«FINESTRE» ANCHE PER LE PENSIONI DI VECCHIAIA
Data: Martedì, 18 settembre 2007 ore 11:43:20 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Siamo già a metà settembre. Rimane perciò poco tempo fino al 30 settembre, data prevista per l’ultimazione dei lavori da parte della Commissione costituita con l’accordo governo-Sindacati in materia di lavori usuranti, ma anche per esaminare la possibilità di inserire tra le norme che regolano il diritto alla pensione di vecchiaia, per uomini e donne, finestre d’uscita come quelle che già esistono per la pensione di anzianità.

Le finestre dell’anzianità. In atto, e fino al 2007, le finestre per accedere alla pensione di anzianità sono quattro: gennaio se i requisiti (35 anni di contributi e 57 di età oppure 39 anni di contributi) sono stati maturati entro il terzo trimestre dell’anno precedente; 1 aprile se i requisiti sono stati raggiunti entro il quarto trimestre dell’anno precedente e 1 luglio e 1 ottobre se, invece, siano stati maturati rispettivamente entro il primo o il secondo trimestre dello stesso anno. Questo per i lavoratori dipendenti, pubblici e privati. Per gli autonomi, invece, le finestre si aprono con un ritardo di altri tre mesi. Per cui, a parità di decorrenza (gennaio - aprile - luglio - ottobre) i requisiti (58 anni con 35 anni di contributi oppure soltanto 40 anni di contributi) debbono essere stati raggiunti rispettivamente entro il secondo, terzo, quarto trimestre dell’anno precedente e primo trimestre dello stesso anno.

La riforma Maroni. Con la legge delega 243/2004, dall’1 gennaio 2008 le finestre saranno ridotte da quattro a due. E precisamente: per i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, resteranno quelle dell’1 gennaio dell’anno successivo, se i requisiti saranno raggiunti entro il secondo trimestre dell’anno e dell’1 luglio dell’anno successivo se, invece, i requisiti risulterà che siano stati maturati entro il quarto trimestre dell’anno. Per gli autonomi, invece: 1 luglio dell’anno successivo, se i requisiti saranno raggiunti entro il secondo trimestre dell’anno e 1 gennaio del secondo anno successivo alla data di conseguimento dei requisiti, se questo è avvenuto entro il quarto trimestre dell’anno.

L’accordo governo-sindacati. Mentre in un primo momento si sperava di modificare la 243 nel senso di riportare, sic et simpliciter, da due a quattro le finestre d’uscita delle pensioni di anzianità, e quindi di lasciare le cose come stanno adesso, il protocollo d’intesa tra Governo e Sindacati ha un po’ ridimensionato queste aspettative. Con la Tab. E allegata al testo dell’accordo, è stato infatti previsto che "il passaggio a quattro delle finestre pensionistiche sarà affrontato per quei lavoratori che hanno totalizzato 40 anni di contributi, al fine di ridurre gli attuali tempi di attesa per il pensionamento". Ma questa non molto entusiasmante apertura, pur sempre infatti riduttiva rispetto all’attuale normativa che di finestre ne concede quattro, prevede una pesante contropartita e cioè la possibilità che la Commissione introduca le finestre d’uscita anche per le pensioni di vecchiaia, di uomini e donne, al fine di poter realizzare il risparmio di quei quattro miliardi di euro di spesa che comporterebbe il mantenimento delle quattro finestre, oltre che per chi abbia raggiunto 40 anni di contributi, anche per i circa cinquemila lavoratori in mobilità, nonché quelli autorizzati a versare i contributi volontari entro il 20 luglio 2007.

La "vecchiaia" delle donne. La paura che nell’accordo sulle pensioni venisse introdotto anche l’innalzamento dell’età per la pensione di vecchiaia delle donne (oggi di 60 contro i 65 degli uomini) per il momento sembra svanita. Rimane, però, insistente la proposta di Lamberto Dini, padre della riforma del 1995, che vorrebbe l’innalzamento graduale, da 60 a 65 anni, dell’età pensionabile delle donne. Non va dimenticato, afferma infatti Dini, che in Germania hanno approvato provvedimenti per alzare, nei prossimi anni, l’età pensionabile per tutti a 67 anni e che le donne hanno una aspettativa di vita di cinque anni di più degli uomini, in media 84 contro 79. Le donne ragionevoli, afferma Dini, non possono che accettare che la loro età pensionabile venga gradualmente aumentata.

GIOVANNI PAVONE (da www.lasicilia.it)







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