una mano ai nostri fisici esuli risorgimentali, come Melloni.
 Davvero mi fermo per i limiti che un articolo ha, ma qui si potrebbe continuare utilmente scoprendo che non vi è capitolo di fisica che non possa essere trattato con introduzione storica (Mersenne che fa la spola tra Torricelli e Pascal, Franklin che tra un fulmine e un altro si muove tra la Francia rivoluzionaria e la fondazione degli USA con tante informazioni scientifiche, Michelson che viene a Berlino a studiare, Fermi che ha la sventura, dopo quella di fare l’emigrante per le indegne leggi razziali, di applicare le sue scoperte sui neutroni lenti al “Progetto Manhattan”, con la lettera di Einstein a Roosvelt e Truman che si disinteressa della cosa…).
 La storia delle scienze in generale e della fisica in particolare può essere un formidabile strumento per colmare il divario tra le due culture ma anche un sussidio didattico alla disciplina in sé. Se si capisce che una mole di nozioni non serve a nulla, contrariamente a un metodo di lavoro che invece è strumento formidabile per crescere, allora si inizia con il far piazza pulita di tante cose che ormai sono zavorra (il piano inclinato, per esempio, era una sensazionale scoperta di Galileo per rallentare il moto; non aveva fotocellule il pisano; come faceva a traguardare un sasso in caduta? Rallentava il moto! Di quel piano e di tutte le macchine semplici, insieme alla meccanica dei fluidi, e a tante altre cose che ognuno saprà trovare, si può fare a meno perché non si può fare tutto) e si può utilizzare quel tempo per introdurre alcuni argomenti ostici di fisica che poi, attenzione, dovranno essere svolti per quello che sono, con tutto il rigore e la formalizzazione richiesti.

Come fare storia
 L'ipotesi che preveda una materia, la storia (almeno delle scienze) come disciplina autonoma (ma insegnata da scienziati!), ha bisogno di una qualche puntualizzazione.
 Intanto non si deve puntare a date, biografie e ad aneddoti ma a tutte quelle problematiche che sono alla base dei diversi modi di intendere ‘scienza’, e delle diverse rivoluzioni scientifiche. Conseguenza di ciò è che non è necessaria completezza, ma soprattutto la ricostruzione razionale di un periodo storico.
 Un metodo che si può seguire in questa ricostruzione è quello che poggia sulla lettura di documenti e opere originali. Questo modo di procedere ci abitua innanzitutto a non voler capire tutto il passato (o peggio: a giudicarlo) con il metro del presente (errore comune nei nostri studenti, ma sempre indotto da malaccorti insegnanti) e ci fa intendere inoltre che molte parole da noi oggi usate con un certo significato hanno avuto via via significati diversi proprio in relazione al lavoro di chiarimento che si stava facendo su un particolare concetto (si pensi a massa, forza, forza viva, energia …).
 In questo lavoro occorre dare rilievo sia agli strumenti di pensiero (eredità della scienza greca) quali: modello, causalità, ecc., sia alla novità (rinascimentale) dell'esperimento. Ciò che invece occorre evitare è, da una parte, la mitizzazione del ‘genio’ (non esiste il ‘genio’ ma il contributo del pensiero di un'intera epoca) e dall'altra, l'enfasi dell'‘esperimento cruciale’ (un esperimento non ha mai fatto crollare una teoria. Per fare due esempi di esperimenti ritenuti ‘cruciali’, quello di Oersted e quello di Michelson-Morley; il primo fu ricondotto da Ampère e Biot alla teoria dell'azione a distanza prima che Faraday ne prendesse spunto per la teoria di campo e il secondo non è mai stato ritenuto probante dallo stesso Einstein per la sua teoria della relatività. In conclusione, aggiungendo ipotesi additive, da un esperimento si può vedere quello che uno vuole e, in particolare, una esperienza negativa, da sola, può demolire una teoria, mentre una esperienza positiva non la conferma, al massimo la fortifica).
 Per finire vorrei aggiungere qualche osservazione: è molto importante studiare una teoria in rapporto al suo tempo e in relazione al periodo storico precedente, dando enfasi anche alle teorie oggi ritenute superate, agli errori e ai fallimenti (questo fatto è molto istruttivo in sé e permette di illustrare sia le difficoltà, tecniche e concettuali, che si sono dovute superare, a volte con sforzi e travagli addirittura secolari, sia i mezzi, intellettuali e materiali, che si avevano a disposizione, dando rilievo alle novità introdotte dall'uso di nuovi strumenti di osservazione); sarebbe anche auspicabile integrare, dove possibile, la storia della scienza con la storia della tecnica, per le connessioni che esistono tra le due discipline. Deve poi essere chiaro che non si può fare una storia della scienza senza cercare i moltissimi nessi fra la scienza e le condizioni economiche e sociali in ogni tempo. In altre parole, occorre distinguere tra storia interna e storia esterna e lavorare su quella esterna, per quanto possibile, qualora si avesse come obiettivo lo studio multidisciplinare di un'epoca; occorre invece lavorare sulla storia interna, preoccupandosi di ricostruire razionalmente i processi indipendentemente dalle condizioni al contorno, qualora si abbia in mente la ricerca delle strutture, di un metodo (dopo che lo si è definito scientificamente), per un'ipotesi interdisciplinare. Si devono in una tale operazione evitare gli schematismi e, soprattutto, un procedimento che in quanto lineare è antistorico. In definitiva, si deve cogliere sia la dinamica del rapporto fra concezioni generali della scienza con i differenti metodi di ricerca adottati nell’ambito delle diverse teorie, sia il contesto generale, sia le controversie.
 Non si abbia paura di lavorare per ottenere un qualcosa del genere. Tutti trarremo vantaggio da una società con maggiore consapevolezza.

 *Fisico, ha lavorato in ricerca didattica presso il Dipartimento di Fisica dell’Università “La Sapienza”, ha insegnato nelle scuole secondarie di secondo grado, in licei sperimentali e nelle istituzioni culturali italiane in Spagna. Autore di testi e articoli di fisica, didattica e storia della fisica, dirige la rivista telematica Fisicamente.net






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