Formazione. La sfida dei percorsi triennali
Data: Giovedì, 27 settembre 2007 ore 09:04:29 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Combattere la dispersione scolastica, favorire la crescita di una nuova "classe operaia" e di nuove figure professionali, con una preparazione adeguata alle sfide di un mercato, specie nel settore manifatturiero, sempre più esigente e concorrenziale.

Sono queste le sfide cui deve rispondere il mondo variegato della formazione professionale.

Da rilanciare, sostenere, "calibrare" rispetto alle esigenze del territorio per evitare sprechi e doppioni. In questo contesto da quest’anno, per la prima volta, sono stati avviati i percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale.

L’innovazione è scaturita a seguito di un accordo quadro tra Stato e Regione che appunto prevede l’iscrizione degli alunni per l’anno scolastico 2007-2008. Le procedure riguardano il controllo dei ragazzi interessati all’obbligo scolastico onde evitare il triste fenomeno della dispersione, che in molte zone della Sicilia raggiunge percentuali molto elevate, in particolare nei quartieri a rischio. I dirigenti scolastici hanno adesso il compito di verificare l’assolvimento dell’obbligo di istruzione anche per le iscrizioni nei percorsi sperimentali di istruzione e di formazione professionale degli alunni che sono ancora in età scolare.

Come si potrà notare si tratta di percorsi che hanno l’obiettivo di impartire agli studenti l’istruzione e nel contempo avviarli nel mondo del lavoro. La normativa, senza dubbio di particolare importanza perché assolve a compiti strategici per la società di domani, indica di seguire con molta attenzione l’assolvimento dell’obbligo scolastico gli studenti a rischio, rilevando i casi di inadempienza, cioè le ragioni di inosservanza della normativa. Si tratta quindi di percorsi sperimentale di durata triennale, che hanno il compito, come si è detto, di contribuire a un più elevato indice di osservanza dell’obbligo scolastico, di dare così attuazione al diritto- dovere previsto dall’articolo 2, comma 1 della legge del 28 marzo 2003,n.53: dare la possibilità agli alunni, tenendo conto delle loro attitudini, di maggiori e qualificate opportunità di innalzare i loro livelli culturali e sviluppare capacità e competenze al fine di potere realizzare i propri progetti di inserimento nel mondo del lavoro; favorire i passaggi tra i sistemi di istruzione e formazione attraverso l’acquisizione di crediti scolastici e formativi riconosciuti in entrambi i sistemi; fare ottenere agli studenti al termine del triennio una qualifica professionale riconosciuta a livello nazionale, spendibile nel mondo del lavoro e idonea per la prosecuzione del conseguimento del diploma professionale o per il rientro nel sistema dell’istruzione; concorrere al successo formativo; effettuare un’efficace azione di prevenzione e contrasto, come si è detto, della dispersione scolastica e formativa, in particolare degli abbandoni, che come si sa portano alla delinquenza minorile e ad altre forme di devianze.

Pertanto, potranno frequentare detti percorsi tutti gli studenti che hanno superato l’esame di Stato e quindi potranno assolvere l’obbligo scolastico frequentando i percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale.

Dopo il triennio, saranno le scuole secondarie di secondo grado a certificare l’avvenuto adempimento dell’obbligo scolastico, mentre il rilascio della qualifica professionale sarà curata dal dipartimento regionale della formazione professionale.

Come si potrà notare, si tratta di percorsi che danno la possibilità di indirizzare i giovani allo svolgimento di un’attività lavorativa tenendo conto delle loro inclinazioni professionali, in particolare per gli studenti che non hanno attitudini al proseguimento degli studi dopo avere completato gli anni utili per assolvere l’obbligo scolastico. Insomma, la formazione professionale ha l’obiettivo di evitare che i giovani conseguano un diploma "inutile", che porta alla disoccupazione o all’iscrizione in una facoltà universitaria "parcheggio".

La scuola, secondo l’orientamento anche dell’assessore regionale alla Pubblica Istruzione, Lino Leanza, ha l’obbligo di prevenire ogni forma di bighellonaggio, preparando i giovani a saper fare, a saper progettare, mete che si potranno raggiungere attraverso un colloquio continuo e proficuo tra le istituzioni scolastiche e titolari di industrie, aziende, insomma con il territorio.

Oltre tutto, come abbiamo rilevato, i percorsi danno la possibilità di apprendere un mestiere, utile e produttivo dal punto di vista economico e quindi acquisire la competenza professionale.

In altri termini, sono ribadite ed ampliate le forme di intervento della Regione a favore dell’istruzione professionale post obbligo, cui si riconosce il ruolo di volano per la crescita economica, ma anche di valori, nella Regione. «I corsi prevedono stage in aziende - dettaglia lo stesso Leanza- applicazioni pratiche e laboratori, introducono attività di formazione professionale che contemplano, oltre al nucleo dei saperi di base, un insieme di saperi professionali, propedeutici al rilascio di un attestato di qualifica per l’ingresso nel mondo del lavoro».

La Sicilia inoltre mira a garantire un’occupazione a un’altissima percentuale di laureati e diplomati che incontrano difficoltà nel raggiungimento di un posto di lavoro con i tanti problemi di natura psicologica che ne derivano. Una iniziativa che per quanto concerne la nostra Regione è stata portata avanti oltre che dall’assessore Leanza, anche dall’assessore per le Politiche del lavoro, la previdenza sociale e formazione, on. Formica, e dal direttore dell’Ufficio scolastico professionale per la Sicilia, dott. Guido Di Stefano.

Su queste basi si aprono prospettive che possono portare a sensibili e positivi cambiamenti nel mondo della formazione, necessaria a garantire il possesso di competenze indispensabili alla qualificazione dei sistemi produttivi.

Mario Castro (da www.lasicilia.it)







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