NUOVA ISTRUZIONE E RIGURGITO DEL PASSATO
Data: Domenica, 09 settembre 2007 ore 17:59:30 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Qualcuno potrebbe pure dire: «a passo di gambero», come il libro di Umberto Eco, se non ci fosse di mezzo la scuola e il futuro dei nostri ragazzi. Tuttavia è un fatto: c’è un rigurgito forte di passato, da cui la considerazione che l’architettura scolastica della metà del Novecento era così salda da fare saltare gli orpelli dei presunti architravi modernisti. Non ci dilunghiamo a enumerare le esumazioni fatte (ammissioni, esami di stato e di riparazione, tabelline, voto di condotta, tempo pieno, recuperi, ecc. ecc.) ma l’unica vera novità è l’obbligo fino a 16 anni e lo snellimento delle procedure per licenziare i professori assenteisti, a parte qualche utile difficoltà messa tra i piedi dei candidati esterni che volessero fare esami di Stato. In fatto di obbligo, come si ricorderà, la Moratti lo aveva esteso ma come semplice diritto-dovere all’istruzione, mentre Fioroni stabilisce che «l’istruzione impartita per almeno 10 anni è obbligatoria e finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il 18° anno di età».

In altre parole si fa obbligo di prolungare, dopo la terza media, di altri due anni la permanenza a scuola o in uno di quegli istituti di formazione professionale a carico della Regione. Ma fatta così la legge si è trovato subito l’inganno persino al programma che l’Unione aveva presentato in campagna elettorale, perché l’innalzamento dell’obbligo ha fatto sempre intuire un biennio comune con aree di indirizzo diversificate in modo da dare ai ragazzi più tempo per conoscersi e soprattutto per scegliere se continuare negli studi o se prendere la via del lavoro insieme alla possibilità di uscire comunque dalla scuola con un bagaglio più consistente di conoscenze.

L’atteso era dunque di obbligare a frequentare un biennio scolastico all’interno del quale spiccava pure l’ulteriore obiettivo di incentivare la lotta alla dispersione e all’abbandono che hanno raggiunto livelli assai preoccupanti nonostante gli impegni presi a Lisbona e nonostante i troppi progetti Pon e Por finanziati a tale scopo.

Questa scelta del Mpi fa pensare che le disastrate casse dello Stato non possano assolvere al loro preciso obbligo né a quello del programma di governo e quindi, per un verso si entra nel dibattito col fiorone dell’obbligo all’occhiello, dall’altro si esce con un obbligo all’istruzione e non di scuola. Tuttavia il Ministro in fatto di finanziamenti la sa lunga e infatti si gloria di aver messo sul tappeto ben 64 milioni di euro per il miglioramento dell’offerta formativa: ma saranno sufficienti, si chiede Tuttoscuola? Se la cifra si frazione dalla sua roboante totalità per ogni scuola e quindi per tutte le classi del territorio nazionale la somma appare il solito contentino per far bella figura anche se è sempre meglio di niente.

«Se dividiamo i 30 milioni per le attività di recupero per le circa 93.400 classi, troviamo che ciascuna potrà disporre di circa 320 euro, con i quali si dovranno compensare gli insegnanti di diverse discipline. I 9 milioni per l’apertura pomeridiana delle scuole invece basteranno a mala pena a compensare gli straordinari del personale Ata. Per i "percorsi di approfondimento dello studio di Dante", per i quali vengono stanziati 2 milioni, la quota che spetterebbe a ciascuna scuola sarebbe di meno di 200 euro. Ci si potrà fare, al massimo, una conferenza, o 3-4 lezioni collettive». Se dunque qualche preside aveva pensato di fare teatrini sul sommo poeta è meglio che dirotti sul solito docente sempre presente per far niente.

PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)







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