Lettere al quotidiano ''La Sicilia''
Data: Giovedì, 27 settembre 2007 ore 09:20:18 CEST
Argomento: Rassegna stampa


«Non sbagliavano i greci, che li gettavano dalla rupe»

Partecipo da anni, ad inizio anno scolastico, a collegi di docenti in cui bisogna decidere, a maggioranza, l’ammissione per la terza volta consecutiva di allievi bocciati nella stessa classe.

Non entro nel merito ne’ delle valutazioni ne’ delle considerazioni relative a situazioni del genere che già danno uno spaccato della scuola italiana pronta a "gettare la spugna" appena nascono i problemi.

Mi chiedo solo come, una scuola dove si strombazza da decenni orientamento, promozione sociale ed umana, prevenzione del disagio adolescenziale, sostegno psicologico ai giovani, formazione professionale e culturale con tanto di piani strutturati, elaborati, masticati da organi, commissioni, docenti, esperti, ecc., possa escludere dal processo formativo ed educativo proprio quelli che maggiormente ne hanno bisogno.

Così è, se vi pare, diceva qualcuno, e non possiamo proprio farci nulla. Attenzione, ciò avviene nonostante i corsi di recupero, il sostegno, gli interventi a pioggia - di denari - di piani di offerta formativa che dovrebbero stimolare nei ragazzi il desiderio e la voglia di sapere e sapere fare (qualcosa nella vita, aggiungerei). Nulla!, se a ciò aggiungiamo anche che le direttive e gli sforzi ministeriali da anni sono soprattutto rivolti alla dispersione scolastica c’è proprio da riflettere sui risultati fin adesso ottenuti.

Senza mezzi termini, in maniera assolutamente sbrigativa, il corpo docente, con rare eccezioni, ha liquidato le richieste di giovani e famiglie che chiedevano di poter ancora tentare la carta della formazione, del sapere, del recupero sociale ed umano, attraverso la scuola, con un burocratico "non ammesso".

Sappiamo tutti quello che la società offrirà a questi ragazzi la cui età oscilla tra i 16 ed i 19 anni: sale giochi dove nella migliore delle ipotesi saranno preda di spacciatori, bighellonare come "zombi" nelle piazze alla ricerca del nulla, trascorrere il tempo nell’ozio più completo senza alcuna prospettiva se non quella di delinquere prima o poi. Non mi si venga a dire che la soluzione potrà essere offerta scegliendo altri istituti professionali o tecnici o frequentando i corsi degli Enti di formazione (si fa per dire) perché vuol dire che non si conosce per nulla la dura realtà del disagio giovanile.

Data la situazione precaria nel mondo del lavoro oggi e la difficoltà ad inserirsi con una qualifica professionale, immaginiamoci cosa si potrà sperare se non si ha neanche uno straccetto di diploma. La mia recente esperienza di presidente di commissione negli esami di stato mi rafforza ancora di più nella convinzione che siamo, forse, di fronte un fallimento quasi totale: non pochi allievi, alla mia domanda su come avevano vissuto cinque anni di liceo mi hanno candidamente risposto che per loro era stata una esperienza "lugubre", nonostante i buoni risultati sul piano del profitto squisitamente scolastico (ma la scuola non dovrebbe essere gioiosa, giocosa, stimolante, gratificante, piacevole oltre che impegnativa?).

A questo punto mi viene in mente quello che facevano i Greci quando si accorgevano che un bimbo era con malformazioni o difetti e non si sarebbe potuto integrare nella polis, lo annegavano subito o lo gettavano dalle rupi, forse non sbagliavano.

FELICE BELFIORE

(da www.lasicilia.it)

 

 

«Le istituzioni rispettano anche gli studenti irrispettosi»

Ringrazio di cuore la stampa e le Tv locali e nazionali per il sostegno dato all’iniziativa del sottoscritto, nella qualità di dirigente scolastico dell’"Amari" di Giarre, di ridimensionare con immediatezza e ironia lo scherzo di pessimo gusto di uno sparutissimo numero di studenti. Non saranno certo le scritte nel cortile o gli avvisi di prematura scomparsa sui muri adiacenti alla Scuola a fermare l’azione educativa e didattica di chi da trentadue anni esercita la funzione di «insegnante di vita», con spirito di comprensione non disgiunto da serena fermezza. Da questa goliardata (?) degli alunni più vivaci, e forse meno disponibili allo studio, è emerso con chiarezza che alcuni studenti tenterebbero di "spegnere" i loro presidi, specie se si occupano capillarmente della loro crescita umana e culturale, impedendo loro di farsi del male. Questa è una generazione che non vuole «padri» né reali, né virtuali; che ama la trasgressività, che non vuole regole o regolamenti. Ma una comunità di più di mille persone ha l’esigenza di autoregolarsi e, qualora non sia in grado di farlo, di essere aiutata a rispettare le norme. Un ringraziamento particolare al giornalista Ernesto Romano per il trafiletto "Società" del 18 Settembre nel quale ha puntualizzato la «lezione di vita ». Mi auguro che anche quei pochi allievi che hanno perso il rispetto per l’Istituzione si rendano conto che per il loro preside sono sempre e anzitutto "persone".

ISIDORO NUCIFORA

(da www.lasicilia.it)







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