PEDAGOGIA: LA TEORIA DELLA ZANNA D'AVORIO
Data: Mercoledì, 15 agosto 2007 ore 10:47:20 CEST
Argomento: Opinioni


PEDAGOGIA: LA TEORIA DELLA ZANNA D’AVORIO


Quante volte ce lo hanno ripetuto? Ma quante volte? Tutti coloro che maluguratamente hanno avuto a che fare con l’attività dell’insegnamento, sotto la spinta delle teorie della psicologia dell’età evolutiva,  se lo sono sentiti dire almeno una volta: il bambino non possiede ancora, cari miei, la capacità di astrazione, quindi, se volete spiegargli qualcosa, bisogna farlo partendo dal concreto. Concreto significa ciò che può cadere sotto l’osservazione dei nostri cinque sensi. Chiaro? Chiarissimo.
E così le maestre elementari, memori di questa evidente osservazione, ce la mettono tutta. Davanti a venticinque, trenta bambini vocianti, iniziano la loro paziente spiegazione, sempre facendo riferimento all’assunto di base. I bambini capiranno meglio se toccheranno con mano ciò che volete trasmettere loro.
Un giorno l’argomento è l’avorio. Pazientemente cominciate. È detto avorio un materiale che si ricava dalle zanne degli elefanti e che viene lavorato per farne oggetti di vario uso quali gioielli, suppellettili ed oggettistica per la casa. Conosciuto e adoperato sin dall'antichità dagli egizi, dai greci, dagli indiani, dai cinesi e dai giapponesi, ha avuto una considerevole diffusione nei tre continenti del mondo antico. Il suo uso tuttavia ha comportato una continua e sempre più ingente soppressione degli elefanti, dei quali oggi rimane un numero limitato tanto che ne è stato vietato l'abbattimento se non in rarissimi casi.
Sguardi stralunati seguono la vostra bella disquisizione, ma non vi preoccupate affatto, questa è la parte teorica, adesso viene il bello, la vostra carta vincente. Aprite la vostra bella cartella, infilate la mano e tirate fuori un cimelio di famiglia, regalo di chissà chi: una zanna d’avorio! Ohhhhhhhhh! Meraviglia delle meraviglie! I bambini la osservano estasiati, ne ammirano la forma perfetta, la toccano uno per uno.
Fatto. Riuscito. Il gioco dell’osservazione diretta ha funzionato. Adesso i piccoli alunni sanno che cos’è l’avorio, ma lo sanno davvero, perchè ne hanno fatto esperienza sensibile.
Qualche giorno dopo, spassionatamente, provate a farla la domanda, sicuri di voi, spigliati, certi che un coro di voci si alzerà a rispondervi. Bambini, ditemi un po’, che cos’è l’avorio? Silenzio. Bambini, mi ascoltate? Suvvia, ditemi che cos’è l’avorio? Da dove si ricava? Silenzio. Vi ricordate quella bella zanna che vi ho fatto vedere, che ho tirato fuori a sorpresa dalla mia borsa? Silenzio. Nessuno ricorda più niente, nè avorio, nè zanna, nè elefanti. Immagini più allettanti provenienti da computer e telefonino hanno obnubilato l’immagine della vostra “risolutiva” zanna.
Silenzio di ghiaccio. Che una sola vocina interiore squarcia: non sarebbe mica il caso un pochino un pochino, magari, quando se ne avrà il tempo, in un futuro prossimo…di rivedere le vecchie teorie pedagogiche e scriverne un nuovo capitolo?

SILVANA LA PORTA







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