''CHI DISPREZZA CARDUCCI E' UN IGNORANTE''
Data: Domenica, 30 settembre 2007 ore 15:46:05 CEST
Argomento: Rassegna stampa


C’È ANCORA POSTO PER CARDUCCI?

“Chi disprezza Carducci è un ignorante”
Intervista a Maurizio Cucchi
 a cura di Roberto Carnero*

 

Uno dei più importanti poeti italiani di oggi, Maurizio Cucchi, ha accettato di parlarci di Carducci, in relazione sia alla propria attività di studioso (è sua, ad esempio, la curatela della raccolta del volume garzantiano Poesia italiana dell’Ottocento, Milano 1978) sia a quella di autore di versi (all’interno della sua vasta e apprezzata produzione ricordiamo il volume antologico, uscito negli “Oscar” Mondadori, Poesie 1965-2000, Milano 2001, e l’ultima raccolta di versi, Per un secondo o un secolo, Milano, Mondadori, 2003).

 Maurizio Cucchi non ha dubbi: Giosue Carducci è un grande poeta. “Vittima di un equivoco”, precisa, poiché “sono stati privilegiati aspetti che non sono quelli più interessanti, cioè le parti più enfatiche e retoriche della sua produzione”.

 Che cosa dobbiamo riscoprire?
 Il discorso su Carducci andrebbe rovesciato, partendo da quegli aspetti del suo lavoro che sono stati maggiormente trascurati dalla vulgata critica. Si tratta di riscoprire gli aspetti più autonomi rispetto ai condizionamenti che gli venivano dal suo tempo e che hanno rinchiuso molta della sua produzione in una forma che oggi lo rende distante dalla nostra sensibilità.

Dove risiede questa sua ‘autonomia’?
 Si tratta di una dose di autonomia rispetto alla stessa letteratura del suo tempo. È la straordinaria capacità di anticipare esperienze come quelle di Giovanni Pascoli, di certo Crepuscolarismo e anche del lavoro di un autore come Eugenio Montale. Si pensi, ad esempio, a una poesia come Alla stazione in una mattina d’autunno, con il suo ricco simbolismo. O a Pianto antico, un testo che andrebbe riletto oltre i cliché, per la sua capacità di emozionare. Se siamo capaci di sfrondare Carducci degli elementi più retorici e ridondanti, intravediamo questo profilo per molti versi già moderno. In questo senso Carducci è un innovatore, un poeta molto avanzato. È pienamente inserito nel suo tempo, ma introduce il nuovo.

Dunque un Carducci già tutto proiettato nel Novecento?
 Sì, a patto però di non misconoscere il punto di partenza, cioè la collocazione nel secondo Ottocento, altrimenti sarebbe una lettura anacronistica. Carducci è un poeta dell’Ottocento. Oggi qualcuno potrebbe sorridere di fronte a certi impianti complessivi che fanno parte di quel tempo, come della sua intonazione a volte per noi un po’ sopra le righe. Ma se ritenessimo per questo di essere superiori a lui, saremmo degli sciocchi che non hanno capito nulla. Chi tratta Carducci con un atteggiamento di supponenza, magari esprimendo giudizi ironici, dimostra di essere un ignorante. Dovremmo invece rispettare Carducci anche solo per il fatto che ha realizzato un’opera importante, che è stata capace di segnare di sé il suo tempo e anche quello successivo.

Che cosa piace di Carducci al poeta Cucchi?
 Le sue poesie migliori possiedono una forza comunicativa netta, una notevole icasticità di immagini, l’apprezzabile capacità di leggere certe situazioni della realtà quotidiana nelle loro sfumature inedite. Invece è come se il valore storico-documentario dell’opera carducciana avesse finito con l’obnubilare il valore della sua poesia. Poi va detto che egli è un vero maestro di tecnica poetica, un’abilità a cui si accompagna sensibilità stilistica e artistica.

 Quale consiglio darebbe per avvicinarsi a Carducci con la mente sgombra da pregiudizi?
 Direi a tutti, ma specialmente agli insegnanti che sono chiamati a trasmettere il sapere alle giovani generazioni, che è importante leggere le opere di Carducci integralmente, anziché affidarsi alle solite scelte antologiche che riducono e filtrano in partenza la complessità di un intero lavoro. Solo così si può scoprire la complessità di toni, di temi e di sfumature che arricchisce il corpus poetico carducciano. Poi mi sentirei di dire una cosa che in realtà vale non solo per Carducci, ma per qualsiasi autore, soprattutto per i ‘mostri sacri’ consacrati dal canone, cioè per i cosiddetti ‘classici’: con i libri bisogna stabilire un rapporto personale e non vale mai la pena di fidarsi dei luoghi comuni critici consolidati. Perché la vulgata critica spesso ingigantisce particolari secondari, mentre trascura dati magari più importanti.

 *Insegna Letteratura italiana contemporanea presso l’Università degli Studi di Milano.







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