ROMA. Giorgio Napolitano inaugura al
Quirinale, alla presenza del ministro dell’Istruzione,
Fioroni, e di una platea di
studenti e insegnanti provenienti da tutta
Italia, il nuovo anno scolastico. Fa tanti
auguri, riconosce che gli insegnanti
danno il meglio di sé pur con «scarsi
compensi». Poi fa una diagnosi impietosa
del nostro sistema scolastico: «L’Italia
è rimasta indietro, per quantità e qualità
dell’istruzione, rispetto ai Paesi più avanzati
in Europa e nel mondo». È urgente,
aggiunge, ed è «essenziale» lavorare «intensamente» per elevare in tempi brevi i
nostri standard. «Possiamo farcela», dice,
ma il compito che assegna è veramente
molto impegnativo.
I dati vengono dal «Quaderno bianco»
sulla scuola, presentato dai ministri dell’Economia
e della Pubblica istruzione,
che il presidente cita ampiamente e definisce
«uno studio di grande ampiezza e
completezza». Lo studio, tiene a sottolineare
il capo dello Stato, spiega che la
percentuale dei giovani che abbandonano
gli studi senza concluderli, senza
conseguire un diploma, è più alta rispetto
all’estero. Ed è più alta anche
la percentuale degli studenti italiani
che non raggiungono il livello
di conoscenza che è considerato
necessario per svolgere
i compiti «necessari per
vivere nella società». I settori
più carenti sono la matematica
e la padronanza del linguaggio,
ricorda Napolitano sfogliando
il «Quaderno bianco».
Fin qui alcuni dati su scala nazionale.
Se si va poi a vedere le differenze tra
il Nord – «dove la macchina dell’istruzione
è molto più efficiente» – e il Centro-
Sud, dice Napolitano, vengono fuori problemi
ancor più gravi. Emerge un
«profondo divario», risultano differenze
tra scuole e tra studenti e risultano disparità
notevoli a danno degli studenti
appartenenti alle famiglie più povere,
con conseguenze di carattere sociale di
tutta evidenza: queste carenze si rifletteranno
sulle opportunità che, lasciata la
scuola, quel giovane potrà godere nella
vita ed anche l’accesso ai propri diritti.
«Bisogna trovare le risorse, e bisogna
intervenire», ha detto Napolitano, chiedendo
una visione chiara del progetto di
potenziamento dell’istruzione pubblica,
che non può essere frutto di continue
revisioni ad ogni cambiare di governo.
«Deve essere il frutto di scelte di lungo
periodo, tenacia e continuità», dice al
ministro Fioroni, apprezzando la scelta
di non disfare la tela tessuta dal governo
Berlusconi.
Napolitano ha riproposto la scuola anche
come strumento di integrazione, in
particolare per gli studenti stranieri, come
il luogo dell’uguaglianza e del rispetto
reciproco. Perciò, è giusto condannare
i «troppi fenomeni di bullismo e
di stupida volgarità, di violenza e prevaricazione
nei confronti dei più deboli»,
come si è fatto nello scorso anno scolastico.
Adesso bisogna voltare pagina. Nel
saluto finale, Napolitano ha fatto agli
studenti e agli insegnanti tutte le raccomandazioni
di impegno, di decoro, di
serietà, di obbedienza alle leggi, di senso
del limite che può fare un bravo educatore
ai suoi studenti. Nel formularle,
ha chiesto, in modo retorico: «Ma non
può forse aiutare tutti, in questo sforzo
da compiere nella nostra scuola, l’esempio
che dovrebbe venire dai vertici della
politica e delle istituzioni? Ebbene – ha
concluso – è a ciò che tende, care ragazze
e cari ragazzi, cari insegnanti e operatori
della scuola, qualche appello scomodo
del presidente della Repubblica». Appello
salutato da un grande applauso.
ALBERTO SPAMPINATO (da www.lasicilia.it)