Scienze, poteri e democrazia, a cura di Marco Mamone Capria, Roma, Editori Riuniti, 2006, pp. 510, euro 28,00. (Contribuiti di H. Arp, J.B. Bastos Filho, I.D. Bross, M.C. Danhoni Neves, S. Dumonter, G. Figliuolo, R. Germano, F. Lad, S. Lang, M. Mamone Capria, M. Mbikusita Lewanika, G. Moran, D. Rasnick, S. Siminovich, H. Sklamberg, T.M. Tonietti, M.J. Walzer).
Le verità scientifiche sono assolute? Testimoniano un sapere certo e incontrovertibile? Nell'ambito della filosofia della scienza – a partire dal neopositivismo – il concetto di verità è da sempre oggetto di interessanti e accesi dibattiti. Popper proponeva di considerare la scienza come una palafitta le cui fondamenta giacciono non su un solido strato di roccia, ma semplicemente su un terreno abbastanza stabile da sorreggere la struttura. Parafrasando l'immagine popperiana, oggi si potrebbe osservare come talvolta gli scienziati, piuttosto che cercare terreni più solidi per le loro teorie attraverso rigorosi controlli, trovino invece il sostegno adeguato alle loro palafitte nei poteri economici e politici con risultati estremamente redditizi per alcuni, ma arrecando grave danno sia alla credibilità del sapere scientifico sia al cittadino-contribuente. Scienze, poteri e democrazia è il secondo volume dedicato ai rapporti tra scienza e democrazia, nato da una serie di convegni internazionali patrocinati dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli (il primo volume si intitola Scienza e democrazia, Napoli, Liguori, 2003, anch'esso a cura di Marco Mamone Capria). I contributi contenuti nel libro evidenziano in modo accurato come la verità scientifica, almeno quella 'ufficiale', sia "indiscutibilmente e inevitabilmente il prodotto della costruzione di un consenso sociale, cioè il risultato di un processo politico". Gli autori provengono da vari settori disciplinari – biologia, medicina, astronomia, matematica, filosofia e storia della scienza, musica – e riflettono, a partire dalle loro specifiche esperienze, sulle relazioni tra élite scientifiche e poteri, sulla disinformazione scientifica intorno ai fattori di rischio, sulle difficili battaglie dei movimenti di cittadini in difesa della salute e dell'ambiente contro l'arroganza dei cosiddetti esperti, sulle possibilità della scienza di autocorreggersi e di garantire al suo interno il diritto di critica. Articoli che documentano punti di vista non ufficiali su aspetti che coinvolgono l'intera popolazione mondiale e che quasi mai hanno la giusta risonanza nei mass media come, per esempio, le preoccupanti crisi sanitarie e ambientali che colpiscono il continente africano. Alta mortalità infantile, bassa vita media, presenza endemica di lebbra, malaria, tubercolosi, dissenteria e, infine, Aids, continuano a flagellare l'Africa. Per fortuna, ci viene da pensare ingenuamente, esistono gli interventi umanitari dei paesi sviluppati: aiuti nella lotta contro l'Aids, invio di derrate alimentari… Ma come spiegare, allora, l'opposizione del governo del Sudafrica all'introduzione dei farmaci anti-Hiv e il rifiuto, da parte del governo dello Zambia, di tonnellate di mais generosamente inviate dall'Onu? Il contributo di David Rasnick, Ma – e l'Africa?, spiega le ragioni dell'opposizione del governo sudafricano contro "l'espansione della multinazionale dell'Aids". Nel 2000 il presidente sudafricano Thabo Mbeki ha convocato una Consulta sull'Aids, composta da scienziati e medici di tutto il mondo, che ha messo in dubbio i più accreditati 'dogmi' sull'Aids – come quello della relazione tra infezione da Hiv e Aids – in quanto non sufficientemente provati da convincenti prove cliniche. La naturale conseguenza è stato il divieto di somministrare i farmaci anti-Hiv – altamente tossici – tra la popolazione sudafricana. Nel contributo Aiuti alimentari e organismi geneticamente modificati, di Mwananyanda Mbikusita Lewanika, scienziato di Lusaka, Zambia – gli studiosi africani sono piuttosto rari nel panorama dell'editoria occidentale – offre il suo documentato punto di vista sugli aiuti alimentari, sotto forma di mais, offerti al suo Paese – ma anche a Mozambico, Zimbabwe e Malawi - dalle Nazioni Unite nel 2002. Parte del mais, soprattutto quello di provenienza statunitense, era geneticamente modificato per cui il governo dello Zambia rifiutò quelle derrate alimentari invocando il principio di precauzione, sollevando preoccupazioni sia di ordine sanitario (il mais geneticamente modificato avrebbe potuto aumentare la resistenza agli antibiotici e, inoltre, le modalità di consumo di mais degli zambiani - come alimento base non trattato - avrebbero comportato impatti differenti rispetto a quelli registrabili tra la popolazione nordamericana), sia di carattere ambientale (il rischio di contaminazione genetica delle varietà tradizionali). I saggi contenuti in questo volume, oltre che presentare un'accurata esposizione scientifica dei fatti – anche se talvolta con un lessico di difficile comprensione per i non addetti ai lavori -, costituiscono un vibrante appello in favore di una scienza fondata sulla trasparenza delle procedure di ricerca e di verifica piuttosto che su oscure manipolazioni legate a interessi economici e politici. "Ciò che si può tentare di fare – scrive Marco Mamone Capria nell'introduzione – è rendere a costoro sempre più difficile il loro compromesso rispetto ai doveri professionali (di ricercatori, di medici, di giornalisti). Ecco dunque un senso importante in cui la scienza, senza un controllo democratico, può finire in strade senza uscita per decenni e con danni incalcolabili per la collettività, trasformandosi da ricerca della verità in campo di lotte senza fine per denaro, carriera e potere".
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